Cina. Miracolo o ‘inferno’ economico?

di Enrico Oliari –

Lo sviluppo economico in Cina, che continua ad essere caratterizzato da una crescita unica al mondo, lascia sempre più trapelare le debolezze di un paese solo teoricamente guidato da un monocolore socialista, ma realmente assai propenso a considerare assai più il denaro e assai poco l’individuo.
E così, man mano che la Pil cresce, si moltiplicano gli scioperi dei lavoratori delle corporation internazionali che hanno delocalizzato in Cina, stanchi di essere sfruttati come schiavi.
I problemi principali si avvertono in particolare nella provincia del Guangdon, dove già in passato gli operai e i tecnici delle grandi aziende si sono fermati per dire la loro sulle paghe da fame, sulle 5 ore di straordinario obbligatorio non pagato al giorno, sulla malattia che comporta il licenziamento e sulle ferie inesistenti.
“I dipendenti dei fornitori cinesi della Apple lavorano in condizioni deplorevoli”, ha denunciato stamane l’organizzazione China Labor Watch, dopo uno studio durato mesi fatto con impiegati sotto copertura in 10 stabilimenti, dal quale è risultato “un ambiente di lavoro nocivo e dannoso, con lunghi orari di lavoro mal pagati”.
La stessa Apple (quella degli Ipod, dei Mac e degli Iphone, per intenderci) aveva autorizzato una ricerca simile pochi mesi fa in altri suoi stabilimenti in Cina, dove era risultato un ricorso eccessivo al lavoro straordinario, con retribuzioni ridicole.
Nella giornata di ieri sono scoppiati disordini da parte dei lavoratori a Shaxi, nella città di Zhongshan, dove ai manifestanti se ne sono uniti altri provenienti da Guangzhou, Foshan e Jiangmen: sono stati bruciati negozi, migliaia di auto e persino la stazione di Zhongshan Fuhua e il municipio della città.
Lo sviluppo cinese si tira dietro anche i vizi di un boom senza regole: in questi giorni migliaia di persone sono scese in strada e hanno circondato gli edifici governativi della stessa provincia del Guangdong per protestare contro la perdita dei loro terreni agricoli, che sarebbero stati venduti da funzionari locali corrotti o sottoposti a ipoteca, come pure per l’inquinamento prodotto da una cartiera. Quest’ultimo problema in Cina si sta rivelando di giorno in giorno più preoccupante, in quanto le acque, l’aria ed i terreni dell’oltre miliardo e 300 milioni di cinesi stanno sempre più soffrendo per un’industrializzazione senza regole ecologiche, tanto che la presenza sopra le città di nubi altamente nocive è data ormai come un dato fisiologico.
Inoltre è esploso l’ennesimo maxi-scandalo degli alimentari inquinati, ‘arricchiti’ con metalli di ogni ordine e grado, tanto che per i prodotti al gusto di piombo si sono verificati numerosi casi di bambini che hanno perso i capelli.
Sfruttamento dei lavoratori, poca considerazione per l’individuo, settore sociale distrutto, inquinamento dilagante: forse non è un caso che il ‘miracolo cinese’ stia segnando il passo e se colossi del calibro di Ikea stanno riportando la produzione nel Vecchio continente, con un miliardo di investimenti in Italia.