di Mohamed Ben Abdallah –
Se per gli Stati Uniti la guerra ai talebani non è stato un nuovo Vietnam, è solo per l’accordo che ieri è stato sottoscritto a Doha, che permette agli americani di disimpegnarsi dal pantano in cui sono venuti a trovarsi. La versione in politichese dell’accordo non cela tuttavia l’evidente fallimento della “guerra al terrore” voluta da George W. Bush dopo l’attacco alle Torri Gemelle, giustificata sui media persino con quel burqa a cui le donne sarebbero state obbligate: oltre 300mila vittime civili, migliaia di morti nelle fila della coalizione e in quelle dei talebani, oltre a un fiume di denaro con il quale si sarebbe potuto fare ben altro, hanno l’”America first” di Donald Trump, rappresentata dall’inviato statunitense in Afghanistan Zalmay Khalilzad, al tavolo con il viceministro degli Affari politici dei talebani, il mullah Abdul Ghani Baradar. Un accordo alla pari quindi, ma con gran parte del territorio afgano conquistato in quasi 19 anni di guerra dai talebani.
Tecnicamente l’intesa prevede la riduzione delle forze americane da 13mila unità a 8.600 nelle prossime settimane, la revoca delle sanzioni di Washington imposte ai talebani entro il 27 agosto e l’impegno dei talebani a tagliare con al-Qaeda e a non dare ospitalità a organizzazioni terroristiche che pianifichino attentati all’estero. Altri dettagli dell’accordo si conosceranno nei prossimi giorni, ma già Baradar ha affermato, senza timore di essere smentito dagli Usa, l’esistenza dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, invitando le varie fazioni ad unirsi nello sforzo di dar vita a tale istituzione.
In Afghanistan tuttavia vi è anche il governo fantoccio di Kabul, conteso dal presidente uscente Ashraf Ghani e dal suo premier Abdullah Abdullah: Trump ha chiesto ai rappresentanti della Repubblica islamica dell’Afghanistan, di fatto Kabul, a unirsi alle prossime trattative in vista di una possibile nuova divisione del potere che comprenda inevitabilmente anche i talebani.
Da parte sua la Nato ha fatto sapere l’intenzione di ridurre la presenza militare, pur impegnandosi ad intervenire nel momento in cui dovessero essere minacciati i civili, mentre Donald Trump si è detto disponibile ad incontrare i vertici talebani in un futuro non lontano.