Bolivia. Il nuovo governo Arce al lavoro

di Paolo Menchi –

È passato poco più di un mese da quando la Bolivia ha eletto come suo nuovo presidente Luis Arce, candidato del MAS (Movimiento al socialismo) ed ex ministro dell’economia nei governi Morales.
Nel mese di novembre dello scorso anno, dopo che le elezioni che avevano rieletto Evo Morales per la quarta volta consecutiva erano state messe sotto accusa dall’opposizione per presunti brogli, con conseguenti violente manifestazioni di piazza, il presidente fu costretto ad andare in esilio in Messico e poi in Argentina per tutelare la propria incolumità personale.
Molti parlarono di golpe con la consueta regia statunitense, fatto sta che per circa un anno la Bolivia è stata guidata da un governo provvisorio di centro destra con a capo Jeanine Anez Chavez che, pur ad interim, ha adottato misure a favore delle grandi aziende agricole, aprendo anche a quelle che utilizzano prodotti transgenici, cancellando il precedente divieto, e in politica estera ha rotto le relazioni diplomatiche con Cuba e Venezuela facendo anche uscire il paese dall’Alba (alleanza bolivariana per le Americhe).
Morales, per anni fu molto amato dalla maggior parte dei boliviani grazie anche a politiche sociali che combatterono l’analfabetismo, ridussero il tasso di povertà estrema dal 35% al 15%, svilupparono programmi di assistenza medica gratuita e riconobbero i diritti degli indigeni, fino ad allora troppo spesso ghettizzati e vittime di razzismo.
Ci furono numerosi interventi anche in campo economico con risultati lusinghieri, tanto che la Bolivia è una delle nazioni che, nell’ultimo decennio, ha avuto un tasso di crescita del pil tra i più alti (in media circa il 5% annuo) con bassi tassi di inflazione.
Certamente Morales con le sue politiche destinate in gran parte ai poveri si è inimicato gli strati più ricchi della popolazione che hanno visto ridursi i privilegi, ma questo era inevitabile.
L’errore più grande di Morales è quello di aver voluto continuare a fare il presidente nonostante la costituzione prevedesse solo due mandati.
Riuscì ad avere il terzo nel 2009, adducendo la giustificazione che non essendo stato completato il secondo mandato, questo non si dovesse conteggiare e riuscì a partecipare, vincendole, alle contestate elezioni del 2019, definendo la norma che gli impediva di candidarsi come una presunta limitazione della libertà, contraria alle norme costituzionali. Tutto questo è stato possibile grazie alle pronunce favorevoli del Tribunal Constitucional Plurinacional, organo forse molto poco imparziale.
Questo voler trasformare la Bolivia in una sorta di monarchia gli ha fatto perdere consensi ed ha portato anche ad una spaccatura all’interno del MAS, sarebbe stato più accettabile per tutti se Evo Morales avesse continuato il suo lavoro con altri incarichi, lasciando ad altri la massima carica istituzionale.
In fondo è quello che è successo adesso, infatti, il nuovo presidente era un suo stretto collaboratore ed ha vinto inaspettatamente le elezioni grazie anche ad una opposizione molto frammentata e divisa.
Arces può continuare quindi la strada già tracciata da Morales, ma incontrerà molti ostacoli a cominciare dall’ombra ingombrante del suo predecessore che, pur non entrando nel governo, è comunque il leader del partito che ha vinto le elezioni e, secondo l’opposizione, ha ancora un tale potere che potrebbe essere una sorta di presidente occulto.
Oltretutto, con il fatto che il MAS comincia ad essere unA formazione piuttosto divisa, non è escluso che si formino due o più correnti che sicuramente non gioveranno al governo.
Il nuovo presidente dovrà lavorare con una base di consensi decisamente minore di quella che aveva Morales, in un paese ora praticamente diviso a metà, con ancora forti movimenti cosiddetti “antievisti” pronti a scendere in piazza.
C’è poi il problema del Covid, che oltre alle importanti decisioni che richiederà in campo sanitario, ha inferto un pesante colpo all’economia, che dovrà essere risollevata con adeguate misure strutturali non ancora indicate.
Per il momento nel discorso programmatico Arces ha promesso sussidi immediati per chi è in condizioni di indigenza, oltre al solito richiamo all’unità nazionale e ha annunciato anche un rilancio della collaborazione con gli stati americani aderenti alle unioni economiche, come Unasur ed Alba.
Non di poca importanza è il fatto la crisi economica che ha coinvolto tutto il mondo ha abbassato notevolmente il prezzo delle materie prime di cui la Bolivia è produttrice ed esportatrice e che secondo alcuni erano state alla base della crescita del pil, quindi sarà ancora più difficile far ripartire la macchina economica.
I primi dati sono positivi perché, secondo quanto dichiarato dalla ministra dell’economia del nuovo governo, in un mese la disoccupazione, che nell’ultimo anno era aumentata dal 6% all’11,8%, è già scesa di 4 punti percentuali, ma fare bilanci dopo solo un mese non ha senso, bisognerà attendere almeno un semestre per trarre i primi giudizi.