Cile. Nel suo primo atto Boric aderisce a un trattato ambientalista

di Paolo Menchi

Sono passati solo pochi giorni dal suo insediamento, ma il nuovo presidente del Cile Gabriel Boric vuole subito dimostrare di mettere in pratica i principi a cui si ispira e su cui si è basata la campagna elettorale che gli ha permesso di vincere le elezioni.
Tra i temi principali c’erano il raggiungimento della parità di genere, il rispetto e l’appoggio per le persone più deboli, la tutela dei diritti umani e la salvaguardia ambientale.
Già con la creazione di un governo con ministri a maggioranza femminile e con un’età media complessiva molto bassa Boric aveva voluto dare un segnale, ma che il suo primo atto da presidente fosse quello di firmare un accordo a livello ambientale è ancora più significativo di come voglia dimostrare che il suo governo abbia tra gli obiettivi fondamentali il rispetto e la tutela dell’ambiente.
Il patto che ora è stato firmato anche dal Cile è il trattato internazionale di Escazù, ratificato da 24 paesi di America Latina e Caraibi, nato per garantire l’accesso ai diritti ambientali e a proteggere gli attivisti che spesso vengono uccisi dalla potenti organizzazioni che lucrano con lo sfruttamento illegale delle risorse naturali, a discapito della popolazione che vive nelle zone interessate in primis, ma anche di tutti gli altri che vedono depauperare e distruggere un ecosistema ricchissimo di biodiversità.
Il trattato, voluto dall’Onu nel 2012 dopo la conferenza sullo sviluppo sostenibile, in un primo momento era stato discusso dal primo governo Piñera, che sembrava potesse ratificarlo nel 2014, ma poi a causa delle pressioni degli industriali, in particolare del settore minerario, il Cile non entrò più a far parte del gruppo dei paesi firmatari.
La ratifica, che avviene in un momento di congiuntura internazionale in cui la necessità di trovare nuove risorse energetiche a tutti i costi rischia di vanificare anni di accordi per evitare l’utilizzo delle risorse più inquinanti, era per Boric un atto assolutamente necessario e, per evidenziare l’interesse del suo governo per la materia, durante la firma ha voluto al suo fianco la ministra degli Esteri Antonia Urrejola e quella per l’ambiente Maisa Rojas.
La novità dell’accordo è che, oltre alle politiche ambientali condivise, c’è anche una parte che detta le regole per proteggere i numerosi attivisti che rischiano giornalmente la vita per denunciare i soprusi ambientali e che spesso vengono uccisi, a volte diventando simboli di lotta come il brasiliano Chico Mendes o la leader indigena ecuadoriana Berta Ceceres, ma molto spesso restando nell’anonimato.
Applaudita dai settori progressisti del parlamento, l’adesione all’accordo è stata criticata dalla destra che teme possa rallentare la ripresa economica e provocare conflitti con gli altri paesi.