Brasile. Il Parlamento salva Temer dall’impeachment

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Per la seconda volta in tre mesi la maggioranza dei deputati brasiliani ha bocciato la proposta delle opposizioni di mettere sotto impeachment il presidente Michel Temer, accusato di corruzione, associazione a delinquere e intralcio alla giustizia.
L’opposizione avrebbe voluto che fosse dato il permesso alla Corte suprema di analizzare le accuse nei confronti di Temer, ma l’iniziativa si è scontrata con 157 deputati della maggioranza che hanno fatto quadrato attorno al presidente.
D’altro canto si sarebbe trattato del secondo caso in un anno, dopo la destituzione nel settembre 2016 di Dilma Rousseff: Temer aveva preso il suo posto, ma va detto che la realtà del Brasile vede il 30 per cento dei parlamentari o indagato o condannato con pena sospesa.
Secondo le informazioni diffuse in passato dal quotidiano Oglobo, il procuratore generale sarebbe in possesso di una registrazione consegnatagli dai fratelli Joesley e Wesley Batista, imprenditori del settore delle carni (22 filiali nel mondo) in cui Temer risulterebbe aver comprato il silenzio del suo vice nel partito, Eduardo Cunha, anch’egli arrestato.
La registrazione del dialogo tra gli imprenditori e il capo dello Stato risale al 7 marzo 2016 in occasione del loro incontro ufficioso presso il palazzo presidenziale Jaburu: uno dei fratelli Batista aveva con sé, oltre al registratore, una valigetta contenente 500 mila reais (circa 150 mila euro), prima tranche di una tangente che sarebbe diventata settimanale per 20 anni e che sarebbe servita per pagare il silenzio di Cunha, mentre i due imprenditori si sarebbero assicurati la protezione del presidente in merito all’inchiesta in corso sulle forniture di carni. Una cifra simile a quella data a Cunha sarebbe stata poi consegnata anche al mediatore Lúcio Funaro, il tutto filmato dagli inquirenti.
La scelta di oggi dei deputati va letta nella volontà di dare stabilità alle istituzioni: l’ex presidente Lula è stato di recente condannato a 9 anni di reclusione (ha presentato ricorso) e all’interdizione dai pubblici uffici, il successore Rousseff è sotto processo e il Brasile non può permettersi il terzo presidente di fila sul banco degli imputati.