COLOMBIA E VENEZUELA, “FRATELLI SIAMESI SEPARATI ALLA NASCITA”

di Paolo Menchi –

Al termine delle guerre di indipendenza, nel 1819 Simon Bolivar riuscì a creare lo stato che oggi chiamiamo la Gran Colombia, che comprendeva le attuali Colombia, Venezuela, Ecuador e Panama, che poi si divisero nel 1831, una volta che la minaccia spagnola di riconquista era sfumata.
È soprattutto tra Venezuela e Colombia che è continuato un forte legame, anche se con il tempo è cambiato il rapporto di forza tra le due nazioni.
Per molti anni, grazie ai giacimenti petroliferi, il Venezuela è stata la nazione ricca mentre i colombiani erano devastati dalla povertà e dalla violenza e un grande flusso migratorio ha visto migliaia di persone spostarsi nel paese vicino in cerca di lavoro, tanto che era normale trovare nelle famiglie venezuelane più ricche la domestica colombiana. I venezuelani dimostrarono grande solidarietà e capacità di accogliere le persone di una nazione considerata una sorta di sorella minore.
I colombiani hanno mantenuto per anni una sorta di ammirazione e un complesso di inferiorità nei confronti dei vicini dei quali invidiavano l’opulenza delle città, i grandi centri commerciali e le spiagge esclusive, nonostante il loro paese stesse facendo notevoli progressi sociali e avesse una buona crescita economica, favorita anche dalla nascita e dallo sviluppo del turismo, cosa che in Venezuela è sempre stata scarsa e limitata a certe zone come la Isla Margarita e Los Roques.
Negli ultimi anni la profonda crisi politica ed economica che ha investito il Venezuela ha invertito i ruoli ed il flusso di migranti è andato in direzione opposta ed in maniera molto più massiccia, si calcola infatti che oltre due milioni di persone sia emigrato verso la Colombia ma, se a livello istituzionale è stato fatto certamente un grande sforzo per accogliere così tante persone, a livello popolare non si può dire che ci sia stata una calorosa accoglienza.
Il rapporto tra le due nazioni e il cambiamento verificatosi negli ultimi anni è stato recentemente analizzato in un libro della scrittrice e giornalista colombiana Melba Escobar (“Cuando éramos felices pero no lo sabíamos “) non ancora uscito in Italia, nel quale ha riassunto alcune interessanti conclusioni, in parte riportate in una recente intervista concessa alla BBC.
Innanzitutto la Escobar critica i suoi connazionali per la loro mentalità non aperta all’immigrazione, spiegandolo con ragioni storiche e culturali, visto che la Colombia non era mai stata una terra promessa per le persone che se ne andavano dai loro paesi di origine, a differenza di quanto avvenuto in Venezuela, che aveva costruito la sua ricchezza anche grazie all’enorme afflusso di persone arrivate anche da molto lontano (da Italia e Spagna in particolare), che ha reso i venezuelani mentalmente molto aperti verso chi viene da fuori.
Colombia e Venezuela vengono definiti dalla Escobar dei fratelli siamesi separati alla nascita, soprattutto quelli che vivono nelle zone caraibiche sono molto simili sotto molti punti di vista, la grande differenza è che in Venezuela c’era la ricchezza derivante dal petrolio mentre in Colombia c’era la guerra.
La scrittrice segnala anche che i venezuelani si sono fatti la fama di persone che “non sono abituate a lavorare “semplicemente perché non accettano lavori con orari anche di 18 ore giornaliere o in condizioni di quasi schiavitù, come facevano i colombiani quando emigravano, proprio perché vengono da una realtà completamente diversa. Il titolo del libro la dice lunga e riprende una frase molto utilizzata oggi in Venezuela “Eravamo felici ma non lo sapevamo”
Questa era la grossa differenza: le classi sociali venezuelane più umili si potevano permettere anche le vacanze mentre quelle della Colombia dovevano accettare di tutto per sopravvivere ed ora si aspettano che i nuovi poveri provenienti da oltre confine facciano altrettanto. L’autista di autobus venezuelano poteva andare in vacanza in Florida, cosa assolutamente fuori portata per il suo omologo colombiano.
Come cantava Mercedes Sosa “Todo cambia”.