Corea del Sud. L’ex dittatore Chun Doo-hwan morto a 90 anni

di Alberto Galvi

L’ultimo dittatore della Corea del Sud Chun Doo-hwan è morto nella sua casa di Seoul all’età di 90 anni. Chun era un generale maggiore dell’esercito quando prese il potere nel dicembre 1979 con suoi colleghi militari. Il colpo di Stato di Chun ha comportato la carcerazione di decine di migliaia di dissidenti.
Chun si è fatto eleggere presidente dopo il massacro di Gwangju da un collegio elettorale pieno di delegati filo-governativi, ed ha costretto i media a chiudere o a fondersi in giornali e stazioni televisive controllati dal suo governo. Inoltre ha represso violentemente le proteste a favore della democrazia prima di essere arrestato e condannato per tradimento negli anni ’90. Chun ha difeso il colpo di Stato nel suo processo a metà degli anni ’90, definendolo necessario per salvare la nazione da una crisi politica; ha anche negato l’invio di truppe a Gwangju nel 1980, dove le vittime civili del massacro furono tra le mille e le 2mila.
Nel disperato tentativo di ottenere legittimità internazionale, il governo di Chun ha anche facilitato le adozioni internazionali di bambini coreani, bambini principalmente affidati a famiglie europee e americane. Gli otto anni di governo di Chun furono caratterizzati da brutalità e repressione politica, ma anche fu segnato da una crescente prosperità economica.
Il regime nordcoreano aveva cercato nel 1983 di assassinare Chun mentre era in visita in Birmania, uccidendo 21 persone, tra cui diversi ministri del governo. Chun è sfuggito all’attacco perché il suo arrivo nella capitale birmana era stato ritardato. Chun nel 1987 si è dimesso dalla carica e fu costretto ad accettare una revisione costituzionale per introdurre elezioni presidenziali dirette, che furono considerate l’inizio della transizione della Corea del Sud verso la democrazia.
Chun fu condannato nel 1995 per il colpo di Stato e la repressione di Gwangju, oltre che per corruzione. Chun è stato condannato a morte. La Corte Suprema ha poi modificato la condanna in ergastolo, e Chun fu rilasciato alla fine del 1997 in base alla grazia speciale richiesta dall’allora presidente eletto Kim Dae-jung, che cercava la riconciliazione nazionale.
In una sentenza della Corte Suprema del 1997 a Chun era stato ordinato di restituire allo Stato 190 milioni di dollari, che aveva accumulato illegalmente attraverso la corruzione, ma lui aveva detto di non avere abbastanza soldi per pagare la multa e nel 2003 aveva rivendicato un patrimonio totale di 245 dollari in contanti, due cani e alcuni elettrodomestici.
In seguito si scoprì che i suoi quattro figli e altri parenti possedevano grandi appezzamenti di terreno a Seul e lussuose ville negli Stati Uniti. I pubblici ministeri hanno finora raccolto solo la metà della somma di denaro dovuta dall’ex leader nonostante la sua famiglia ne avesse promesso la restituzione totale. Chun ha avuto altri guai giudiziari nel 2020 con condanna e sospensione della pena, ma avrebbe dovuto di nuovo affrontarli a breve in un altro processo per via del ricorso dei pubblici ministeri.