Colombia. Petro in cerca dei risultati oltre 100 giorni

di Paolo Menchi

Non si sa bene come sia nata la cosa, ma ormai in qualsiasi parte del mondo, quando un nuovo governo entra in carica, sembra sia particolarmente importante il bilancio che viene redatto dopo cento giorni, come se fosse un giro di boa particolarmente significativo, anche se in realtà è solo un modo per cercare di dimostrare che le promesse della campagna elettorale vengono subito attuate, o meglio iniziate, visto il poco tempo disponibile.
Se si considera che l’elezione di Petro in Colombia è stato un fatto storico che ha portato per la prima volta un esponente della sinistra ad essere eletto presidente, è possibile comprendere l’attivismo che sta accompagnando le prime settimane di vita del nuovo esecutivo e le dichiarazioni programmatiche effettuate in varie occasioni da Petro, che si prefigge obiettivi molto alti.
Non va dimenticato che in fase di campagna elettorale era stato coniato il termine di “petrofobia” per indicare la diffidenza verso un ex guerrigliero che aveva lasciato il mitra per poi arrivare a candidarsi alla più importante carica istituzionale.
Proprio per combattere questa sfiducia da parte di alcuni strati della popolazione, il programma di Petro era stato particolarmente dettagliato ed aveva toccato le più disparate tematiche, dai rapporti internazionali al cambiamento climatico, alla tutela dell’Amazzonia.
In solo un mese e mezzo di vita il nuovo governo ha annunciato ben sette riforme per rimarcare il nuovo attivismo, in contrapposizione all’immobilismo del vecchio esecutivo.
Innanzitutto Petro si è impegnato a far terminare il conflitto interno armato che le due organizzazioni guerrigliere delle Farc e del ELN stanno portando avanti da oltre mezzo secolo, solo parzialmente risolto con un accordo che aveva sottoscritto l’ex presidente Santos con le Farc alcuni anni fa.
Altro progetto molto ambizioso è quello della lotta contro il narcotraffico, da effettuare di concerto con gli altri paesi latinoamericani in un progetto di collaborazione reciproca, perché si tratta di un problema talmente interconnesso tra varie nazioni che non è risolvibile, nemmeno con la maggiore attenzione possibile, da parte di un singolo stato.
Più facilmente attuabile, e in effetti si sono già visti i primi risultati, è il progetto di riallacciare i rapporti diplomatici ma soprattutto commerciali, con il vicino Venezuela, una nazione particolarmente legata alla Colombia a livello storico, sociale e culturale, grazie ad una continua migrazione in un senso e nell’altro e che per questo non poteva che essere accolta con ampio favore dalle due popolazioni.
Molto importante è anche la promessa riforma tributaria, anche perché tramite questa modifica si potranno raccogliere fondi per mettere mano ad un nuovo sistema sanitario che possa garantire l’accesso gratuito ai più bisognosi.
Quello della salute è sempre un tema particolarmente spinoso infatti, quando l’ex presidente Duque aveva tentato di metterci mano era stato travolto dalle proteste.
In sostanza i progetti di Petro sono solo in parte su scala nazionale e molti si possono realizzare solo in collaborazione con i paesi vicini.
Se anche Lula vincerà le elezioni in Brasile, Petro avrà la fortuna di potersi interfacciare un altri leader progressisti: dopo Boric in Cile, Maduro in Venezuela e Lopez Obrador in Messico e costituire un asse per collaborare e per contrapporsi, non necessariamente conflittualmente, al potere che gli Stati Uniti hanno ancora nella regione.