Ancora un giro di Tango, a Buenos Aires

L’Argentina tra il G20, il passato, e l’imminente futuro.

di Albert Verdese

Malinconica scendeva la notte su Buenos Aires, con le ultime note di un tango di Eduardo Arolas, “El tigre del bandonéon” che andavano disperdendosi nella aria umida del Rio della Plata. Ancora un altro giro di Tango, prima di andare a dormire.
Fu proprio in quel momento, nell’infinito spettacolo del cielo dell’emisfero Australe, che Corto Maltese, accompagnato dalla proverbiale aplom dei gentiluomini di fortuna del mondo, riuscì ad ammirare le due lune che tutti gli anni, nella stessa notte dello stesso mese, splendono tra le stazioni
ferroviarie di San Martinez e San Isidro.
Forse un riflesso astrale dei “due mondi”, o forse solo una opportunità concessa da un Dio benevolo ad un uomo in costante fuga.

La Buenos Aires raccontata da Hugo Pratt era un alchimia tra sogno e realtà, tra la instancabile voglia di partecipare alla vita di una nazione sognante, accogliente, generosa ed ancora in fervida costruzione, e l’esigenza inderogabile di dimenticare le stantie dinamiche dei paesi da cui molti abitanti erano partiti. Un crogiolo di opportunità, commerci, popoli, storie e dinamiche umane.
Buenos Aires era città argentina ovviamente, ma anche italiana, spagnola, inglese, tedesca, polacca, russa e mediorientale. Il territorio di cui era capitale si estendeva dalle distese pressoché illimitate delle pampas fino al confine insormontabile delle Ande sotto le quali una terra generosa donava vigneti meravigliosi, e dalle foreste amazzoniche al confine con il Brasile a nord fino alle terre gelide più a sud del mondo.
La nazione nel 1923, anno in cui “Tango” venne ambientato, era in notevole e costante crescita.
Hypolito Irigoyen aveva appena concluso il primo mandato della epoca radicale, e Marcelo Torcuato de Alvear si era da poco insediato presso la Casa Rosada.
Non era ancora iniziata, quella notte, la crisi che alcuni studiosi sostengono addirittura durata quasi un secolo (1), perché sempre prima o poi ripropostasi ciclicamente.
Iniziata per la precisione quando gli effetti del crollo di Wall Strett del ‘29 portarono devastanti ripercussioni anche presso i mercati sud americani.

Ancora un altro giro di Tango, dunque. Un altro anno che giunge ora in Argentina tra passato e futuro. Proprio nei pressi di un crocicchio molto importante per la propria storia. Tra dicembre e gennaio il paese si è trovato al centro di ricorrenze e di eventi di elevata portata storica, anche internazionale: sono infatti ricorsi i 35 anni dalla restaurazione democratica che, avviata il 30 ottobre 1983 con il periodo di normalizzazione istituzionale, ebbe il suo inizio ufficiale il 10 dicembre con l’assunzione del ruolo di Presidente costituzionale di Raúl Alfonsin. Un giorno peraltro coincidente con quello indicato dalla Assemblea Generale delle Nazione Unite nel 1950 per celebrare il rispetto dei Diritti Umani.
Allo stesso tempo il paese si sta avvicinando alle elezioni presidenziali, che avranno luogo tra l’ottobre ed il novembre del prossimo anno.

Dicembre è stato anche il mese in cui si è svolto il summit finale del G20 a Buenos Aires; una due giorni da alcuni considerato come l’evento internazionale più importante mai ospitato dalla Repubblica argentina.
Mentre si stanno ancora definendo le candidature (che diverranno definitive a partire da marzo), la opposizione osserva gli eventi attuali per poter definire una strategia, anche in considerazione degli errori gestionali del presente governo.
Per quanto concerne l’organizzazione del G20, sotto la lente di ingrandimento sono state messe, per ovvie motivazioni, il costo dell’evento in relazione all’attuale stato economico del paese, la gestione del dispositivo di sicurezza e dell’ordine pubblico, e l’esito complessivo per l’Argentina sulla base
degli accordi raggiunti.

Sulla questione economica e sulla congruità della spesa per l’organizzazione dell’evento, occorre qualche nota introduttiva La situazione economica del paese sta evolvendo rapidamente negli ultimi mesi: lo stringente fenomeno della svalutazione del Peso ha ripreso a correre insistentemente.
L’indice dei prezzi al consumo, cioè la media dei prezzi ponderati, è aumentata del 44%, quando lo stesso dato l’anno precedente aveva presentato un incremento del 4%. I tassi di interessi dei titoli argentini sono stati fissati al 60%, un valore a dir poco impressionante.
A maggio un forte scossone aveva fatto crollare il costo del Peso del 20% in pochi giorni. Ad oggi occorrono 37,15 pesos per acquistare un dollaro, quando un anno fa ne bastavano 19,36.
L’altalena del valore del cambio è lungi dall’essere un fenomeno nuovo per il paese. Il tasso di cambio, cioè il prezzo relativo al quale due monete quali il pesos e il dollaro vengono scambiati, varia ogni giorno. Esso è determinato dalla variazione del tasso della domanda e della offerta di moneta nazionale contro valuta estera. Questo valore è influenzato dalle importazioni e dalla esportazioni, o meglio ancora dal prezzo relativo delle merci nazionali rispetto alle merci estere, oltre che dalle valutazioni del mercato dei cambi. Dal 1992 fino al quarto trimestre del 2001, l’Argentina aveva previsto un regime di cambi fissi con il dollaro.

Lungi dall’essere una scelta inedita (tra il 1960 e il 1963 le principali economie del mondo mantenevano un rapporto di cambio più o meno fisso nei confronti del dollaro), questo sistema aveva come conseguenza il fatto che calmierando le scelte del settore privato, le autorità pubbliche intervenivano nel mercato dei cambi per assorbire l’eccesso di offerta di una valuta. Nel caso concreto, intaccando le proprie riserve in dollari, la Banca Centrale argentina assorbiva l’eccesso di offerta di pesos, mantenendo il cambio alla parità dichiarata. Faceva l’opposto in caso di eccessiva offerta di dollari. Chiaramente questa operazione è stata possibile fino a che la Banca Centrale non è giunta ad una situazione critica, nella quale cioè non avrebbe potuto svolgere questo ruolo di intermediario per il rischio di azzerare le riserve in dollari.
Il passaggio ad un mercato di cambi flessibili, a meno che non sia portato fino alla sua versione estrema, non significa abbandono della possibilità per la Banca Centrale di poter intervenire nella politica monetaria. Solo che questo intervento è più limitato. In genere si evidenzia come l’intervento della Banca Centrale non sia determinante per la consistenza degli eventi in quanto tale, ma per la portata che l’effetto notizia può comportare nei mercati.

Il passaggio del 2001 per l’Argentina fu a dir poco traumatico, portando in poco tempo alla dichiarazione di bancarotta da parte del paese per impossibilità di sostenere i propri debiti, interrompendo così sia il pagamento degli interessi, che la restituzione di quanto gli operatori privati avevano acquistato in titoli di stato.
Il mercato, prevedendo una situazione non sostenibile, aveva causato un forte aumento del premio di rischio, che si unì all’effetto deprezzamento atteso della valuta argentina (2). Peraltro, come in effetti previsto dal modello Mundell-Fleming, l’evento era stato preceduto da un forte aumento dei
tassi di interesse e da una forte riduzione del Pil, poiché il sistema aveva provato a mantenere i tassi fissi di cambio. Quella terribile crisi è ancora al centro dei pensieri del paese per ovvie ragioni.
Peraltro si continua a discutere se il problema fosse il sistema di tassi di cambio fisso (rischioso per un paese che all’epoca effettuava la maggior parte dei propri scambi con il Brasile e l’Europa, e non con gli Stati Uniti, e che quindi così facendo si legava alle sorti alla moneta di una economia non
stretta alla propria), o ancora le ricette fornite all’epoca dal Fondo Monetario Internazionale, che furono seguite dal paese ma che non evitarono il collasso. Un argentino su cinque si ritrovò senza lavoro e milioni di persone finirono in povertà.

Nel maggio del 2018, dopo che nel 2015 vennero nuovamente effettuati scambi liberi tra le monete, si è ripresentato nuovamente un crollo di fiducia da parte degli investitori, anche a causa di congiunture internazionali molto sfavorevoli. Il mercato, per il nuovo corso Trump, ha investito nuovamente negli States, spostando fondi dalle economie considerate meno stabili.
Inoltre, la peggiore carestia degli ultimi 50 anni, ha causato un crollo nella vendita di soia e di mais, molto importanti negli scambi commerciali del paese.
Il paese ha dovuto richiedere un prestito record di 57 miliardi di dollari (circa 50,392 miliardi di euro), richiedendo peraltro una erogazione anticipata rispetto agli accordi iniziali. Il Fondo Monetario Internazionale però, cui partecipano 189 paesi e che ha come finalità quella di sorvegliare i paesi membri, sostenerli finanziariamente in caso di problematiche nelle bilancia dei pagamenti e di assisterli tecnicamente, presta i soldi in modo condizionato (essendo peraltro fondi di tutti gli Stati membri). Cioè eroga i fondi in quote, subordinatamente alla ottemperanza dei destinatari agli accordi presi con i suoi tecnici sulle misure da adottare per potere aggiustare il proprio bilancio.

Tali programmi economici sono di recente stati criticati sia per la loro discussa efficacia, sia per la compatibilità con il sistema economico attuale. Se è vero che la stabilità della economia della comunità degli Stati è un bene internazionale, è pur vero che il regime dei cambi tra le economie che il Fondo doveva controllare ed aiutare, si è concluso nel 1973.
Per quanto inoltre sia vero che molti paesi in via di sviluppo possano accedere a linee di crediti a tasso di interesse agevolato, spesso le misure richieste agli stati sono molto invasive. Per un paese come l’Argentina che non può utilizzare ulteriormente come misura economica quello di proporre nuovi titoli o interessi ulteriormente più alti, una delle poche opzioni è quello di ridurre le spese pubbliche.
Questo significa non poter effettuare investimenti nelle opere pubbliche (perlomeno da parte dell’Argentina, perché come si vedrà più avanti di questo sembrano volersene prendere carico altre potenze), non poter aumentare gli stipendi del settore pubblico, e ridurre il personale considerato in eccesso. Una potenziale catastrofe elettorale, se non peggio una potenziale alta conflittualità
sociale (3). Anche per questa ragione, l’accordo con il FMI questa volta prevede comunque margini più ampi per finanziare la spesa sociale e attutire gli effetti negativi che produrranno i tagli necessari a raggiungere il pareggio di bilancio.
L’idea della organizzazione del G20 di per se era stata indicativa di un rinnovato interesse del nuovo governo Macri per le questioni internazionali. Solo la logistica e la sicurezza per la due giorni di Buenos Aires ha significato una spesa di tre mila milioni di pesos (circa ottanta milioni di dollari),
che si sono aggiunti al conto di 162 milioni riferito ai numerosi incontri che si erano svolti in varie città del paese nei mesi precedenti tra i ministri competenti per i rispettivi temi trattati4. Si noti peraltro che l’Argentina venne votata come nazione ospitante l’edizione del 2018 ben prima che le
nubi dense della crisi si riproponessero sopra i cieli della Plata con tale gravità. Avvenne in una sede inedita, cioè durante l’incontro tra gli sherpa dei governi durante la Presidenza cinese prima ancora che il testimone passasse alla Germania per l’edizione 2017. Normalmente la scelta avveniva
durante la riunione dei Capi di Stato. L’annus horribilis, comunque, doveva ancora venire.
Ora il mercato di valute ha ripreso a fiorire. Sulle strade di nuovo si incontrano privati che fingendo un tono di voce pacato affermano “cambio” provando a fare affari in nero.

In un clima di tagli e di diminuito potere d’acquisto per milioni di persone, la questione della sicurezza, poteva divenire un campo minato. Ad essere osservata era Patricia Bullrich, Ministro della Sicurezza della Nazione argentina, recentemente oggetto di comprensibili perplessità per i fatti riguardanti la gestione della Finale di Coppa Libertadores in programma a Buenos Aires5.
In merito alla delicatezza dell’evento, è necessario ricordare che al forum non partecipano solamente capi di governo, ma anche lo stesso Fondo Monetario Internazionale, il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), la Banca Mondiale, istituzioni percepite come ostili in tempi di povertà.
Dal punto di vista della sicurezza, l’evento sembra essere riuscito senza troppi problemi di ordine pubblico. Per farlo sono state poste in essere misure molto invasive. A presidiare la città sono state chiamate 24mila forze dell’ordine, e molte zone della città sono state rese semplicemente inaccessibili. Le linee della metropolitana sono state chiuse, e i mezzi di trasporto non hanno funzionato per tutto il week-end ed è stata proclamata festa per incentivare gli abitanti della città a trascorrere il fine settimana altrove.

L’opposizione ha organizzato per la settimana precedente all’evento il”Primo Forum Mondiale del Pensiero Critico”, ribattezzato Contra Cumbre (controvertice).
Infatti il Consiglio latinoamericano di scienze sociali (Clacso) ha convocato ex leader di governo, figure di rilievo e referenti accademici di tutto il mondo per riflettere su possibili alternative per lo sviluppo. Ci sono state anche proteste e manifestazioni cui hanno partecipato migliaia di persone,
che però non si sono trasformate in ciò che l’organizzazione temeva, e cioè una seconda Amburgo, città che aveva ospitato il summit del G20 l’anno precedente.

Sull’esito diplomatico e strategico dell’evento, solo parte della valutazione è realizzabile allo stato attuale, per la necessaria premessa che alle aspettative non sempre conseguono dei fatti, anche in considerazione della incessante mutabilità del contesto internazionale.
Il governo argentino ha firmato più di cinquanta patti attraverso gli incontri svolti con i leader giunti a Buenos Aires. Questo può essere considerato un successo per il paese, ed un punto rimarcato dai sostenitori del governo. Un numero indubbiamente impensabile se l’evento si fosse svolto altrove.
La maggior parte di questi accordi sono stati firmati con Cina e Stati Uniti, i due maggiori attori globali. Un triangolo che può dire molto sulle prospettive argentine in particolare e sugli equilibri del mondo in generale. A Buenos Aires infatti è stata firmata una momentanea tregua nella guerra
dei dazi; tale notizia è stata subito rappresentata dai giornali di tutto il mondo ed ha rappresentato il risultato più evidente del summit, ben più del documento finale firmato da tutti i rappresentanti ed intitolato “Costruendo consenso per uno sviluppo giusto e sostenibile” (6). Sul rapporto tra i due
giganti infatti si concentrano ormai le maggiori attenzioni degli studiosi di relazioni Internazionali.
Uno dei motivi per cui si studia il loro confronto, si ritrova in un passo molto caro alla teoria realista, quello cioè con cui Tucidide nella sua “Guerra del Peloponneso”, rappresenta le motivazioni che portarono alla guerra tra le due potenze greche: “Ciò che rese la guerra inevitabile fu l’ascesa della potenza di Atene e la paura che questa causò a Sparta”.
A primo impatto la citazione è sorprendentemente antica. Il fatto che la conclusione di uno storico vissuto circa due millenni e mezzo fa sia antiquata però, è meno consequenziale. La teoria realista in effetti, è convinta della non modificabilità delle pulsioni più profonde e animalesche del genere
umano, e ritiene che alcune dinamiche tra poteri siano quasi universalmente applicabili e costantemente ricorrenti, a prescindere dalla posta in palio, dal potenziale numero di vittime, e dalla vastità del conflitto. Quella che Alisson chiama “Trappola di Tucidide”, pone indubbiamente ombre potenzialmente inquietanti su come possa concludersi il rapporto tra Stati Uniti e Cina.

Il concetto alla base è che quando una potenza in grande (e forse inarrestabile) ascesa, quale il colosso cinese, pone in pericolo il potere della potenza egemone (gli Stati Uniti), allora le due
potenze entrano necessariamente in conflitto. Sotto questo punto di vista, la guerra commerciale sarebbe stata una conferma evidente della conflittualità emergente. Non solo i dazi, ma anche denunce di pratiche economiche scorrette e di concorrenza sleale, lo spionaggio cibernetico, le accuse di pirateria finalizzate al furto di proprietà intellettuali, e la contesa sull’ambiente. Una conflittualità però che, ed è questo un successo del summit, è stata momentaneamente ridimensionata, con una tregua di tre mesi sui dazi.
Peraltro il destino ha voluto che la firma dell’accordo si realizzasse proprio pochi giorni dopo la morte dell’ex Presidente George Herbert Walker Bush, che della apertura della Cina al mondo del capitale privato fu un indiscusso protagonista.
Tale accordo, per quanto provvisorio, è stato accolto con grande sollievo da molti paesi, tra i quali l’Argentina in prima linea. Entrambe le potenze infatti investono molto in Argentina, e una guerra commerciale per un paese che vuole fare affari con entrambi, avrebbe significato la difficilissima scelta di schierarsi nettamente con uno dei contendenti oppure rimanere in un angosciante e pericoloso limbo.
Le politiche di accesso alle infrastrutture di paesi in momentanea difficoltà, è molto indicativo di come i due stati stiano procedendo per consolidare il proprio potere.

Già da molti anni la Cina interviene in maniera massiccia con investimenti in aree del pianeta anche molto lontane. Per l’Argentina la Cina rappresenta negli ultimi anni un partner privilegiato: negli ultimi mesi circa il 16% delle esportazioni e l’8% delle importazioni argentine sono effettuate con il gigante asiatico (7), secondo ora solo al Brasile negli scambi.
Di tali numeri, occorre osservare anche la qualità. Per quanto le esportazioni argentine siano prevalentemente legate al settore alimentare, mantenendo dunque un valore aggiunto piuttosto basso, molti osservatori rilevano la forte complementarità nel tempo vista la continua esigenza di derrate alimentari per la popolazione cinese. D’altro lato occorre sottolineare come le importazioni dall’Argentina quasi doppino il volume delle esportazioni (le importazioni sono basate prevalentemente su prodotti elettronici e meccanici, così come in chimici organici e composti inorganici).
In cambio però, gli investimenti pubblici cinesi nel tempo sono stati ingenti, a cui si aggiungono 37 accordi stipulati per il futuro durante il G20: in primo luogo il presidente del Banco Central argentino Guido Sandleris ha firmato con l’omologo cinese Ji Gang un ampliamento dello cosiddetto Swap tra monete, avvenuto per la prima volta nel 2009 e giunto ora alla terza riproposizione.
L’accordo in questione, del valore di 60 mila milioni di yan (circa 9000 milioni di dollari) serve a fortificare le riserve argentine e a facilitare gli scambi commerciali, e porta la somma integrale a 130 mila milioni di yan.
Per quanto il Fondo Monetario Internazionale non consideri gli yan detenuti come riserve, averli significa poter pagare le importazioni dalla Cina, poterli cambiare in dollari od utilizzarli per ulteriori acquisti. Ciò che però merita attenzione è la partecipazione alle infrastrutture del paese.
Sotto questo profilo la China Railway Cinstruction Corporation (CRCC) si è impegnata in investimenti per circa 1089 milioni di dollari per la riattivazione della ferrovia che unisce Rosario a Mendoza (la porta verso il Cile) sull’asse E-O del paese e un prestito di 200 milioni per il miglioramento della Ruta 5 tra Lujàn e Santa Rosa. A questo si aggiungono una linea di credito per treni elettrici da 236 milioni di dollari, un accordo da 1500 milioni di dollari sulla esportazione di fagioli e soia, e una dichiarazione di intenzioni (tipo di accordo vincolante a dire il vero solo nel sistema giuridico nord-americano, dunque da considerarsi momentaneamente solo come una manifestazione di volontà senza alcuna rilevanza obbligatoria) di 1100 milioni di dollari per la
creazione di un fondo di investimenti in ulteriori infrastrutture strategiche sino-argentine.

Il complessivo avvicendarsi indica un fortissimo interesse della Cina nella collaborazione strategica in questa regione del mondo, e conferma le ambizioni globali del gigante.
Si noti peraltro che è di pochi mesi fa la notizia dell’insediamento della China Satellite Launch and Tracking Control General (a Bajada del Agrio nella provincia di Neuquén in Patagonia) per la costruzione di una stazione radar avveniristica e che ha sollevato una certa preoccupazione presso le testate giornalistiche nordamericane, che vi hanno visto una potenziale base logistica in territorio americano. È noto quanto la dottrina Monroe e il corollario Roosvelt costituiscano un pensiero politico fisso nord americano.

L’Argentina in questo triangolo commerciale ha concluso vari accordi anche con gli Stati Uniti. Per quanto molti analisti osservano nel diverso corso politico nordamericano una delle cause delle fughe di capitali dai titoli argentini, furono gli stessi Stati Uniti a dare un appoggio decisivo per il
prestito di 56 miliardi ottenuti dal fondo monetario internazionale, che per quanto grave, è stato considerato dal governo argentino un male relativamente minore rispetto alle potenziali conseguenze nefaste di un mancato intervento.
Peraltro la insolita velocità con la quale venne accordato il piano e l’ ingente entità della prima rata del maxi-prestito (15 mila milioni di dollari) ha lasciato intendere una fiducia nei confronti delle intenzioni e delle possibilità argentine. Lo stesso governo statunitense ha dichiarato pubblicamente
appoggio al piano e fiducia nelle capacità della economia di un paese che ha definito un “alleato strategico”. È probabile che le preoccupazioni per l’attivismo cinese abbiano ridestato una certa preoccupazione e un certo attivismo nei confronti del Sud America (8).
Sta di fatto che attraverso gli incontri favoriti dal G20 la Overseas Private Investment Corporation (OPIC, ovvero a dire una associazione governativa la cui finalità è quella di organizzare e dirigere fondi di investimento privati in contesti internazionali, portando avanti la politica estera degli Stati
Uniti) ha stipulato di progetto per 350 milioni di dollari per la costruzione di parte del gasdotto Vaca Muerta-San Nicolás, così come 250 milioni per il miglioramento della rotta stradale che unisce Luján a Mendoza, 112 milioni per la realizzazione di parchi di energia solare e 196 per quella eolica.
Negli ultimi giorni, in occasione dell’incontro di Davos al World Economic Forum, il Fondo Monetario Internazionale ha confermato la fiducia per le manovre intraprese dal governo. Le stime per il 2019 sono però di recessione, con una diminuzione del Pil del 1,7%, soppesato però dalla previsione di un ritorno alla crescita (del 2,7%) nel 2020. È abbastanza evidente come tali appuntamenti coincidano anche con le elezioni che si svolgeranno nel paese il prossimo ottobre. Ciò che ci si chiede è se un eventuale governo di diverso schieramento, nonostante il prevedibile gioco facile contro i tagli attuali, sarebbe pronto ad assumersi i rischi politici ed economici di un eventuale default, fornendo a quel punto il fianco a potenziali responsabilità di fronte alla storia
economica del paese. Il presidente che governerà il paese tra il 2019 e l 2023 dovrà pagare più di 120 mila milioni di dollari di debito. Peraltro anche Sergio Massa, oltre a Victoria Kirchner, ha in passato dichiarato che in un nuovo governo bisognerà rinegoziare l’accordo con il Fondo Monetario
Internazionale. Su questo dovrà costruirsi la strategia per affrontare le tornate elettorali Gli analisti si chiedevano come potesse influire l’appuntamento del G20 sulle intenzioni di voto; nel 2012 fu un altro paese latino americano ad organizzare il G-20 approssimandosi alla contesa elettorale, e cioè il Messico. Il Partito conservatore PAN però (Partido Acción Nacional), guidato dal presidente Felipe Calderón, e nonostante la riuscita dell’evento, arrivò terzo alle elezioni che si sarebbero svolte il mese seguente.

Anche sulle intenzioni di voto, occorre procedere con cautela.
I sondaggi sul gradimento del presidente Macri è scesa bruscamente dal 31% di dicembre (che risentiva probabilmente della positiva influenza del G20) al 24% di gennaio. In questo ultimo mese sono infatti giunti i tagli sugli aiuti alle sovvenzioni sulle utenze domestiche (prima i sussidi kirchneristi si assumevano l’onere di calmierare i prezzi con una considerevole spesa statale), e contemporaneamente i prezzi di molti servizi pubblici sono cresciuti adattandosi all’inflazione.
Anche i dati sulla percezione degli argentini sulla situazione del paese sembra essersi adombrata, con una valutazione negativa sul presente cresciuta fino al 63% e con le aspettative favorevoli per il futuro scese al 36%.
Una delle strategie che sembra star adottando Cambiemos di Macri è quella di accentuare la attenzione pubblica sul tema della sicurezza. Questo tipo di problema, che ha rappresentato un notevolissimo impatto in molte elezioni svolte recentemente in tutto il mondo e nel continente americano in particolare (si pensi alle campagne di Donald Trump e di Jair Bolsonaro) sembra poter fare leva su un tipo di elettorato che pur essendo tradizionalmente di tendenze kirchneriste, convive con situazioni di pericolo sociale, ed è dunque particolarmente sensibile al tema. Indubbiamente la discussione sul problema della sicurezza ha anche l’ulteriore effetto di togliere spazio a quello sullo stato della economia.

Il Decredo de Necesidad y Urgencia (DNU) n.62/2019 recentemente promulgato dal governo, e momentaneamente in attesa di conferma parlamentare (ma perfettamente valido ex tunc fino al giorno della eventuale mancata ratifica) è accentrato sulla lotta alla corruzione e al narcotraffico e all’incameramento (preventivo, dunque sommario) dei beni nelle relative indagini da parte dello stato; di tali atti, il cui accertamento sarò demandata al foro civile, si dibatte sulla applicabilità.
Perplessità sorgono sulla validità formale (in particolare un problema potrebbe essere il rapporto tra giudicato penale e civile, visto il collegamento tra riti) e di diritto (avendo introdotto la azionabilità d’ufficio da parte del pubblico ministero, così come il possibile ausilio di informatori cui andrebbe
in premio fino al 10% dei beni recuperati; le perplessità riguardano non solo la aleatorietà di giudizi basati su possibili delatori – e non solo informatori -, ma soprattutto la erosione del principio di non colpevolezza).

Sembra da escludere la dichiarazione fatta dalla opposizione che il Decreto avesse come finalità ulteriore e nascosta quella di colpire i beni di Cristina Kirchner, indagata (anche) per delitti di corruzione. Secondo l’ articolo 5 dell’ annesso (Régimen procesal de la acción civil de la extinción de dominio) infatti, ad essere incorporati dallo stato sarebbero quei beni acquistati posteriormente alla data della presunta commissione del delitto investigato. Nella causa Hotesur y Los Sauces infatti, in cui la familia Kirchner è indagata per associazione illecita e riciclaggio degli introiti nel periodo tra il 2010 e il 2015, la maggior parte degli immobili venne acquistata negli anni precedenti alla presunta commissione del reato.
E se pure gli arricchimenti illeciti fossero indicati in quelli successivi ai fatti del 2003 per corruzione e arricchimento illecito (il cosiddetto caso dei quaderni dei tangenti), pure sembrerebbe non essere applicabile il Decreto. Infatti all’epoca la accusa penale venne archiviata. Sembra dunque improbabile che un giudice del foro civile e commerciale possa ora riaprire quel giudizio.

Se fino ad un anno fa la crescita economica arrideva a Macri, che stando ai sondaggi godeva della simpatia dell’elettorato e risultava di vari punti vincitore sulla eventualità di un ballottaggio con Cristina Kirchner, nel rilevamento effettuato dalla agenzia di sondaggi Julio Aurelio Arescola la
leader del Frente para la Victoria (FPV) aveva superato già ad ottobre il Presidente nelle intenzioni di voto al primo turno (39,3 e 38,8%).
Per quanto lo scarto si mantenesse all’interno del margine di errore, esso era indicativo. D’altro canto però, all’interno dello stesso sondaggio, alla domanda “Chi non voteresti mai?”, Cristina Kirchner otteneva un poco confortante, 53,5% di scelte contro un 51% che indicava l’attuale presidente.
A gennaio, considerato l’aumento dei prezzi di tasse e servizi, alcuni sondaggi mostrano delle tendenze che meritano attenzione. Se da un lato va registrata la crescita continua di Cristina Kirchner e la parallela caduta di immagine del Governo dall’altro lato, in caso di ballottaggio, Macri se imporrebbe su
Cristina Kirchner con un 43% contro 40%. Il dato particolarmente sorprendente riguarda però le intenzioni di voto qualora a presentarsi al ballottaggio fossero i candidati più in vista del Partito Giustizialista non Kirchnerista. Infatti nella eventualità di un ballottaggio tra Macri e Roberto Lavagna, quest’ultimo si imporrebbe con un 37% (contro il 34% dell’avversario).
Se è vero che l’ex ministro ed economista 76enne non ha ancora ufficialmente dichiarato una sua candidatura nell’attesa di segnali, e se è vero che non sembra riscuotere successo tra la popolazione più giovane, comunque risulta essere apprezzato tanto dagli elettori di Macri che di Kirchner, in un confronto tra Macri con Sergio Massa, altro rappresentante del peronismo non kirchnerista, la spunterebbe per un solo punto l’attuale presidente, con un 36% di scelte. Da notare, ovviamente, l’alto numero di indecisi. Si noti inoltre che in un sondaggio portato avanti da CIGP (La Consultora de Imagen y Gestión Política) a novembre all’interno del peronismo non Kirchnerista, Lavagna sarebbe, con un 29,80% di voti, il candidato preferito con un distacco di circa 10 punti sul collega Massa.
Cristina Fernanda Kirchner sta cercando alleanze. Recentemente è tornata alla ribalta definendosi durante il dibattimento sulla Legge di Bilancio in Senato con una abile metafora una yegua herbivora, cioè una cavalla erbivora. Così facendo ha posto un paragone non casuale, e non secondario, nella storia argentina. Fu Juan Domingo Perón infatti, al ritorno nel paese dopo 17 anni di esilio, ad autodefinirsi un “leone erbivoro”. Voleva con questa immagine presentarsi come un capo conciliante e non vendicativo. Oltre a ribaltare un appellativo che aveva suscitato molte perplessità in una figura positiva, il riferimento peronista di Victoria Kirchner era collegato anche ad un concetto di politica assistenzialista che è rimasto molto apprezzato in grandi fasce di
popolazione. A maggior ragione in un periodo di grossi sacrifici nella spesa pubblica, come quelli che sta affrontando l’Argentina.

Oltre ai sondaggi non favorevoli in caso di ballottaggio però, Cristina Kirchner affronterà un ricco calendario di udienze: la tempesta giudiziaria in cui è attualmente coinvolta si giocherà parallelamente al proseguire delle elezioni, e potrebbe arrecarle danni di immagine decisivi, così come avvicinarla alla non candidabilità. Se le elezioni presidenziali sono state stabilite per il prossimo 27 ottobre, con un eventuale ballottaggio il 24 novembre, nel mese di febbraio si svolgeranno alcune udienze che riguardano la ex presidente. In particolare le accuse più gravi riguardano nel caso Hotesur la gestione di società illecita e di riciclaggio di denaro, con la complicità dei figli Maximo e Florencia. Un altra causa riguarda il recente ritrovamento di alcuni quaderni detenuti da Oscar Centeno, autista della Kirchner, in cui sarebbero state annotate commissioni per ritirare ingenti somme di denaro presso personaggi vicini alla famiglia in cambio di favoritismi nella concessione di appalti pubblici. L’inchiesta, sollevata da un giornalista del quotidiano La Naciòn l’anno scorso, sarebbe alla base di una grave accusa di corruzione. In quanto senatrice, Cristina Kirchner può essere indagata ma non incarcerata.
Allo stesso modo è politicamente molto pesante l’inchiesta attualmente diretta dal giudice Claudio Bonadìo. Il fatto involverebbe direttamente le più alte sfere dello stato, così come scelte strategiche per il paese.

Victoria Kirchner secondo la ipotesi accusatoria, avrebbe coperto i mandanti della auto bomba esplosa il 18 luglio 1994 presso la Asociación Mutual Israelita Argentina (AMIA) di Buenos Aires in cambio di forniture energetiche a prezzo agevolato. L’attacco, il maggiore contro la comunità ebraica dalla fine della seconda guerra mondiale, causò la morte di 85 persone (9).
Il 18 gennaio 2015, Alberto Nisman, ovvero a dire il giudice che che formulò le accuse nei confronti, tra gli altri, di Cristina Kirchner, fu trovato morto con un colpo di pistola alla testa, a poche ore dalla sua relazione alla Comisión de Legislación Penal de la Cámara de Diputados de la Nación Argentina, che lo avrebbe ascoltato sui fondamenti della sua accusa.

Nel dicembre de 2016, la Cámara Federal de Casación Penal ordinò la prosecuzione del giudizio per occultamento e tradimento della patria, che era stata nel frattempo istituita dal giudice Rafecas. Rafecas peraltro venne sollevato dalla causa, che venne consegnata al giudice Claudio Bonadío (lo stesso che Nisman aveva denunciato nel 2009 por aver occultato le prove del coinvolgimento nell’attentato al centro ebraico). A tali accuse peraltro, il 7 settembre 2017, si aggiunse quella del giudice Gerardo Pollicita, che accusò la ex presidente del delitto di lesa umanità.

La partita politica argentina si giocherà anche su altri due fronti, ovvero a dire sulla affidabilità del candidato e sulle scelte strategiche nei confronti della sua economia, del volume delle sue esportazioni, e delle alleanze regionali e internazionali in un quadro di rapporti internazionali molto mutevoli.
Nella area sud americana il cambio di regia avvenuto dopo le passate elezioni, ha portato ad una riconsiderazione complessiva del ruolo argentino. Non solo l’evidente cambio di opinione nei rapporti con il “bolivarismo” venezuelano rispetto al governo precedente, dimostrato in maniera lampante prima dalla volontà espressa alcuni mesi fa dal presidente Macri di voler accusare Maduro di fronte alla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità, (poi confermati dal riconoscimento immediato fornito all’autoproclamatosi presidente Juan Guaidó negli ultimi sviluppi da Caracas).
Ma anche il nuovo corso politico del Brasile, vista la preponderanza geografica e la sua crescente importanza economica . In questo caso le indicazioni sono dubbie.
La prima visita di Stato effettuata dal neo-eletto Presidente brasiliano non si è svolta a Buenos Aires come da tradizione consolidata, bensì presso il Cile di Sebastian Piñera, di cui Bolsonaro ha elogiato la crescita tecnologica e la capacità di commerciare con tutto il mondo (e che è indicativa della poca simpatia del governo brasiliano per il Mercosur; tale affermazione sembra d’altro canto, in questo, allontanarsi dalla politica economica dalle tendenze protezioniste del governo Trump). A seguire, la visita agli Stati Uniti e ad Israele.

Ad ogni modo restano dubbiose le intenzioni del Brasile nella agenda internazionale, viste le poche dichiarazioni effettuate in campagna elettorale. Sul futuro del MercoSur (da cui è stato sospeso il Venezuela in seguito ai recenti sviluppi politici per decisione degli altri componenti), hanno discusso a Brasilia lo stesso Bolsonaro e Macri a metà di gennaio. In questo caso la visita è stata la prima di un capo di Stato straniero in territorio brasiliano, e l’oggetto della discussione sarebbe stato il rafforzamento del commercio tra i due paesi e la cooperazione in tema di lotta al narcotraffico nelle frontiere. Le incognite principali dunque sembrano essere il rapporto controverso tra protezionismo, chiusura dei mercati regionali e ruolo nel commercio mondiale, così come sembra dubbio quanto la radicalità nelle questioni sudamericane e di pacificazione regionale possano essere un beneficio o meno. Pare al momento comunque profilarsi un rapporto di cooperazione, anche in considerazione della comune posizione sul Venezuela e della comune amicizia con gli Stati Uniti.
Dubbio poi è l’effetto imitazione che la elezione di un partito convintamente di destra come è quello di Bolsonaro, e con una elevata forza elettorale, possa avere sugli altri paesi sudamericani.

Il Messico, invece, nei giorni scorsi ha dovuto incassare il duro colpo della cancellazione del Nafta, l’accordo di libero scambio con Stati Uniti e Canada.
L’opinione pubblica argentina è confusa sul rapporto con i vicini. Recentemente il senatore Miguèl Angel Pinchetto del Partito Giustizialista (continuatore del partito peronista), ha lamentato che la Bolivia del Presidente Evo Morales vende all’Argentina gas al prezzo internazionale, quando i suoi cittadini approfittano della universalità del servizio sanitario pubblico argentino. Il senatore, che in svariate situazioni è stato indicato come xenofobo, rappresenta le preoccupazioni per un alto tasso di immigrazione all’interno dei confini argentini di persone non interessate a contribuire al
benessere del paese, ma solo ad usufruire dei servizi pubblici gratuiti.

Il mondo è in costante evoluzione. L’Argentina ed il Sud America non fanno eccezione.
Malinconica scende la notte su Buenos Aires, tra la nostalgica visione del passato e la convinta volontà di lavorare per il futuro. Ancora un giro di Tango, per favore!

Note:
1 – James Neilson, ex direttore del “The Buenos Aires Harold” e analista politico, “Noticias”, De vuelta alla Tierra, numero 2189, 6/12/2018;
2 – Vd. De Arcangelis, G., Economia Internazionale, “Reddito, tasso di interesse e tasso di cambio in Argentina nel 2001-2002. Mc Graw Hill Education, Milano, Quarta Edizione, 2017;
3 – A giudicare da una curiosa statistica portata avanti tra il 2017 ed il 2018 da Taquion, alla domanda d quale livello di corruzione l’intervistato fosse disposto ad accettare in cambio di un governo in grado di risolvere il problema della inflazione, della insicurezza e della migliore qualità di vita, la percentuale che ha risposto “nulla” è diminuita dal 66,7 % al 43,8%;
4 – Il funzionamento del G20 non si riduce infatti all’incontro tra Capi di Stato, cbe anzi ne rappresenta solo la simbolica conclusione. I membri del G20 sono le 19 economie più industrializzare del pianeta (che rappresentano circa l’80% del Pil mondiale) a cui si aggiunge l’Unione Europea e la Spagna, che seppur non parte integrante del gruppo viene invitata ad ogni summit, nonché Singapore, Ruanda e Senegal in rappresentanza di Associazioni internazionali regionali qual la Associazioni delle Nazioni del Sud-est asiatico, la Unione Africana e la nuova associazione per lo Sviluppo Economico dell’Africa. Come Paese ospitante, nonché avendo la Presidenza dell’incontro, l’ Argentina ha potuto invitare inoltre a propria discrezionalità paesi e organizzazioni internazionali. I paesi invitati dall’ Argentina sono stati Cile e i Paesi Bassi; le organizzazioni internazionali invitate sono state invece la Comunidad del Caribe, il Banco Interamericano de Desarrollo, e il CAF-Banco de Desarrollo della América Latina. È stato invitato anche il neo-eletto (ma non ancora in carica) presidente del Brasile Jair Bolsonaro, che però ha preferito non partecipare. Oltre ai suddetti membri, il G20 prevede la partecipazione di varie
Organizzazioni Internazionali (Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’ONU, la Organizzazione Mondiale del Commercio, il Consiglio di Stabilità Finanziaria e l’Organizzazione Mondiale della Salute) alcune delle quali oggetti di severa critica sociale.
5 – In un raro capolavoro di arroganza e forte mancanza di senso delle tempistiche, la ministra rispose ad un giornalista che chiedeva rassicurazioni sulla gestione dell’ordine pubblico in vista della finale di Coppa Libertadores in programma a Buenos Aires: “Si tenemos un G-20 ¿no vamos a dominar un River-Boca?”: “organizzeremo un G20, credete che non siamo in grado di organizzare River Plate- Boca Junior?”. Pochi giorni dopo la partita sarebbe stata
dichiarata non giocabile per motivi di ordine pubblico, dopo che alcuni violenti hanno lanciato sassi in direzione del bus della squadra del Boca Junior ad una ora d’inizio dalla partita. Al di là del gesto, è stata considerante evidente e molto grave la falla nella gestione dell’apparato della sicurezza. Decine di migliaia di persone si erano recate allo stadio da tutti gli angoli del pianeta per assistere a quello che era definito l’evento sportivo del secolo. Molte riviste hanno parlato di “papelòn mondial” (figuraccia su scala mondiale), visto che la partita è stata giocata addirittura a Madrid per evitare ulteriori strascichi di ordine pubbliche e problematiche. Il tutto è avvenuto una settimana prima del summit conclusivo a Buenos Aires;
6 – Che include trentuno punti riguardanti il commercio internazionale, cambio climatico e protezione dell’ambiente, così come cambio tecnologico e la lotta contro la corruzione, oltre rappresentare obiettivi su temi quali educazione, salute, uguaglianza di genere e protezione nel mondo del lavoro;
7 – http://www.agritotal.com/nota/36022-relacion-argentina-china-necesaria-complementaria-y-promisoria/;
8 – Si pensi a quanto rilevante possano essere negli equilibri delle rotte commerci del mondo le iniziative cinesi degli
ultimi anni, dai progetti per la apertura di un nuovo canale in Nicaragua egli investimenti per Panama;
9 – La comunità ebraico argentina conta circa 300 mila persone, l’80% delle quali si trova nella area urbana di Buenos Aires. Rappresenta la maggiore comunità ebraica della America Latina e la sesta maggiore al mondo;