Presidenziali Usa: ancora interferenze russe, Facebook chiude diversi profili. Gli hacker divulgano i dati degli elettori

di Guido Keller

Come per le elezioni del 2016, anche in quest’occasione hacker russi starebbero lavorando per influenzare le elezioni presidenziali Usa. Ne è convinta l’Fbi, che ha individuato sui social numerosissimi falsi profili finalizzati “a spargere odio”, soprattutto nei confronti del candidato democratico Joe Biden.
Il Kommersant, principale quotidiano nazionale russo di temi legati all’economia, ha riportato che su un forum del Darknet russo un anonimo “Gorka9″ ha postato i dati di milioni di elettori statunitensi, nella fattispecie quali tutti quelli del Michigan e un milione di quelli di Arkansas, Connecticut, North Carolina e Florida.
Intanto Facebook ha bloccato una rete di falsi account e di false pagine con base in Russia, tutti dediti a diffondere informazioni tendenziose e fake news in vista delle elezioni di novembre, sia soffiando sul fuoco delle proteste antirazziste, sia pesantemente contro Joe Biden e Kamala Harris, ed in modo assai minore nei confronti delle politiche di Donald Trump. I profili sarebbero partiti dalla Internet Research Agency, la fabbrica di troll di San Pietroburgo che già nel 2016 aveva interferito con le elezioni Usa.
Nel 2016 iniziative simili e attacchi hacker influenzarono a tal punto le elezioni Usa che Hillary Clinton perse le elezioni nonostante fino a poco prima fosse stata in testa di 9 punti su Trump: vennero divulgate oltre 20mila email che portarono alla luce un’operazione del comitato centrale del Partito Democratico, che avrebbe dovuto essere neutrale, volta a screditare il candidato alle primarie Bernie Sanders a vantaggio dell’ex segretario di Stato. Da allora per Clinton fu una discesa inarrestabile.
Poi vi fu il “Russiagate”, ovvero accuse di accordi tra gli uomini di Trump e gli hacker russi proprio per influenzare la campagna elettorale, uno scandalo tutt’ora aperto che ha causato il licenziamento quando non l’incriminazione di numerosi collaboratori di quello che sarebbe poi diventato il presidente degli Stati Uniti. Si sospettò che fossero intercorsi colloqui, anche con l’ambasciatore russo a Washington Sergey I. Kislyak, per ottenere l’illegale sostegno russo in cambio della cancellazione delle sanzioni alla Russia. Tra i nomi illustri l’effimero consigliere alla Sicurezza nazionale Michael Flynn, l’ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, Paul Manafor, l’ex consigliere politico del presidente e figura di primissimo piano alla Casa Bianca Stephen Miller, l’ex capo stratega della Casa Bianca, Steve Bannon, l’ex numero due della campagna elettorale di Trump, Rick Gates, l’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions, e Jared Kushner, il genero del presidente con affari in Russia, ma si potrebbe continuare a lungo tra gli incriminati e i condannati sospettati di aver chiesto aiuto ai russi per inondare la rete e i social di fake news, esacerbando gli animi attraverso l’odio.