Argentina. Il primo anno del presidente Fernandez

di Paolo Menchi

È passato un anno da quando il peronista Alberto Fernandez è stato eletto alla presidenza dell’Argentina, affiancato dalla vice Cristina Fernandez, ex presidente e moglie del defunto Nestor Kirchner, ed è tempo di stilare un primo bilancio.
La situazione lasciata dal presidente uscente Macri, ex imprenditore e neoliberista convinto, non era delle migliori, tanto che lui stesso ammise di non aver fatto in tempo a realizzare gli obiettivi economici che si era posto definendosi “frustrato” per questo.
Aveva lasciato la Casa Rosada con un tasso di inflazione di oltre il 40%, con il Pil in calo di oltre il 3% e con la prospettiva di non riuscire a pagare un nuovo pesante debito contratto con il FMI nel 2018, senza considerare i vecchi debiti.
Inoltre il livello di povertà nel paese risultava in aumento (stimato nel 40% circa) e il tasso di disoccupazione aveva raggiunto l’11%.
Fernandez, appena eletto, la definì una situazione da “default virtuale”.
Purtroppo l’emergenza Covid non permette un giudizio completo sul primo anno del nuovo governo, viste le ripercussioni economiche del lockdown, quello argentino tra i più lunghi al mondo, perché le conseguenze sono state disastrose per tutte le economie mondiali e non ci si poteva aspettare diversamente dall’Argentina.
Ad ottobre il Pil era sceso del 19,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e si stima per la fine del 2020 una contrazione tra il 12 ed il 15%.
Il livello di povertà è salito al 52%, la disoccupazione supera il 10% e si calcola che nelle periferie di Buenos Aires 6 bambini su 10 soffrano di denutrizione
Ad aprile l’indice di popolarità di Fernandez era di poco superiore all’80 per cento, ma la crisi scatenata dalla pandemia ha travolto anche il gradimento verso il presidente, sceso ad ottobre al 43%, mentre a dicembre risulta in leggera ripresa.
Non poteva essere altrimenti, visti gli effetti devastanti del Covid sull’economia, semplicemente attenuati da politiche di aiuti sociali verso le categorie più deboli e più colpite dal blocco, provvedimenti che nel medio-lungo termine non basteranno se non saranno affiancate da politiche strutturali, al momento non ben definite anche a causa di divisioni all’interno della coalizione peronista.
Uno dei problemi che l’Argentina si trascina da decenni è quello dei debiti, verso i privati e verso il FMI, tanto che in una delle prime dichiarazioni il nuovo presidente disse che l’Argentina li avrebbe voluti pagare ma che non aveva i mezzi per farlo.
La scorsa estate il governo riuscì a negoziare con i creditori un annullamento del debito per 37,700 miliardi di dollari ed una proroga per il pagamento dei restanti 44mila miliardi al 2024, decisamente un buon risultato.
Nell’agenda ci sono ora due argomenti con i quali il presidente si gioca gran parte della popolarità anche in vista delle elezioni legislative dell’autunno 2021: la riforma della giustizia e la legge sulla depenalizzazione dell’aborto.
Riguardo la riforma della giustizia molti accusano Fernandez di voler promulgare una legge “ad hoc” per salvare la sua attuale vice da alcuni processi che la vedono imputata, ma ovviamente da parte governativa si parla di una semplice riforma organizzativa che non avrà alcun effetto sui procedimenti a carico di Cristina Fernandez.
Ci si chiede però quanto sia opportuno proporre tale riforma in questo momento, all’inizio del mandato e sapendo delle accuse a carico della sua vice, prestando il fianco ai complottisti.
Riguardo l’aborto il governo si gioca molta credibilità, visto che era uno degli obiettivi dichiarati in campagna elettorale ma, dopo l’approvazione alla camera della legge che permette l’interruzione di gravidanza fino alla quattordicesima settimana di gestazione, avvenuta lo scorso 11 dicembre, la strada sembra abbastanza spianata per l’approvazione definitiva da parte del Senato, forse addirittura entro fine anno.
Il governo ha dimostrato compattezza anche con l’approvazione delle legge patrimoniale che andrà a colpire circa 15mila contribuenti e che dovrebbe assicurare un gettito di circa 3 miliardi di euro (1,1% del pil) con destinazioni già indicate dalla legge: il 20% per acquisto di attrezzature mediche e ospedaliere, il 20% per finanziamenti delle imprese, un altro 20% da destinarsi alle borse di studio, il 15% allo sviluppo di edilizia popolare e il rimanente 25% al finanziamento di progetti di esplorazione e sviluppo del gas.
A gennaio il governo sarà valutato anche per come gestirà il piano di vaccinazione di massa, che ci si augura porti perlomeno ad un rallentamento della pandemia e ad una ripresa dell’economia.
In sostanza al momento il giudizio sul governo di Fernandez è sospeso in attesa di un ritorno alla normalità.