Brasile. Indigeni e un giudice contro Bolsonaro

di Paolo Menchi

Nei giorni scorsi è stato divulgato un report redatto dal “Consejo Misionero Indigena” (CIMI), organizzazione legata alla conferenza episcopale brasiliana, secondo il quale, da quando è diventato presidente Bolsonaro, i casi di invasione e sfruttamento dei territori indigeni sono triplicati.
Nel 2021 sono stati denunciati 305 casi di questo tipo in 22 stati del Brasile, contro i 109 del 2018.
Secondo l’organizzazione di protezione indigena “Funai” in Brasile ci sono 697 territori indigeni, ma solo 417 sono riconosciuti ufficialmente mentre gli altri stanno ancora aspettando di essere inseriti nella lista.
Pur ammettendo che il problema era nato ben prima dell’avvento al potere dell’attuale presidente, il CIMI denuncia un netto peggioramento non solo nella quantità, ma anche dal punto di vista della brutalità e violenza attuata contro i popoli nativi, sotto la gestione Bolsonaro, che in verità non ha mai fatto mistero del suo disinteresse per le politiche di protezione ambientale privilegiando sempre il business che garantiscono questi territori.
Vengono citati come esempi le azioni compiute contro i munduruku nello stato del Pará e contro il popolo yanomami negli stati Roraima e Amazonas, dove le violenze e prevaricazioni sono state particolarmente intense.
Il report denuncia come sia in atto da parte del governo e dei suoi alleati anche un tentativo di modificare gli articoli costituzionali che proteggono i territori indigeni e i suoi abitanti.
Nel rapporto viene giustamente evidenziato come quella che sembra sia una lotta che coinvolge solo i popoli indigeni riguardi invece tutti, perché la salvaguardia di questi territori ha conseguenze benefiche per tutto il mondo.
Bolsonaro, che vede calare la sua popolarità di giorno in giorno e che è indietro nei sondaggi rispetto a Lula, suo avversario nelle elezioni presidenziali di ottobre, ha iniziato a mettere le mani avanti ed ha parlato apertamente di probabili brogli durante un suo incontro del 18 luglio scorso alla presenza di diversi ambasciatori, giustificando una sua possibile sconfitta con manovre illegali.
Visto che il video era diventato una sorta di spot che girava su TV Brasil, dietro richiesta del partito di opposizione il giudice del Tribunal Superior Electoral (TSE) de Brasil, Mauro Campbell, ha ordinato il ritiro da ogni piattaforma gestita da TV Brasil del filmato ritenuto “una pratica abusiva per guadagnare voti”.