Bolivia. Morales si dimette, smentito il mandato d’arresto

Dopo giorni di scontri e di violenze per presunti brogli l’ex presidente si ritira a Cochabamba. Arrestati funzionari della Commissione elettorale. Polizia ed esercito ammutinati, Mosca e Caracas denunciano il golpe.

di Guido Keller

Sono ore convulse quelle in Bolivia, dove il presidente Evo Morales si è dimesso ed ha denunciato un mandato d’arresto nei suoi confronti. Tutto è partito dalle elezioni del 20 ottobre, quando Morales con il suo Movimiento al Socialismo (Mas) ha vinto con il 47,08% delle preferenze sull’ex presidente Carlos Mesa, candidato di Comunidad Ciudadana (Cc, 36,51%). Il distacco è stato di poco oltre i 10 punti, sufficienti secondo la Costituzione per non andare al ballottaggio ed essere riconfermato alla guida del paese latinoamericano.
Da subito si è urlato ai brogli, ed in tutta la Bolivia sono scoppiate violente proteste con i manifestanti che hanno occupato i media di stato ed interi reparti della polizia e dei militari che si sono ammutinati, in particolare a Chuquisaca, Tarija, Santa Cruz, Potosí e Oruro.
Morales, e con lui la Russia e il Venezuela, ha parlato di “colpo di stato civile e militare”, di un attacco codardo e selvaggio” alla democrazia “nello stile delle dittature militari”, ma poi ha annunciato la sua decisione di farsi da parte per non far sprofondare il paese nel caos. Se in un primo momento da Cochabamba aveva negato le notizie della sua fuga all’estero affermando di “non voler scappare in quanto non ho rubato nulla”, è partito poi alla volta di Città del Messico, dive ha affermato che “Mi ferisce lasciare il Paese per ragioni politiche, ma sarò sempre vigile. Presto tornerò con più forza ed energia”.
A diffondere la notizia del mandato d’arresto è stato per primo Fernando Camacho, leader dei comitati che hanno portato alle dimissioni di Morales, ma la cosa è stata poi smentita dalle autorità di polizia. Il comandante della polizia nazionale, Yuri Calderón, ha infatti spiegato che “La polizia boliviana non può emettere mandati di cattura”, dal momento che è “una competenza del Pubblico ministero”, per cui “non esiste un mandato di arresto contro funzionari statali come Evo Morales e i suoi ministri”.
Una ventina di alti funzionari legati a Morales si sono rifugiati nell’ambasciata del Messico, ed il ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebra ha fatto sapere la disponibilità a dare rifugio all’ormai ex presidente.
In manette sono invece finiti con l’accusa di corruzione e di brogli la ex presidente e l’ex vicepresidente del Tribunale Supremo Elettorale (Tse), Maria Eugenia Choque e Antonio Costas, nonché alcuni funzionari della Commissione elettorale.
Era stata da subito l’Organizzazione degli Stati americani (Osa) a denunciare evidenti brogli ed irregolarità, ed aveva chiesto nuove elezioni, cosa peraltro accettata dallo stesso Morales ma non dalle opposizioni.

Carlos Mesa. (Foto: Facebook).