Cile. In attesa della Costituente continuano le tensioni

di Paolo Menchi

Nonostante il Cile sia in un momento di stallo, in attesa della composizione dell’Assemblea costituente chiamata a riscrivere la Costituzione, non mancano le tensioni a causa anche di alcuni atteggiamenti del presidente Piñera ai limiti del provocatorio.
Tutto era iniziato nel mese di ottobre dello scorso anno quando ci furono delle violente proteste di piazza a seguito dell’aumento del prezzo dei biglietti della metropolitana, il più alto di tutto il Sudamerica, goccia che fece traboccare il vaso in una società dove ancora ci sono ampie differenze tra le classi sociali, non solo in relazione al reddito, ma soprattutto riguardo l’accesso ai servizi fondamentali, rimasto invariato dai tempi della dittatura.
Pinochet aveva privatizzato tutti gli istituti scolastici superiori, l’accesso all’università era ed è rimasto molto difficile per chi ha redditi medio bassi, anche la sanità è gestita privatamente e, per quanto riguarda le pensioni, durante il regime era stato abolito il sistema pubblico e solidale di pensionamento per gli anziani e fu creato l’Afp, un sistema che raggruppa alcune aziende private finanziate totalmente dai lavoratori.
La risposta del governo fu molto violenta con proclamazione dello stato di emergenza, coprifuoco e decine di carri armati nelle strade, davvero un cattivo ricordo per chi aveva vissuto il tragico golpe del 1973 e, anche grazie agli abusi dei “Carabineros”, già contestati in passato per la loro violenza, il bilancio fu di 30 morti e di migliaia di feriti.
Piñera si rese conto della gravità di quanto successe e chiese scusa per non aver compreso lo stato di malessere della popolazione e fece un rimpasto di governo cambiando otto ministri.
Anche la concessione di un referendum per stabilire se cambiare o meno la costituzione introdotta nel 1980 da Pinochet fu un atto condizionato dalla consapevolezza di un forte disagio che serpeggiava nel paese.
È cronaca recente (Ottobre scorso) la vittoria schiacciante con oltre il 78% dei consensi alla modifica della costituzione, così come ha vinto l’opzione di scegliere il 100% dei membri dell’Assemblea costituente con nomina popolare e non con il 50% di parlamentari come proposto dal secondo quesito referendario.
Le elezioni si terranno nell’Aprile 2021 e da maggio inizieranno i lavori che dovranno poi essere ratificati con voto popolare, entro la primavera del 2022.
Ma il paese non si è calmato in attesa di queste date e continuano le manifestazioni per chiedere le dimissioni del presidente, ormai poco credibile.
Non è piaciuto che ad aprile scorso fossero beneficiari dell’indulto (per diminuire l’affollamento delle carceri in periodo di Covid) anche i condannati per crimini contro l’umanità per fatti commessi durante la dittatura, così come, a maggio, è parso provocatorio nominare ministro delle Pari opportunità la nipote di Pinochet, Macarena Santelices, che in più occasioni aveva difeso la dittatura del nonno.
Inoltre, alla richiesta di perdonare coloro che erano stati arrestati nel corso delle manifestazioni dell’autunno 2019 Piñera, oltre a rispondere negativamente, ha anche dichiarato che avrebbe messo diritto di veto ad una eventuale legge in tal senso.
Mostrare maggiore apertura avrebbe contribuito a pacificare gli animi e a mostrare che le scuse che il presidente aveva chiesto un anno fa erano sincere, cosa molto dubbia visto che i Carabineros, nonostante numerose denunce di violazione dei diritti umani anche da parte di organizzazioni internazionali come  Human Rights Watch e Amnesty International, non avevano subito alcun provvedimento da parte del governo fino al 19 Novembre scorso, quando il direttore nazionale Rocas è stato destituito dopo che un agente aveva sparato a due minorenni in un orfanotrofio ed è diventato indifendibile.