Canada. La gendarmeria contro i nativi che protestano per l’oleodotto

di Gianni Sartori

Dal 5 febbraio la Gendarmeria reale del Canada ha è entrata nel territorio della minoranza indigena Wet’suwet’en per espellere con la forza i militanti che difendono le proprie aree opponendosi al progetto della TC Energy, che vorrebbe costruire un oleodotto nel nord della Columbia-Britannica. La lunghezza della tubazione è di 670 km, ed ha lo scopo di trasportare gas ottenuto con il sistema, devastante e inquinante dal punto di vista ambientale, della fratturazione idraulica (hydrofracking).
Tra gli ecologisti e i nativi, che praticavano forme di resistenza sostanzialmente pacifica, si registrano già numerosi arresti: sei il 6 febbraio, poi rimessi in libertà dato che non si trovavano reati loro imputabili; quattro il 7 febbraio, la cui prima udienza dovrebbe svolgersi nei prossimo giorni; undici l’8 febbraio, ma non ci sono notizie su quanto ci sarà l’eventuale processo.
Successivamente, il 10 febbraio, la Gendarmeria reale è pemetrata anche nel territorio del popolo Unist’ot’en e arrestato tre donne, leader della loro comunità nella qualesi conserva un sistema tradizionale matrilineare. L’operazione di polizia è avvenuta mentre si svolgeva una cerimonia in memoria delle donne autoctone rapite e assassinate. Avvocati e osservatori internazionali qui presenti per vigilare sull’operato delle forze dell’ordine sono stati immediatamente espulsi. Nei giorni immediatamente successivi, dovunque nel Canada sono state organizzate iniziative di solidarietà verso le popolazioni native e contro la repressione. Dal giorno 11 febbraio numerosi porti, ferrovie, ponti, strade e autostrade vengono bloccati con raduni, manifestazioni e barricate. Contemporaneamente sono stati occupati anche alcuni commissariati e una banca.