di Giuseppe Gagliano –
Il governo cinese ha reso nota l’erogazione di oltre 9 miliardi di dollari in crediti all’America Latina e ai Caraibi. L’annuncio è arrivato a seguito del Forum Cina-CELAC di ieri, un’iniziativa che si inserisce in un disegno geopolitico ed economico ben definito, mirato a consolidare l’influenza della Cina in una regione storicamente sotto l’egida degli Stati Uniti. Questa mossa riflette un approccio multidimensionale, che combina interessi economici, diplomatici e strategici, con l’obiettivo di ridefinire gli equilibri globali a favore di Pechino.
Competizione geopolitica con gli Stati Uniti La Cina vede l’America Latina come un’arena chiave per sfidare l’egemonia statunitense. Offrendo crediti e investimenti infrastrutturali, Pechino si posiziona come un partner alternativo, capace di fornire risorse senza le condizionalità politiche spesso associate agli aiuti occidentali. Questo approccio si scontra con gli interessi di Washington, che, dopo anni di tensioni commerciali e politiche nella regione, fatica a mantenere la propria influenza. La partecipazione di leader come Lula, Boric e Petro al Forum Cina-CELAC segnala una crescente apertura dei governi latinoamericani verso Pechino, anche in un contesto di competizione tra superpotenze.
L’America Latina è cruciale per la Cina come fonte di materie prime (soia, minerali, petrolio) e mercato per le sue esportazioni. Il volume degli scambi, cresciuto dai 12 miliardi di dollari nel 2000 ai 515 miliardi nel 2024, evidenzia l’importanza della regione per l’economia cinese. Gli investimenti in infrastrutture e i crediti in yuan facilitano l’accesso ai mercati locali, rafforzano le catene di approvvigionamento e incentivano le esportazioni agricole e minerarie verso la Cina. Il Brasile, in particolare, rappresenta un pilastro di questa strategia, con quasi la metà delle esportazioni regionali dirette a Pechino.
La scelta di denominare i crediti in yuan anziché in dollari è un elemento centrale della strategia cinese. Questo non solo promuove l’uso della valuta cinese nelle transazioni globali, ma offre ai Paesi latinoamericani, spesso gravati da debiti in dollari, un’alternativa più flessibile. Tale mossa si inserisce nel più ampio obiettivo di Pechino di ridurre la dipendenza dal dollaro e di rafforzare il ruolo dello yuan come valuta di riserva internazionale, in un contesto di crescente dedollarizzazione.
Un altro aspetto strategico è la riduzione dell’influenza di Taiwan nella regione. Sette dei dodici Paesi che riconoscono Taipei si trovano in America Latina e nei Caraibi. La presenza di Haiti e Santa Lucia al Forum, nonostante i loro legami con Taiwan, suggerisce che la Cina stia utilizzando incentivi economici per spingere questi Stati a riconsiderare le loro alleanze diplomatiche, in linea con la politica di “una sola Cina”.
Xi Jinping ha presentato l’iniziativa come una partnership tra “membri importanti del Sud globale”, promuovendo una narrazione di solidarietà tra Paesi in via di sviluppo. Questo approccio mira a costruire consenso politico e a legittimare la presenza cinese come alternativa non imperialista agli Stati Uniti e all’Europa. Tuttavia, come sottolineato da Lula, i Paesi latinoamericani devono bilanciare la cooperazione con la Cina per evitare una nuova forma di dipendenza economica.
La Cina adotta un approccio pragmatico, investendo in settori strategici (agricoltura, energia, tecnologia) e diversificando i rischi attraverso accordi bilaterali, come quelli firmati con il Brasile su energia nucleare e cooperazione scientifica. Il piano d’azione congiunto 2025-2027 e l’esenzione dai visti per alcuni Paesi rafforzano ulteriormente i legami economici, culturali e diplomatici, creando una rete di interdipendenze favorevoli a Pechino.
Nonostante i vantaggi, la strategia cinese presenta rischi. L’indebitamento dei Paesi latinoamericani in yuan potrebbe generare dipendenze economiche, come già osservato in alcuni progetti della Belt and Road Initiative. Inoltre, la competizione con gli Stati Uniti potrebbe innescare reazioni, come pressioni diplomatiche o economiche da parte di Washington. Infine, la necessità di mantenere un equilibrio tra cooperazione e autonomia, come evidenziato da Lula, rappresenta una sfida per i governi della regione.
In sintesi, l’iniziativa cinese in America Latina è un’abile combinazione di pragmatismo economico, ambizione geopolitica e diplomazia strategica. Pechino punta a consolidare la propria presenza in un’area chiave del “Sud globale”, sfidando gli Stati Uniti, promuovendo lo yuan e costruendo alleanze durature, pur dovendo navigare le complessità di una regione che cerca di affermare la propria autonomia.