Ecuador. La riforma economica di Lenin Moreno

L’Ecuador affronta la sua prima grande riforma economica con un’impronta decisamente neoliberale. Da gennaio via dall'Opec.

di Ivan Memmolo

Il presidente della Repubblica ecuadoriana Lenin Moreno, in diretta tv annuncia le modifiche e le nuove politiche di governo in tema economico.
In primo luogo il capo di stato chiarisce che non si innalzerà l’IVA dal 12% al 15% come preannunciato. L’innalzamento dell’IVA era visto come un obbligo nella necessità dell’Ecuador di ottenere più fondi per ripagare il prestito di 10 miliardi di dollari concesso dal FMI alcuni giorni prima, a fronte di enormi spese in ambito infrastrutturale e del mercato del lavoro. Lo sforzo economico per riempire il vuoto lasciato dal mantenimento dell’IVA al valore attuale sarà a carico di chi guadagna oltre 10 milioni di dollari all’anno con misure da specificare.
Viene eliminato l’anticipo di imposta, una decisione che ha fatto felice praticamente i titolari dalla piccola media impresa familiare alle grandi corporations. Vengono ridotte le imposte per acquisire un veicolo ad uso professionale fino ad un valore di 32mila dollari.
Grandi cambiamenti anche nell’abito del settore pubblico. Le vacanze passano da 30 a 15 giorni all’anno, e gli stipendi saranno ridotti del 20%, inoltre ci saranno meno assunzioni nel pubblico e più severe sul piano della selezione.
Viene ridotta l’imposta all’uscita di moneta verso l’estero. Sul sociale 300mila famiglie bisognose riceveranno buoni di stato per il loro sostentamento, e i datori di lavoro dovranno innalzare del 2% la contribuzione pensionistica a favore del singolo impiegato. Vengono ridotte le imposte di importazione anche per tutti i prodotti tecnologici.
Per la prima volta vengono eliminati i sussidi alla benzina tipo extra e il diesel, quindi da oggi sarà il mercato a decidere i reali costi.
Inoltre l’Ecuador, soffocato da obblighi burocratici dell’ Opec, decide di uscire dalla stessa per il 1 gennaio 2020 in modo da aprire il rubinetto delle riserve petrolifere e vendere barili senza più i limiti imposti. Anche questa azione viene messa in campo per far fronte agli importi da pagare al FMI per il mega prestito elargito al paese Andino.
Il governo dell’Ecuador annuncia quindi voler uscire dall’Opec per la necessità di ottimizzazione fiscale impossibile rispettando i parametri dell’Organizzazione del petrolio sulla produzione ridotta forzosamente a 524mila barili al giorno. Il governo si aspetta di venderne per lo meno 16mila in più al giorno ovvero 5.840.000 barili in più di quanto attualmente sta vendendo. Un enorme fonte di petrodollari immediati, necessari per assecondare le mire di crescita sociale e infrastrutturale che il governo si è posto. Inoltre liberalizzando i prezzi di tutte le versioni di benzina e diesel ha di fatto eliminato una distorsione economica che tutti i governi precedenti volevano eliminare ma non avevano il coraggio di affrontare. Coraggio altamente richiesto dato che sono iniziati scioperi e caos stradale in tutta la nazione, sommosse e violenze di isolati gruppi che approfittano della scusa delle manifestazioni pacifiche contro la riforma per creare panico, distruzione e violenza urbana.

* Anche autore desk latino america per IlCaffeGeopolitico.