di Francesco Giappichini –
«La ripresa dell’attività economica e il buon contesto finanziario, in un quadro di equilibrio fiscale e disciplina monetaria, dimostrano che il peggio della crisi è passato. La società mantiene il suo sostegno al governo, dandogli spazio per affrontare le sfide della sostenibilità del saldo fiscale e della flessibilità del tasso di cambio». Inizia così il più recente report del Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (Bbva) dedicato all’Argentina. E lo studio, in combinato disposto con le inchieste sugli indici di gradimento del presidente Javier Milei, può indurre a definire i primi 12 mesi della nuova amministrazione come un successo. Va da sé che sostenere una simile tesi in modo perentorio sarebbe parziale, ma vanno invece segnalate le vittime della gestione del presidente ultraliberista.
E non ci riferiamo solo ai drammatici dati sul Pil (Prodotto interno lordo), rilevati dallo stesso report del Bbva: «Quest’anno, quindi, il Pil scenderebbe del 3,8%, per recuperare al 5,5% nel 2025, trainato da consumi e investimenti». Piuttosto il riferimento va agli impietosi numeri sulla povertà, così affrontati dalla “Bbc (British broadcasting corporation)”: «Ciò nonostante gli argentini abbiano vissuto uno degli anni più difficili della loro storia, con la peggiore recessione dell’America latina, un forte calo dei consumi di massa (caduti del 15% tra gennaio e novembre secondo l’Asamblea de pequeños y medianos empresarios), e il più grande aumento della povertà dal collasso economico del 2001-2002, con un aumento di oltre cinque milioni di poveri da quando Milei è entrato in carica».
Un fenomeno, quello dell’aumento della povertà di ben 11 punti nell’ultimo anno, che non è passato inosservato neppure all’Instituto nacional de estadística y censos (Indec). Secondo cui risulta che sette bambini su dieci sono poveri, mentre oltre la metà della popolazione (circa il 52%) non riesce a soddisfare i bisogni primari. E tuttavia i sondaggi finiscono per sorridere alla destra argentina. Così il noto quotidiano “La Nación” titola: «Un anno dopo l’insediamento, Milei mantiene un alto livello di approvazione, ma il suo stile aggressivo genera un forte rifiuto». Ebbene secondo Poliarquía, autorevole istituto di ricerca, il 56% del campione valuta positivamente il governo Milei.
Un risultato non distante da quello fornito da Opina Argentina (un’altra società di ricerca affidabile): la sua popolarità è cresciuta per il secondo mese consecutivo, si attesta, mostrando un gradimento pari al 53 per cento. La piattaforma “Statista” indica invece un indice di approvazione più modesto, pari al 47,3% degli intervistati; rileva però una costante rimonta rispetto al 41,4 di ottobre. Resta infine da identificare i risultati, politici ed economici, del primo anno di Milei. Ebbene, la maggioranza degli analisti ne è convinta: l’eterodosso economista ha comunque raggiunto degli obiettivi, e questi sono stati apprezzati dalla maggioranza. E il più rilevante riguarda la sfera politico-istituzionale.
Milei, osservano gli esperti, ha dimostrato che nel Paese si può raggiungere la presidenza senza un partito alle spalle. Senza cioè quella macchina per la raccolta del consenso (e per convogliare le truppe cammellate), che sinora era ritenuta imprescindibile per ogni vittoria. Specie a causa di quel clientelismo pervasivo, che si considerava connaturato alla politica argentina. «Una delle leggi fondamentali della politica argentina era che fosse necessario avere un partito politico per garantire la vittoria alle elezioni presidenziali», ha dichiarato il politologo Miguel De Luca, dell’Instituto de investigación Gino Germani dell’Universidad de Buenos Aires (Uba).
Al contrario la sua formazione politica di appartenenza, La Libertad avanza (Lla), è nata come un cartello elettorale, per sostenere l’avventura politica dell’economista libertario. Un risultato ottenuto grazie a vari fattori, a cominciare dalla delusione per il fallimento degli ultimi due governi. Quelli ancora guidati dai partiti tradizionali: prima il «macrismo», e poi il kirchnerismo peronista. Si segnala quindi l’aggressiva presenza sui social, capace di aggregare uno zoccolo duro di aficionados, specie tra gli uomini under 35. Rappresenterebbe poi una sua vittoria anche il fatto stesso di riuscire a governare senza una maggioranza stabile: né alla Cámara de diputados né in Senato.
Può contare infatti su maggioranze molto variabili che vanno dall’oficialismo (i compagni di partito), agli «aliados» vicini all’ex presidente Mauricio Macri, sino all’opposizione dei «dialoguistas»: i radicali eletti con Macri, ma poi smarcatisi. Grazie a una tattica pragmatica, astuta e intuitiva, scrivono gli esperti, avrebbe approfittato della frammentazione dei partiti tradizionali, e sarebbe riuscito a negoziarci efficacemente, (specie con Macri, e il suo partito di centrodestra Propuesta republicana – Pro). Sì, in sostanza anche Milei, almeno se si opta per un’interpretazione formale del diritto argentino, è un’«anatra zoppa». Un altro successo del «mileismo» avrebbe invece a che vedere col suo linguaggio aggressivo, senz’altro nuovo per la politica locale.
Un modo di esprimersi sguaiato che nonostante abbia polarizzato la società, ha aumentato i consensi; con i seguaci convinti che il presidente sia una persona genuina che dice quello che pensa. L’altro successo della Casa Rosada è quello che lo stesso Milei ha definito come il «mayor ajuste en la historia de la humanidad»: il «più grande aggiustamento fiscale nella storia umana». Il governo ha dichiarato guerra all’enorme deficit fiscale e nel primo semestre ’24 è riuscito a ridurlo del 35%, per una somma pari al 5,6% del Pil. Del resto il problema del deficit, ossia la principale causa dell’inflazione, si sarebbe registrato in 113 degli ultimi 123 anni, secondo quanto riporta la stampa locale. Un’operazione che per il ’25 fa pronosticare una crescita di oltre il 5%, e che ha ridotto il Rischio paese al livello più basso dell’ultimo quinquennio, (l’indice quantifica il livello di rischio del debito pubblico per gli investitori stranieri); e che soprattutto ha abbattuto l’inflazione al 2,4% mensile: il valore più basso dal 2020. Così in termini annuali si registra un calo dal 1.400% del dicembre ’23, al 33% di novembre ’24. Un altro obiettivo dell’amministrazione Milei riguarda la politica monetaria, e starebbe avendo successo il piano per far convergere il cambio del dollaro ufficiale e il cambio parallelo, o «dólar blue»: un presupposto essenziale, secondo il governo, per ottenere fiducia e attrarre investimenti. Inoltre Milei, secondo il suo entourage, non avrebbe rinunciato a dollarizzare l’economia e ad abbattere la Banca centrale; al contrario, il peso argentino starebbe scomparendo, poiché è il dollaro che si sta affermando come la valuta di risparmio. Un fenomeno che tra l’altro comincia a preoccupare il settore turistico, poiché gli stranieri iniziano a giudicare troppo elevato il locale costo della vita.