Cuba. Rivoluzione nella Rivoluzione: sparisce il “Comunismo”, arriva la proprietà privata

Via libera anche ai matrimoni gay

di Gaetano De Pinto

C’era una volta il comunismo rivoluzionario, c’erano i “barbudos” dai sigari consumati e riaccesi più volte, c’era Che Guevara, il cui mito offuscava i progetti di suo pugno dei campi di concentramento per i gay, le Umap. C’era una volta Cuba, e l’unica cosa che non c’era era la proprietà privata, come si usava nei paesi del socialismo reale.
Con oggi le cose sono però cambiate anche nell’isola dei Castro, dove il parlamento ha ieri approvato la riforma della Costituzione con tanto di abolizione del termine “comunismo”, di reintroduzione della proprietà privata e degli investimenti esteri, e di via libera ai matrimoni gay.
Il lavoro della commissione, presieduta prima dall’ex presidente Raúl Castro e poi da Miguel Diaz Canel, ha prodotto un testo di 224 articoli in cui sparisce il proposito di arrivare a una società comunista quale fine ultimo della rivoluzione castrista, ovvero è stato riformato ed in parte cassato quell’articolo 5 della Costituzione del 1976 in cui si leggeva che “Il Partito Comunista di Cuba, martiano e marxista-leninista, avanguardia organizzata della nazione cubana, è la forza dirigente superiore della Società e dello Stato, che organizza e orienta gli sforzi comuni verso i fini più alti della costruzione del socialismo e l’avanzata verso la società comunista”. Un cambiamento storico che passa fra le mille contraddizioni che colorano la società civile e politica cubana, se si pensa che ancora oggi l’unico partito legale è il PCC, Il Partito Comunista Cubano.
D’altronde, come ha fatto notare il presidente dell’Assemblea nazionale Esteban Lazo Hernández, i tempi sono cambiati, per cui giustamente gli ultimi due congressi del partito “hanno preso atto della situazione in mutamento“. Ha comunque precisato sul Granma, il tradizionale organo ufficiale, che “non rinunciamo alle nostre idee”, tuttavia “riteniamo secondo la nostra visione che il Paese debba essere socialista, sovrano, indipendente, prospero e sostenibile”. Sostenibile, appunto. In un mondo globalizzato dove i totalitarismi e le forme anacronistiche dell’economia rischiano di rimanere schiacciate.
Altro aspetto saliente della riforma è l’istituzione di un presidente della Repubblica, di un vicepresidente e di un premier che sarà a capo del governo, figure che, come avviene bene o male in tutte le democrazie, restano al potere per due mandati consecutivi e non oltre.
Per quanto concerne la proprietà privata è stata individuata una formula di compromesso per cui continueranno ad essere “di proprietà socialista, cioè del popolo, i mezzi fondamentali di produzione”, ma ci sarà maggiore spazio per l’iniziativa privata: sono state messe così nella Costituzione quelle “nuove forme di proprietà” (perlopiù piccoli ristoranti, officine d’auto ecc.) già avviate con le recenti riforme attuate dalla presidenza di Raul Castro. La cosa interessante è l’apertura agli investimenti stranieri “ma con le dovute garanzie”, per quanto la cosa sarà declinata a seconda delle necessità e comunque valutata caso per caso.
I gay, che nella Cuba di Fidel castro venivano aspramente perseguitati, potranno vedere riconosciuta la loro unione in quanto è stato soppresso nell’articolo 36 della Costituzione in cui veniva specificata la differenza di genere quale condizione necessaria all’accesso all’istituto matrimoniale, per cui si è ripiegato sull’”unione volontaria tra persone”.
Entro il 15 novembre la nuova Costituzione verrà posta al vaglio dell’elettorato; nel 1976 fu approvata con il 97,7 per cento dei voti.