Corea del Nord, banco di prova per Trump, che minaccia l’azione militare: la Cina ha diritto di veto

di Enrico Oliari –

Preoccupa l’amministrazione Trump l’atteggiamento testardo del leader nordcoreano Kim Jong-un di proseguire con i test missilistici e con il programma sul nucleare, l’ultimo di questa mattina lanciato dalla rampa situata nei pressi della zona costiera di Wonsan, ma fallito come quello del 21 marzo.
Già il 17 marzo, dopo essere stato in visita a Seul, il segretario di Stato Usa Rex Tillerson si era recato nella zona demilitarizzata al confine fra le due Coree dove aveva affermato che “la pazienza strategica” nei confronti della Corea del Nord e del suo programma nucleare “si sta esaurendo”, poiché la “denuclearizzazione è unica strada per la Corea del Nord per ottenere sicurezza e stabilità economica”. Aveva poi aggiunto che un’opzione militare contro Pyongyang “è sul tavolo”, un’extrema ratio a cui “certamente non vorremmo arrivare, ma se aumentano l’intensità delle minacce del loro programma di armamenti a un livello che richiede una risposta, allora quella opzione è sul tavolo”.
Tra i due litiganti c’è di mezzo la Cina, storica alleata di Pyongyang ma anche potenza con diritto di veto al consiglio di sicurezza dell’Onu. Pechino da settimane si è proposta di tentare una mediazione, poiché per i commerci è necessaria la tranquillità globale e soprattutto per non perdere il controllo militare nella regione, e difatti ha introdotto proprie sanzioni alla Corea del Nord non acquistando una delle poche merci che il paese da lì importa, cioè il carbone.
Un danno economico enorme per le casse del regime nordcoreano, il quale tuttavia non sembra voler cedere e quindi mostra l’intenzione di proseguire con il muso duro nei confronti del mondo. Un atteggiamento che va letto sia in chiave esterna che interna, dal momento che la propaganda del regime fa perno sulla presunta minaccia di attacchi nucleari e quindi giustifica le ingenti spese militari ad un popolo costretto, specie nelle zone rurali, alla fame.
Tuttavia è proprio sull’”esterno” che la tensione si mantiene alta, anche perché sembra che ci sia chi la voglia mantenere tale: oggi, a pochi giorno dall’incontro del leader cinese Xi Jinping con il presidente Usa Donald Trump, hanno preso inizio delle manovre congiunte di Giappone, Corea del Sud e Stati uniti, esercitazioni di tre giorni che vedono impegnato un numero esiguo di militari e di mezzi.
D’altronde Trump ha detto ieri di essere pronto a “risolvere” da solo la questione nordcoreana, senza la collaborazione della Cina, dal momento che Pechino, a suo giudizio, non farebbe sufficienti pressioni. Un avvertimento che suona come un ultimatum, che potrebbe portare ad un’iniziativa militare, si pensa a raid aerei su obiettivi strategici.
Resta il fatto che perché ciò avvenga è necessario il via libera del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove la Cina, membro permanente, ha diritto di veto al pari degli Usa. Ma davanti c’è l’incontro con Xi Jinpng, previsto per il 6 aprile, e sarà lì il vero banco di prova di Trump, la cartina di tornasole che indicherà la sua capacità reale di risolvere o complicare le crisi internazionali.