Cile. Dal 2023 sarà recessione

di Paolo Menchi

In tutto il mondo le prospettive economiche non sono molto incoraggianti e tra la guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’inflazione galoppante ed i tassi di interesse in forte crescita, le previsioni di crescita per il prossimo anno sono piuttosto basse anche in America Latina.
Ma per il Cile le previsioni sono ancora peggiori perché, in questo caso, non si parla di crescita ma addirittura di contrazione di circa l’1 per cento.
Il Cile è stato il primo Paese ad aumentare i tassi di interesse, attualmente all’11,25%, terzo valore più alto della regione, dopo Brasile e Argentina, come misura per controllare l’inflazione, che ha però avuto la conseguenza di ridurre la crescita, visto che in questo modo si abbassa l’accesso al credito sia per i privati che per le imprese e si contraggono i consumi.
I problemi del Cile, il principale produttore mondiale di rame, nascono anche dalla decelerazione dello sviluppo della Cina, il principale partner commerciale, che richiede meno forniture.
A differenza del petrolio, il rame ha avuto un prezzo fluttuante e non ha permesso grosse entrate aggiuntive nemmeno nei periodi migliori.
Il presidente Boric, eletto da pochi mesi, che ha in agenda una serie di interventi sociali piuttosto dispendiosi, ha sempre dichiarato di non voler finanziare tali misure con un aumento del debito pubblico, ma attraverso una riforma fiscale che è attualmente dibattuta in parlamento.
In questo caso si può parlare di un progetto che nel futuro non potrà che avere conseguenze positive, ma che nell’immediato rallenta la crescita.
Non sarà facile trovare un accordo visto il clima politico teso conseguente all’esito del referendum che ha bocciato la bozza di nuova costituzione.
Ogni riforma di cui si discute in questo momento si interseca con le discussioni relative a come dovrebbe essere impostata la nuova costituzione, che dovrà essere riscritta e sottoposta nuovamente a referendum; quindi, anche la più piccola riforma rischia di essere coinvolta in questioni ideologiche che sicuramente non accelerano i tempi di approvazione.
Per il momento i tassi alti non hanno portato grossi benefici all’inflazione, che ad agosto ha raggiunto il 14,1% (la più alta degli ultimi trent’anni), anche se attualmente è scesa al 13,7%, ma ha avuto effetto solo sui salari che hanno visto diminuire il loro potere di acquisto.
È comunque bene sempre precisare che, immediatamente dopo la pandemia, il Cile era stato il paese con la maggiore crescita economica della zona e che un rallentamento può essere considerato fisiologico, e soprattutto che non si possono invidiare genericamente i tassi di crescita degli altri, senza indagare sulla singola economia.
Da questo punto di vista non è pensabile che una nazione come il Cile possa essere considerata peggiore del Venezuela, il cui il tasso di crescita previsto per il 2023 è del 6,5%, il più alto della regione.