Covid, Long Covid e reazioni avverse: nasce la fondazione

D.B. –

Prendendo le mosse dall’originario Comitato per le Cure Domiciliari contro il Covid-19 (conosciuto anche come TDC19) è nata la Fondazione TDC19 ETS.
La sede è a Napoli, ma attraverso una fitta rete di medici e infermieri che vi aderiscono, la partecipazione agli studi e alle iniziative è assicurata da una presenza attiva su tutto il territorio nazionale.

In occasione del convegno “Sanità alla luce dell’esperienza pandemica: strategie di prevenzione e cura”, che si è tenuto a Roma alla fine dello scorso mese di ottobre, il presidente della Fondazione, l’avvocato Erich Grimaldi del Foro di Napoli, ha voluto raccontarci la storia delle strenue battaglie che hanno portato a realizzare concretamente i presupposti della Fondazione.

Tutto è cominciato opponendosi al protocollo sanitario che impartiva ai medici, allo scoppiare della pandemia da Covid-19, di prescrivere ai pazienti all’esordio dei sintomi “la vigile attesa”. L’avvocato Grimaldi, fondatore dal 14 marzo del 2020 del gruppo che evolveva nel Comitato per le Cure Domiciliari contro il Covid-19, insieme ad alcuni medici tra cui il milanese Andrea Mangiagalli, cominciarono ad interessarsi al problema di quello che stava accadendo e che non sembrava trovare una risposta efficace per combattere l’infezione. L’assunto era che bisognava curare il Covid a casa con una terapia idonea. Questo fu il primo passo, ma era in netta contrapposizione con le linee guida dell’AIFA. La strada da percorrere era, perciò, totalmente in salita.

Per raccogliere le testimonianze dei medici e degli infermieri che si riconoscevano negli obiettivi del Comitato furono organizzate le pagine social, sempre più ricche di preziose informazioni ed esperienze date dal rapporto medico-paziente. Presero poi avvio le dirette social, quali momenti di utile confronto in tempo reale fra gli interessati. La possibilità d’intercettare l’infezione da Covid-19 e intervenire prima che si rendesse necessario il ricovero, cioè non oltre le prime 72 ore dal manifestarsi dei sintomi, fu la chiave di volta che ribaltò il criterio della “vigile attesa” in una più efficace “vigile operatività”.

Non staremo qui a percorrere tutti gli avvenimenti di questo cammino verso l’individuazione delle terapie migliori per fasce d’età e patologie pregresse nei singoli casi clinici. Si ricordi soltanto a buona memoria che i medici del Comitato riscontrarono nella somministrazione dell’idrossiclorochina (e di altre terapie con i fans) delle risposte positive e poi, man mano che alcuni studi e ricerche si rendevano disponibili, assieme all’esperienza diretta dei medici ospedalieri e di quelli di famiglia, le terapie domiciliari si perfezionarono vincendo le resistenze delle istituzioni sanitarie pubbliche.

Con l’avvento dei vaccini antiCovid-19 ci furono poi tante altre vie per fronteggiare la pandemia, ma come tutti sappiamo non mancarono aspre polemiche sia di ordine etico (per l’obbligo vaccinale e il green pass a norma di legge), sia per le reazioni avverse al vaccino stesso. E’ opportuno precisare, tuttavia, che il Comitato non fu mai un sostenitore dei movimenti No Vax e non perseguì in alcun modo l’obiettivo che ci si dovesse opporre alla somministrazione dei vaccini, consigliando invece accertamenti preventivi e successivi all’inoculazione delle dosi per scongiurare potenziali reazioni avverse.

Durante la pandemia si produssero studi e ricerche che andarono ad impreziosire l’esperienza che si stava sperimentando giorno per giorno. Dagli Stati Uniti, ad esempio, si alzò la voce del cardiologo americano Peter Andrew McCullough, fautore della terapia che, allo scopo di purificarsi dalle Spike dei vaccini antiCovid, confida nel ruolo importante dell’enzima nattochinasi, ottenuto dalla fermentazione della soia sottoposta a un determinato processo, da assumere assieme a bromelina e curcumina. Secondo il cardiologo, l’enzima nattochinasi può rompere la struttura di diverse proteine, incluse quelle che permettono la coagulazione del sangue, proteggendo così il paziente dal long Covid che, in tanti casi, si è rivelato essere la conseguenza dell’infezione.

Alla luce di quanto accadeva, al progetto del Comitato si unirono sempre più medici ed infermieri di tutto il territorio italiano e anche ricercatori e professori universitari, tra i quali il primario ospedaliero Claudio Puoti (scomparso nel 2021 per un infarto) che propose a sua volta un suo protocollo di cura domiciliare.

“In quel periodo non avevamo voce – ricorda l’avvocato Erich Grimaldi -. Ogni regione lavorava in modo autonomo e questa mancanza di comunicazione tra i medici delle varie territorialità non portava a nulla di positivo. Una regione prescriveva determinate cure, in altre invece erano differenti, oltre al fatto che in alcuni territori era consentito intervenire con terapie precoci, mentre in altri si doveva attendere l’esito positivo del tampone che arrivava anche dopo 20/30 giorni, quando il paziente era ormai in terapia intensiva. Così il 30 aprile del 2020 decidemmo di inviare una diffida in merito alle terapie precoci, chiedendo un protocollo univoco nazionale per la terapia domiciliare del Covid-19 con libertà prescrittiva per i medici di medicina generale, senza discriminazioni territoriali e temporali a danno dei cittadini”.

Inizialmente la terapia domiciliare prevedeva l’uso dell’idrossiclorochina, un farmaco che veniva utilizzato al posto degli antinfiammatori dapprima sconsigliati dalle circolari ministeriali. Già prevista sia in fase ospedaliera che domiciliare, non era tuttavia recepita da tutte le regioni.

“Con la collega Valentina Pirano – prosegue a raccontarci l’avvocato – nel maggio 2020 impugnammo allora una determina della Regione Lazio, in cui veniva affermato che, senza l’esito del tampone, non si poteva iniziare la cura. Questo significava portare molti pazienti verso il ricovero, cui seguiva la terapia intensiva”.
L’esito di questa impugnazione premiò l’impegno del Comitato. Seguì un primo ricorso ricorso al TAR per la prescrizione dell’idrossiclorochina, seguito da molti altri ricorsi legali. Poi, da alcune autopsie, emerse anche che era opportuno utilizzare l’eparina nella seconda fase della terapia.

Per avere un quadro più ampio, il Comitato entrò in contatto con specialisti fuori dall’Italia ed è così che si strinsero rapporti con il cardiologo americano Peter Andrew McCullough, il collega epidemiologo Harvey Rich e alcuni medici brasiliani. Furono molte e preziose, perciò, le indicazioni fornite da medici di altri paesi.

Dopo l’ennesimo rigetto del TAR, il Consiglio di Stato, nel dicembre del 2020, diede ragione alla teoria del Comitato sulla necessità delle cure precoci. Il Consiglio di Stato stabilì infatti che, durante l’emergenza, i medici dovevano avere la possibilità di prescrivere il farmaco ritenuto più opportuno per una cura precoce, in scienza e coscienza.

Continua Grimaldi: “In quell’agosto del 2020, quando depositammo il ricorso, arrivarono al gruppo della terapia domiciliare molte richieste di persone in difficoltà, le quali non riuscivano a contattare il medico di base e nel weekend dovevano rivolgersi alla guardia medica che spesso nemmeno rispondeva. Pensai quindi di proporre al Comitato di provare ad aiutare chi si trovava in difficoltà”.

Iniziò così la seconda fase del Comitato, con l’adesione di tanti medici come, fra gli altri, Nino Pignataro e Francesco Garofoli. Grazie ai social e al passaparola si unirono al gruppo centinaia di medici per offrire il loro aiuto.

Ma il 30 novembre del 2020 un colpo di scena, quando venne divulgata la prima circolare ministeriale sulle cure domiciliari: ancora una volta prevedeva “la vigile attesa” per i primi giorni di malattia. Fu un vero scossone per il Comitato, che però decise di reagire attraverso le chat e fu così che il 13 gennaio del 2021 venne elaborato uno vero e proprio schema terapeutico.
Lo schema fu inviato al ministero e all’AIFA a mezzo PEC, attivando la battaglia legale che tutti conoscono come “vigile attesa” e “Tachipirina”.

In quei mesi, i medici aderenti al Comitato curarono centinaia di pazienti alla settimana, 24 ore su 24, attraverso una rete di volontari, non solo medici, che ascoltavano i pazienti, innanzitutto per tranquillizzarli.

Nel novembre del 2020 una Casa farmaceutica di Pomezia, durante una riunione, offrì gratuitamente al ministero della Salute e all’AIFA 15mila dosi di anticorpi monoclonali, ma l’offerta fu declinata. Allora il Comitato fece un’istanza per richiedere il verbale della riunione e comprendere i motivi del rifiuto.
Il TAR, nel luglio del 2021, accolse l’istanza del Comitato, ma quel verbale non è mai venuto alla luce.

Nel gennaio del 2021, peraltro, era cominciata la campagna vaccinale. Fu allora che il Comitato fu sommerso di chiamate da persone in difficoltà perché, nonostante fossero state vaccinate, avevano contratto il Covid-19 e non sapevamo come intervenire. Il Comitato, poiché non c’erano indicazioni chiare su come procedere con le terapie nei casi di persone già vaccinate, decise d’inviare una diffida all’AIFA e al ministero della Salute, chiedendo che si raccomandasse la misurazione del D-dimero (proteina responsabile della formazione di coaguli, cioè di trombi nei vasi sanguigni) prima e dopo la vaccinazione.

Così a maggio dello stesso anno nacque una nuova associazione per supportare le persone colpite da reazioni avverse. La giurista Rossella Barone era la coordinatrice dell’area giuridica, ma nonostante tutte le battaglie legali, queste persone non hanno mai avuto il giusto sostegno dalle istituzioni, che a tutt’oggi negano gli indennizzi.

“Nel febbraio del 2021 – aggiunge Erich Grimaldi – andai a supportare anche i dottori De Donno e Franchini per quanto riguarda il plasma, chiedendo che venisse utilizzato perché era un’altra possibilità di cura, come lo erano gli anticorpi monoclonali e gli antinfiammatori in fase precoce. Andai anche a incontrare l’allora sottosegretario Sileri a cui spiegammo che ci stavamo sostituendo alla medicina territoriale perché c’erano delle gravi falle da colmare. Alle persone, una volta contattato il medico di famiglia, veniva detto di attendere, di rimanere in vigile attesa e di assumere il paracetamolo. Sileri affermò che in effetti doveva essere fatto qualcosa”.

In una delle sedute del Senato, nell’aprile del 2021, questo argomento venne portato all’ordine del giorno. Il presidente Grimaldi spiega: “Pensammo allora che finalmente saremmo stati coinvolti. Così chiamai Sileri più volte e ci incontrammo con l’Agenas (Agenzia per i servizi sanitari regionali), di cui all’epoca facevano parte Remuzzi e Bassetti. Era il 23 aprile del 2021. Allo stesso tempo subimmo l’appello al Consiglio di Stato da parte del ministero al provvedimento cautelare del TAR del marzo 2021, quello che, bocciando le linee guida ministeriali, confermava il diritto dei medici di poter agire in scienza e coscienza. Che strana situazione, stavamo collaborando con le istituzioni e le istituzioni facevano un appello contro di noi? Chiamai Sileri, ma lui mi rassicurò. Un giorno, proprio mentre ci confrontavamo con Agenas, appresi che il Consiglio di Stato aveva accolto l’appello del ministero. Il giorno dopo uscì il comunicato stampa di Sileri che annunciava che erano pronte le linee guida ministeriali. Intanto, Sileri mi rassicurava che lui non c’entrava nulla. Mi spiegò che sostanzialmente il ministro Speranza non dialogava con il sottosegretario ed agiva per conto suo”.

La concatenazione dei fatti giunge così al 26 aprile del 2021, quando furono divulgate le nuove linee guida del ministero. “Le avevano nel cassetto – commenta l’avvocato – e aspettavano solo che il Consiglio di Stato accogliesse quel provvedimento per non far cristallizzare la motivazione del TAR che i medici potessero curare in scienza e coscienza ai primi sintomi del Covid-19”.

Iniziarono le manifestazioni pubbliche del Comitato a Roma e Milano per raccogliere le firme per le petizioni da presentare al governo. Nel luglio del 2021 le petizioni furono portate davanti al ministero della Salute. “In quell’occasione si presentò anche Giorgia Meloni, che a quel tempo era all’opposizione, mentre da quando è al governo si è dimenticata di noi”, sottolinea Erich Grimaldi.

Grazie al passaparola tra medici e pazienti il Comitato riuscì ad ottenere risultati anche quando l’approccio ufficiale era stato ancora una volta bloccato dalla burocrazia e quando, per curarsi, i pazienti dovevano pagare l’eparina di tasca propria, in quanto i medici di famiglia tendevano a non prescriverla, nonostante le indicazioni dei medici del Comitato ai quali i pazienti si rivolgevano.

“Nel gennaio del 2022 – aggiunge Grimaldi – viene emessa un’importante sentenza del TAR del Lazio che afferma che la prescrizione dell’AIFA, come mutuata dal ministero della Salute, contrasta pertanto con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale imponendo, anzi impedendo, l’utilizzo di terapie da quest’ultimo eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto del Covid-19, come avviene per ogni attività terapeutica”.
In sostanza, il tribunale amministrativo scrisse che c’era stato un errore da parte della politica nell’impedire ai medici di poter curare in scienza e coscienza ai primi sintomi del Covid.

Nel giro di una manciata giorni, però, l’appello al Consiglio di Stato, con il presidente Frattini che aveva dato ragione al Comitato per l’idrossiclorochina, emana un provvedimento che accoglie e sospende la sentenza del TAR.
Dopo un muro del genere cosa avrebbe dovuto fare il Comitato?

“Noi abbiamo sempre agito per il bene dei pazienti – conclude Grimaldi -, senza cercare guadagni personali, diversamente da molte altre persone che si sono arricchite durante questa emergenza sanitaria. La nostra battaglia era iniziata nel febbraio/marzo del 2020, prima ancora che la campagna vaccinale prendesse il via ed abbiamo sempre cercato di fare tutto il possibile per supportare i pazienti, anche quando le istituzioni pareva non fossero in grado di farlo”.

Adesso, nel post pandemia, la neonata Fondazione TDC19 ETS (ente benefico iscritto al RUNTS) s’impegna non solo nell’emergenza, ma anche al miglioramento quotidiano della gestione della salute e, oltre a consulenza ed assistenza legale, tra le future iniziative figurano accordi con centri diagnostici per esami a prezzi calmierati, assistenza medica e infermieristica itinerante tramite camper, nonché attività di formazione sanitaria tramite convegni, studi e ricerche, con un’attenzione particolare all’insulino resistenza grazie al contributo del coordinatore del Comitato scientifico, il professor Serafino Fazio.

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