Cambiamenti climatici: serve il sostegno ai paesi in difficoltà

di C. Alessandro Mauceri

I danni causati dai cambiamenti climatici nei primi sei mesi del 2022 sono impressionanti. Inondazioni, incendi e tempeste hanno causato perdite per oltre 65 miliardi di dollari. Questo senza contare i costi in termini di vite umane: secondo i dati ufficiali, sarebbero almeno 4.300 le persone che hanno perso la vita a causa di disastri naturali, solo nella prima metà del 2022, ma in questo conteggio sono inclusi anche cause di morte legati ad eventi, come i terremoti, che non sono direttamente legati ai cambiamenti climatici. Più che negli anni precedenti.
Costi non indifferenti che gravano anche sulle assicurazioni e sui relativi premi, le quali ovviamente dedicano grande attenzione a questi “numeri”. Secondo un rapporto di Munich Re, “Il quadro delle catastrofi naturali per la prima metà del 2022 è dominato dalle catastrofi meteorologiche. I tornado estremi negli Stati Uniti hanno causato miliardi di danni, parti della costa orientale dell’Australia sono state sommerse da inondazioni e l’Europa meridionale ha lottato con il caldo estremo, gli incendi e la siccità”. Torsten Jeworrek, referente di Munich Re, ha dichiarato che per gli assicuratori è importante adattare modelli di rischio per valutare questi cambiamenti.
Il disastro più “costoso” in termini di danni assicurati sarebbe avvenuto in Australia: durante la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno australe, l’Australia orientale ha subito piogge estreme e inondazioni che hanno causato danni per 6,6 miliardi di dollari. Complessivamente però quasi metà dei danni causati dai cambiamenti ambientali nei primi sei mesi del 2022 (e quasi due terzi dei danni assicurati – 19 miliardi di dollari) sono avvenuti negli USA. “Una serie di forti temporali con tornado è stata la causa principale di queste perdite. Un unico fronte temporalesco che ha prodotto tornado all’inizio di aprile ha distrutto asset per oltre 3 miliardi di dollari, tre quarti dei quali assicurati, un perfetto esempio di come un’elevata densità assicurativa possa aiutare ad assorbire gli shock economici dei disastri naturali”. Nella prima metà dell’anno, solo i temporali avvenuti negli Stati Uniti hanno causato danni per un totale di 22 miliardi di dollari, con danni assicurati per 17 miliardi di dollari.
Come per molti altri settori, si pensi ad esempio alla mancanza di identità legalmente riconosciuta, è sorprendente che a calcolare gli effetti di certi fenomeni non siano i governi o altri enti magari legati alla sicurezza delle persone, bensì le compagnie assicurative o le banche.
Unica eccezione, tra le autorità internazionali, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Lo ha fatto pochi giorni fa, nel suo discorso al Global Crisis Response Group (GCRG) on Food, Energy and Finance. Guterres ha dichiarato che “Mentre la guerra in Ucraina continua a imperversare, i prezzi dell’energia alle stelle stanno aggravando una crisi esistenziale del costo della vita per centinaia di milioni di persone”. Guterres non ha parlato direttamente dei danni causati dai cambiamenti climatici ma, in generale, della possibilità di tassare gli utili delle aziende che hanno fatto affari miliardari i quello che si può fare tassando le aziende collegate a settori strettamente collegati con questo settore: “È immorale che le principali compagnie petrolifere e del gas riportino profitti record, mentre i prezzi salgono alle stelle”. “Nel primo trimestre di quest’anno, i profitti combinati delle più grandi compagnie energetiche sono stati vicini ai 100 miliardi di dollari”, ha dichiarato Guterres. Per questo, secondo il Segretario generale delle Nazioni Unite, i governi dovrebbero “tassare questi profitti eccessivi e utilizzare i fondi raccolti per sostenere le persone più vulnerabili in questi tempi difficili”.
Perchè Guterres ha parlato di un tema così scottante? E perché con tante determinazione? La spiegazione viene dal luogo in cui ha fatto queste dichiarazioni: scopo del GCRG è anche “trovare finanziamenti efficaci per soluzioni energetiche, come trasferimenti di denaro finanziati pubblicamente e politiche di sconti per proteggere le comunità vulnerabili, comprese tasse eccezionali sulle più grandi compagnie petrolifere e del gas, sostenendo anche una transizione verso energie rinnovabili più economiche”.
Secondo i dati emersi durante l’ultimo incontro, l’aumento dei costi dell’energia potrebbe avere conseguenze molto serie per i paesi in via di sviluppo e proprio nel settore energetico: “Dopo la pandemia di Covid-19, i paesi che stanno già sopportando il peso maggiore della crisi del costo della vita, continuano a incontrare grandi difficoltà nell’accesso all’energia a prezzi accessibili”. Una “corsa al carburante” che pone i paesi ricchi in condizioni di vantaggio rispetto ai paesi in via di sviluppo e che farà aumentare il gap esistente, a livello globale, con conseguenze facilmente immaginabili. In termini di disagio, di crescita (mancata) e di problemi sociali, si pensi al fenomeno dei migranti.
Per evitare tutto questo, secondo le Nazioni unite i governi devono adottate politiche fiscali finalizzate ad aiutare le popolazioni più vulnerabili ed evitare che i livelli di povertà energetica (e non solo) raggiungano livelli pericolosi). Secondo Guterres, “Per i paesi in via di sviluppo non mancano le ragioni per investire nelle rinnovabili. Molti di loro stanno vivendo il grave impatto della crisi climatica, tra cui tempeste, inondazioni e siccità. Quello che manca loro sono opzioni concrete e praticabili”. “La guerra in Ucraina e la crisi energetica globale che ha causato – è stato dichiarato al GCRG – ricordano che, per una transizione verso le energie rinnovabili, sono necessarie la resilienza energetica e una spinta più forte”. Come ha ribadito il segretario delle Nazioni Unite, “devono essere messe in atto e rese prontamente disponibili politiche che includano misure di protezione sociale per le persone colpite dalla transizione e materiali per sostenere le energie rinnovabili”.
A fargli eco Rebeca Grynspan, segretaria generale dell’United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD) e brief coordinator del GCRG: è necessario “aumentare i finanziamenti e il trasferimento di tecnologia per i paesi in via di sviluppo e per i poveri di energia nel mondo”. “In molti paesi, le energie rinnovabili spesso sono la fonte di elettricità più economica e più rapida da implementare. Ma questo è vero solo se garantiamo che le catene di approvvigionamento funzionino bene e senza colli di bottiglia; che la forza lavoro abbia le giuste competenze e che saranno messi a disposizione fondi sufficienti per gli investimenti iniziali”. Investimenti che avrebbero conseguenze rilevanti anche sul profilo occupazionale: “Entro il 2030 un’ambiziosa transizione alle energie rinnovabili potrebbe creare altri 85 milioni di posti di lavoro nei settori delle energie rinnovabili e di altri legati alla transizione energetica. E la produzione di energia rinnovabile è spesso l’opzione più economica, con i tempi di installazione più brevi grazie all’attuale sviluppo tecnologico, e fornisce ai Paesi sicurezza energetica, riducendo al contempo l’esposizione futura alla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili”.
Programmi che però finirebbero per rendere questi paesi più indipendenti e meno schiavi dei paesi industrializzati.
Motivo per cui difficilmente le grandi multinazionali del petrolio (e i governi) accoglieranno l’invito di Guterres e rinunceranno ai loro utili miliardari.