CELAC. Nessuna decisione concreta dai leader della regione sul futuro geopolitico dell’OAS

di Alberto Galvi

Per il sesto vertice dei capi di Stato e di governo della CELAC (Community of Latin American and Caribbean States), si sono riuniti a Città del Messico i leader e i rappresentanti di oltre 30 Paesi tra cui i leader di sinistra recentemente eletti dell’Argentina, Costarica, Ecuador, Uruguay, Bolivia, Cuba, Perù. La CELAC è un organismo regionale che il defunto presidente del Venezuela Hugo Chavez aveva contribuito a creare nel 2011.
In questa edizione insieme al presidente messicano Andrés Manuel López Obrador erano presenti il peruviano Pedro Castillo, il boliviano Luis Arce e l’argentino Alberto Fernández. I leader della CELAC hanno discusso la risposta della regione alla pandemia e la creazione di un fondo per rispondere ai disastri derivati dal cambiamento climatico.
In qualità di presidente pro tempore della CELAC, Obrador ha spinto per una proposta unificata per sostituire l’OAS (Organization of American States): alcuni membri della CELAC vedono l’OAS come uno strumento in mano degli Usa, per cui ritengono necessario un nuovo organismo per rappresentare i paesi della regione.
Il presidente messicano ha tuttavia considerato prioritario mantenere buoni rapporti con gli Usa. Ciò che i capi di Stato e di governo della CELAC hanno deciso sarà presentato agli Usa e al Canada durante il primo semestre del 2022 con l’obiettivo di rafforzare il mercato interno del continente, che è in deficit con Europa e Asia.
Sebbene vari leader di sinistra abbiano proposto di sostituire l’OAS, non c’è stato consenso tra i 31 paesi per approvarne la sostituzione.
I leader presenti al vertice hanno deciso che è prioritario riattivare presto le economie dei paesi della regione attraverso il l’autodeterminazione dei popoli, la cooperazione allo sviluppo e il mutuo aiuto per combattere le disuguaglianze e le discriminazioni in un continente ricco di risorse naturali e con un’ampia diversità culturale.