di Giuseppe Gagliano –
In un clima infuocato e tutt’altro che rituale, il Forum parlamentare dei BRICS ha mostrato al mondo la crepa ormai irreparabile nell’ordine internazionale fondato sull’egemonia statunitense. I rappresentanti di quindici Paesi, non più relegati al ruolo di comparse, hanno lanciato un’accusa netta: gli Stati Uniti stanno conducendo una guerra economica contro il sud globale, mascherata da politiche tariffarie e sanzioni unilaterali.
Non è solo un conflitto di interessi commerciali, ma un attacco sistemico alla sovranità degli altri Paesi, volto a mantenere l’occidente in cima a una piramide sempre più instabile. A detta dei BRICS, Washington non si limita a difendere la propria economia, ma sfrutta il commercio internazionale come leva geopolitica per punire, isolare, subordinare.
Negli ultimi mesi gli Stati Uniti hanno moltiplicato le restrizioni su esportazioni strategiche provenienti da Asia e America Latina. Tariffe punitive, embarghi tecnologici, minacce su mercati finanziari. Il tutto motivato con argomenti di sicurezza nazionale, ma spesso con finalità chiaramente protezionistiche. Una strategia, questa, che ha scardinato quel multilateralismo liberale tanto predicato a parole quanto ignorato nei fatti.
“Le misure unilaterali americane violano le regole del WTO”, ha denunciato il senatore brasiliano Nelsinho Trad. E ha ragione: gli Usa, che un tempo predicavano la globalizzazione, oggi la calpestano, ogni volta che non serve più i loro interessi. Il libero mercato, in fondo, è libero solo finché l’America vince.
Ma qualcosa è cambiato. I BRICS non sono più un acronimo astratto o un progetto simbolico. Sono una realtà politica. Con l’ingresso di Paesi come Egitto, Indonesia, Emirati Arabi Uniti, si trasformano in una piattaforma strutturata di cooperazione economica e politica, fondata su un principio chiave: la sovranità nazionale come risposta ai diktat occidentali.
Il parlamentare cinese Wang Ke lo ha detto chiaramente che “I BRICS sono la spina dorsale della cooperazione del sud globale”. E lo sono, anche se le cancellerie europee fanno finta di non accorgersene. Mentre i media occidentali inseguono scandali effimeri e gossip geopolitici, il centro di gravità mondiale si sposta silenziosamente verso est e sud.
Al cuore di questo spostamento c’è un nodo essenziale: il dollaro. I BRICS stanno abbandonando progressivamente la divisa americana come valuta di riferimento. Gli scambi commerciali tra Russia e Cina, tra India ed Emirati, avvengono sempre più spesso in valute locali. Il risultato? L’erosione del principale strumento di potere dell’America: la capacità di stampare moneta globale senza contropartita produttiva.
Il giorno in cui il dollaro non sarà più il centro nevralgico del commercio mondiale, l’intero impianto imperiale statunitense perderà gravità. E i BRICS stanno accelerando questa transizione, con discrezione ma con determinazione.
Nella sua ostinazione a imporre barriere, l’America non fa che avvicinare i propri avversari. Russia, Cina, India, Brasile: Paesi che storicamente hanno avuto divergenze profonde, oggi si ritrovano accomunati da una stessa esigenza, cioè resistere al ricatto economico occidentale. È il paradosso della geopolitica: la pressione dell’egemone produce esattamente ciò che vorrebbe impedire, cioè la nascita di un blocco antagonista e coeso.
L’Europa invece appare ipnotizzata dalla sua stessa decadenza. Invece di cogliere l’occasione per ridefinire la propria autonomia strategica, si aggrappa a un’alleanza atlantica sempre più anacronistica. I leader europei parlano di “valori”, mentre vendono il gas alla Russia, comprano tecnologia dalla Cina e chiedono finanziamenti al Qatar.
I BRICS non sono il nemico. Sono l’opportunità. La possibilità, per chi non accetta più il vassallaggio, di costruire una nuova architettura internazionale fondata sul rispetto reciproco, sugli scambi equilibrati, sulla sovranità reale.
La Francia, e con essa l’Europa, ha di fronte un bivio storico: continuare a servire un impero in declino, o ritrovare la propria voce nel concerto delle nazioni. I BRICS, con la loro forza silenziosa ma inarrestabile, indicano la via: quella della multipolarità, della resistenza alla finanziarizzazione egemonica, del ritorno al reale.
Un nuovo ordine mondiale si annuncia. Ed è già cominciato.