Cuba. L’Isla grande tra le braccia di Erdogan, Putin e Xi

di Francesco Giappichini

Tra i recenti accadimenti che hanno interessato gli analisti internazionali, spicca il tour politico del presidente di Cuba. Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, alla testa di una delegazione di alto livello, ha visitato Algeria, Turchia, Russia e Cina, finendo per collocare definitivamente l’Isola (dal punto di vista strategico e anche con riferimento al conflitto in Ucraina) a fianco delle autocrazie. Varie, le interpretazioni degli esperti. Per alcuni, la classe dirigente al potere ha commesso un azzardo, mentre in un periodo storico tanto delicato, la cosiddetta «vecchia guardia» sarebbe stata più cauta. Avrebbe cioè evitato di turbare le Nazioni creditrici della Vecchia Europa, e il viaggio verso est (compresi i salamelecchi col presidente Vladimir Putin), sarebbe stato affidato a una delegazione di livello più basso.
Altri analisti fanno notare come L’Avana stia solo elemosinando aiuti, per far fronte a una crisi energetica che può tracimare (come in parte è avvenuto) in rivolta sociale: obiettivo primario, insomma, farla finita con i black-out, i detestati apagón, che da mesi funestano l’Isola. Infine per altri il governo cercherebbe di monetizzare, come in passato, la sua posizione strategica. La prima tappa del capo dello stato è stata l’Algeria, dove operano 800 medici caraibici in missione internazionale.
Un parziale successo per Díaz-Canel, che ha ottenuto dall’omologo Abdelmadjid Tebboune la cancellazione degli interessi sul debito, la ripresa delle forniture petrolifere, e la costruzione di una centrale elettrica solare. Sono poi stati stretti accordi nei settori di commercio, sanità, università. Il leader cubano è poi volato in Turchia, ove è stato ricevuto dal presidente Recep Tayyip Erdoğan. L’autocrate turco, invitato all’Avana quando la sua agenda lo permetterà, si è detto determinato a innalzare il volume commerciale tra i due Paesi, sino a 200 milioni di dollari. Energia, turismo, edilizia e agricoltura, i settori per cui si prevede il rafforzamento della cooperazione bilaterale.
Il primo segretario del Partito comunista di Cuba è quindi volato a Mosca. Chiari, sono apparsi i termini dell’intesa tra i due Paesi: photo opportunity a contrastare l’isolamento russo, in cambio di petrolio, fertilizzanti e grano. La visita è stata segnata da tre eventi: l’intervento alla Duma di Stato, l’incontro col capo della Chiesa ortodossa russa, Cirillo I, e soprattutto quello con Putin. Nell’occasione, il cubano ha affrontato la questione ucraina, mantenendosi aderente alla retorica russa, e denunciando «l’avanzata inammissibile della Nato verso i confini russi»: Washington ha originato il conflitto, manipolandolo innanzi all’opinione pubblica. I due presidenti hanno poi inaugurato una statua del líder máximo Fidel Castro, nella piazza moscovita a questi intitolata.
L’ultima tappa del tour è stata la Cina, nei cui confronti peraltro prosegue l’inottemperanza al rimborso del debito estero. A Pechino è stato ricevuto dal capo di stato Xi Jinping, e alla fine dell’incontro sono stati firmati 12 tra accordi e memorandum d’intesa, che abbracciano i settori più vari. Dallo sviluppo dell’iniziativa strategica nota come “Nuova via della seta”, alla cooperazione economica, dalla donazione di farmaci e alimenti – briciole, secondo i più scettici – sino a 100 milioni di dollari per le «priorità del popolo». Le maggiori critiche hanno tuttavia riguardato il finanziamento di due progetti, che sviluppano tecnologie di sorveglianza di massa.