Brasile. Temer abolisce le riserve naturali per avviare l’estrazione mineraria

di C. Alessandro Mauceri –

Area di campagna elettorale in Brasile per le presidenziali del prossimo anno. Nei giorni scorsi il presidente uscente Michel Temer ha firmato un decreto che prevede l’abolizione del titolo di “riserva naturale” per una vastissima area della foresta amazzonica, denominata National Reserve of Copper and Associates (Renca). Molti sostengono che questa decisione è stata presa anche a seguito delle pressioni delle società minerarie interessate allo sfruttamento della zona. L’area oggetto della misura che copre circa 4.6 milioni di ettari (circa 46mila chilometri quadrati) è grande quasi quanto la Svizzera, si trova tra gli stati di Amapa e Para ed è ricca di minerali come l’oro, lo zinco, il fosfato, il rame e il manganese che interessano le grandi industrie. Il parco comprende nove diverse zone protette, due delle quali sono territori indigeni, in cui l’estrazione mineraria era completamente vietata, più almeno altre quattro zone sembrano essere accessibili alle attività minerarie regolamentate.
La giustificazione addotta dal ministero per l’Estrazione e l’Energia è che le aree forestali protette e le riserve indigene non saranno interessate e la scelta attirerà nuovi investimenti e porterà ricchezza nel paese. Temer ha cercato di giustificare la propria decisione affermando che la scelta servirà a stimolare l’economia del suo paese che è colpito da una delle peggiori crisi economiche dell’ultimo secolo. Dimentica però che Renca era stata creata nel 1984 proprio per impedire che l’attività mineraria colpissero eccessivamente la fauna selvatica e le comunità indigene.
Il decreto chiede ancora “l’applicazione di una legislazione specifica in materia di protezione … di vegetazione nativa, di natura e di aree e zone di confine indigene”. Secondo un rapporto del governo (del 2010), più di due terzi della zona di Renca si trova nello stato di Amapá ed è soggetto a controlli di conservazione o protezioni per le aree indigene che limiterebbero l’attività mineraria. Dopo l’abolizione delle aree protette, verrebbero lasciati “libero” per la ricerca e lo sfruttamento solo il 31% del territorio.
Numerosi ambientalisti hanno messo in guardia sull’eventualità che l’attività mineraria nella zona porterebbe a “esplosioni demografiche, deforestazioni, distruzione delle risorse idriche, perdita di biodiversità e creazione di conflitti territoriali”. Secondo un rapporto del Wwf, la principale area di interesse per l’estrazione di rame e di oro si trova in una delle aree protette, la Riserva Biologica di Maicuru e una corsa all’oro nella regione potrebbe “creare danni irreversibili a queste culture”.