America e Monsanto: un caso non dichiarato di guerra economica?

di Giuseppe Gagliano –

Il caso è stato rivelato da Le Monde il 9 maggio. Dirigenti, politici, giornalisti, scienziati, impiegati pubblici, non meno di duecento nomi, appaiono sul file della Monsanto, il gigante americano dell’industria chimica. Frutto di una fuga di notizie dell’agenzia di influenza e lobbying Fleishman-Hillard, questo documento ha accuratamente riportato le identità e i ruoli politici di personaggi implicati con l’azienda stessa, sia per la questione del glifosato, degli OGM e di altri prodotti di punta del gruppo, sia in relazione alla propensione di queste persone ad essere influenzate dalle azioni di lobbying. Bayer si è scusa due giorni dopo l’apertura dell’inchiesta da parte della procura di Parigi, affermando di non tollerare alcun atto che non sia legale. L’azienda ha dichiarato con un comunicato del 12 maggio l’avvio di un’indagine interna che verrà affidata ad uno studio legale, ed ha riaffermato il suo impegno per la trasparenza e il trattamento equo di tutte le parti interessate. Un mea culpa che si rende necessario, nell’era del RGPD e della protezione dei dati.
In Francia, il codice penale vieta la formattazione di qualsiasi database contenente informazioni personali, come le opinioni politiche e filosofiche di un individuo senza il suo consenso. La scoperta di questo file è quindi problematica: il file avrebbe dovuto consentire a Monsanto di preparare meglio la sua difesa e la sua campagna di influenza, mentre continua ad affrontare un’opposizione particolarmente aggressiva e organizzata. La perdita di un tale file non è certamente una coincidenza e gli informatori sono parte integrante di questo sistema. Il documento risale alla fine del 2016, quando la molecola attiva di Roundup, il glifosato, è stata classificata come “probabilmente carcinogenica” dalla IARC, l’agenzia specializzata dell’OMS per la ricerca sul cancro.
L’azienda, impegnata in non meno di 13.400 azioni legali, conosce bene il ricorso alle procedure giudiziarie. Tuttavia questa è la terza multa che deve pagare: due miliardi di dollari, ovvero 1,8 miliardi di euro. Fu una giuria californiana a sanzionare la Bayer, il proprietario del gruppo chimico. Più che la sostanza stessa, fu il suo comportamento ad essere messo in discussione. Secondo la Corte superiore dell’Oakland, la Monsanto avrebbe dovuto avvertire dei possibili pericoli del suo prodotto e che questo era responsabile del linfoma sviluppato da ciascuna delle due querelanti, Alva e Alberta Pilliod. Il processo è stato aperto alla fine di marzo, subito dopo che Monsanto aveva pagato altre due multe per ragioni analoghe.
La cosa più curiosa del caso è che la Monsanto americana è stata condannata solo dalla giustizia americana da quando è stata acquistata da Bayer. Tre multe da saldare, 289 milioni, 80 milioni e 2 miliardi di dollari, rispettivamente dell’agosto 2018, del marzo e del maggio del 2019. Diventa ovvia allora una domanda: non è un tempismo inconsueto? Difficile non osservare il particolare accanimento delle autorità pubbliche americane verso le industrie di punta straniere.