AFGHANISTAN. 10 anni di guerra, la NATO resterà anche dopo il 2014

Adnkronos/Aki, 6 ott 11 –

di Alessia Virdis  –

A dieci anni dall’inizio della guerra in Afghanistan, la Nato assicura che – concluso il processo di transizione nel 2014 – non ”abbandonera”’ gli afghani. La ‘garanzia’ e’ arrivata dal vertice a Bruxelles dei ministri della Difesa dei Paesi dell’Alleanza, nel mezzo delle tensioni tra Islamabad, Kabul e Washington, dello stallo del processo di pace e dopo la missione del presidente afghano Hamid Karzai a Nuova Delhi, che ha almeno infastidito il Pakistan. Dieci anni dopo l’11 settembre e l’ordine di attacco partito il 7 ottobre contro l’Afghanistan (2.930 civili uccisi in operazioni Usa e Nato e altri 7.686 in attacchi degli insorti, secondo dati Onu e di Human Rights Watch), la ”transizione” iniziata a luglio procede e la Nato non permettera’ a nessuno di ”ostacolare” questo processo, ha assicurato il segretario generale dell’Alleanza, Anders Fogh Rasmussen. Per quest’ultimo, transizione non e’ sinonimo di abbandono, ma anzi la Nato proseguira’ con il suo impegno e non si ”lascera’ dietro un vuoto di sicurezza”. L’addestramento delle forze afghane potrebbe essere il punto focale dell’impegno dell’Alleanza per il dopo-2014, ma bisognera’ attendere il summit di Chicago del prossimo maggio per conoscere i dettagli della strategia e il numero dei soldati che resteranno in Afghanistan anche dopo quella data. ”Tutto dipendera’ – ha detto Rasmussen – dalla situazione della sicurezza alla fine del 2014”. Presto, ha assicurato da Bruxelles il titolare afghano della Difesa, Abdul Rahim Wardak, le forze afghane saranno in grado di gestire la sicurezza in molte delle zone del Paese ritenute ‘pericolose’.
”L’attuale situazione non e’ cosi’ terribile come descritto dai media – ha sostenuto il ministro, nonostante il recente rapporto delle Nazioni Unite secondo cui il livello di violenza registrato quest’anno e’ significativamente superiore a quello del 2010 – Quello che sta accadendo e’ che il nemico non riesce a confrontarsi con le nostre forze e percio’ si concentra su bombe collocate lungo il ciglio delle strade e attacchi sensazionali, come l’omicidio di esponenti del governo”. Intanto la prossima fase del processo di transizione prevede che, entro fine mese, siano le forze afghane a garantire la sicurezza di oltre la meta’ della popolazione del Paese martoriato da anni di guerre. I tempi sono stati ”rispettati”, ha assicurato a Bruxelles il ministro della Difesa Ignazio La Russa, ed ”entro il 2014 riconsegneremo tutto l’Afghanistan al legittimo governo afghano”. In quest’ottica, ”dal 2012, ma non dai primi mesi, e’ prevista una diminuzione progressiva” del contingente italiano, attualmente al ”massimo dello sforzo”, con 4.200 soldati sul campo, compresi gli addestratori. ”E’ chiaro che nessuno (tra i 49 Paesi della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza per un totale di 140mila uomini, ndr) sta facendo le corse per il disimpegno”, ha affermato il segretario alla Difesa americano, Leon Panetta, al suo esordio in Europa da quando ha assunto l’incarico. Quest’anno gli Stati Uniti dovrebbero ritirare diecimila soldati e oltre 20mila nel 2012, dopo il ‘surge’ di Barack Obama, che aveva comportato il dispiegamento di ulteriori 30mila militari.
Nel frattempo, secondo Wardak, il processo di reintegro dei Talebani procede, soprattutto perche’ la maggior parte dei combattenti non si sarebbe unita agli insorti per motivi ideologici. Eppure l’insorgenza conterebbe ancora su almeno 20mila miliziani. E sul piano politico, il processo di riconciliazione – che ha subito un duro colpo con l’omicidio dell’ex capo di Stato e numero uno dell’Alto consiglio di pace, Burhanuddin Rabbani (Kabul sostiene che il piano per l’attentato sia stato messo a punto in Pakistan) – sembra in fase di stallo. ”Sinceramente, non abbiamo constatato molti progressi”, ha detto Rasmussen, riferendosi ai negoziati di pace tra Kabul e i Talebani. Proprio ieri, dalla vicina India (storica rivale del Pakistan), Karzai ha chiuso le porte al dialogo con i seguaci del mullah Omar e le ha aperte a Islamabad, nonostante i sospetti sui famigerati servizi segreti (Isi), accusati di connivenza con gli insorti, prima tra tutti la rete degli Haqqani, ritenuta la piu’ pericolosa dell’insorgenza afghana. Per il presidente statunitense Barack Obama, ”non vi sono dubbi” sul fatto che l’Isi abbia “alcuni legami” con la rete Haqqani. Ed e’ delle ultime ore la notizia della scoperta di un complotto per uccidere lo stesso Karzai. Sei persone sono state arrestate, hanno fatto sapere da Kabul, e tutte sarebbero passate dal Waziristan del Nord, la regione tribale del Pakistan a ridosso del confine con l’Afghanistan dove si troverebbero covi di militanti di al-Qaeda e dei Talebani. L’Afghanistan, ha detto ieri Karzai, ha deciso di bloccare le trattative con i Talebani perche’ ”non conosce piu’ il loro indirizzo”, ma allo stesso tempo ritiene che coinvolgere il Pakistan sia indispensabile per la pacificazione. La Nato, ha affermato oggi Rasmussen, ”non e’ coinvolta” nel processo di riconciliazione e se Karzai ritiene di avviare colloqui direttamente con Islamabad, la responsabilita’ e’ sua, perche’ sta agli afghani guidare questo processo. Appena pochi giorni fa era stato lo stesso Karzai ad accusare il ”governo del Pakistan di non sostenere gli sforzi per portare pace e sicurezza in Afghanistan”, denunciando che gli insorti sono controllati da Islamabad.
Intanto continuano le tensioni tra Pakistan e Afghanistan. Dal capo di Stato Maggiore dell’Esercito pakistano, generale Ashfaq Pervaiz Kayani, e’ arrivato a Kabul l’ennesimo avvertimento a bloccare le ”attivita’ oltreconfine”. Simili azioni, ha detto Kayani stando alla tv Express 24/7, non verranno piu’ tollerate e Islamabad ”ha le capacita’ per rispondere a ogni situazione”. Tutto dopo mesi di scambi di accuse su rispettivi attacchi oltreconfine e la protesta formale presentata a settembre dal Pakistan al governo afghano in seguito alle azioni ostili che dalle province afghane di Kunar e Nuristan prenderebbero di mira postazioni delle forze di sicurezza pakistane lungo il poroso confine che divide i due Paesi. Nelle ultime ore, tra l’altro, Islamabad non ha accolto certo con entusiasmo l’accordo che Kabul ha concluso con Nuova Delhi per l’addestramento delle forze di sicurezza. Karzai ha assicurato che l’intesa raggiunta ”con l’amica (India, ndr) non incidera’ negativa sul nostro fratello”, il Pakistan, ma l’accordo rischia comunque di acuire le storiche rivalita’ tra Islamabad e Nuova Delhi, che punta – cosi’ come l’altro gigante asiatico, la Cina – ad avere un ruolo di primo piano in Afghanistan dopo il 2014. La collocazione geografica del Paese, tra Asia centrale e meridionale, e’ infatti di importanza strategica nel Grande Gioco in atto nella regione e sia Pechino che Nuova Delhi (uno dei principali donatori per l’Afghanistan: dal 2001 ha stanziato oltre due miliardi di dollari per la ricostruzione) sono interessate alle rotte di commercio che potrebbero aprirsi con la pacificazione dell’Afghanistan. La ‘Nuova via della seta’ prospettata nei giorni scorsi dal capo della diplomazia afghana, Zalmay Rassoul.