Ecuador. Le elezioni di febbraio sulle ceneri dello scontro tra Correa e Moreno

di Alberto Galvi –

In Ecuador si vota il prossimo 7 febbraio per eleggere un nuovo presidente, vicepresidente, tutti i 137 membri dell’Assemblea nazionale e cinque membri del parlamento andino. Un potenziale ballottaggio presidenziale è previsto per l’11 aprile se nessun candidato è in grado di assicurarsi il 50% dei voti al primo turno, o il 40% in più del rivale più vicino.
Il paese ha oltre 13 milioni di elettori registrati, di cui 410.000 residenti all’estero. Il voto è obbligatorio. Nelle precedenti elezioni presidenziali di quattro anni fa, l’affluenza alle urne era vicina all’80%.
Il presidente Lenin Moreno non si ricandiderà, ci sono quindi 16 candidati per succedergli, i sondaggi indicano tre favoriti: al primo posto il candidato correista, Andrés Arauz, della coalizione UNES (Unión por la Esperanza), al secondo posto Guillermo Lasso del PSC (Partido Social Cristiano) e candidato dell’alleanza CREO (Creando Oportunidades) e al terzo posto Yaku Pérez, del PPUM (Pachakutik Plurinational Unity Movement).
All’inizio del suo mandato Moreno sembrava volesse continuare con il programma politico di Rafael Correa, ma ha invece sorpreso tutti promettendo di reprimere il correismo e annullare dieci anni di politiche sociali ed economiche dell’ex leader. Nell’ultimo anno parte della strategia del governo Moreno è stata quella di tentare di bloccare lo stesso Correa dall’essere candidato alle elezioni del febbraio 2021.
Per Correa è stata confermata la condanna a 8 anni di carcere e il divieto per 25 anni di partecipare alla vita politica, impedendogli quindi di partecipare a questa tornata elettorale. Correa, attualmente residente in Belgio, ha respinto le accuse mosse contro di lui e ha denunciato il caso come una forma di persecuzione politica dell’attuale presidente.
Il programma politico di Correa, che ha ricoperto la carica di presidente dal 2007 al 2017,di ridurre la povertà e la disuguaglianza nel contesto di un’elevata crescita economica gli ha garantito un ampio sostegno popolare, cosa che rappresenta la più grande minaccia per la nuova élite di potere che Moreno ha costruito.
L’altra linea di attacco del regime nei confronti di Correa è stata quella di minare la forza organizzativa del correismo. L’opportunità è nata quando la leadership di Moreno di AP (Alianza País) è stata sfidata da diversi lealisti di Correa, ma un’altra sentenza giudiziaria ha dato a Moreno il controllo completo sul partito, il quale ha organizzato e vinto un referendum per introdurre i limiti di mandato.
AP era essenzialmente correista e una volta che il suo leader storico fu messo da parte, la maggior parte dei suoi membri abbandonò il partito. Correa e i suoi sostenitori hanno quindi cercato di creare un nuovo partito, ma i loro tentativi sono stati sventati dalle autorità elettorali controllate dal governo. Nel 2019, i correistas sono stati costretti a unirsi a una organizzazione politica preesistente chiamata FCS (Fuerza Compromiso Social).
Lo scorso 19 luglio le autorità elettorali dell’Ecuador hanno semplicemente sospeso il FCS dal registro dei partiti politici, impedendogli così di presentare candidati alle prossime elezioni. Di conseguenza, nell’agosto 2020, i correistas sono stati costretti a cercare un’altra formazione, il CD (Movimiento Centro Democrático), per ospitare le candidature del movimento.
AP cerca di separarsi dall’immagine di partito di governo in quanto sta attraversando uno dei suoi momenti peggiori. Moreno infatti non ha nemmeno partecipato alla campagna elettorale del suo movimento visto la mancanza di una forte leadership e gli scarsi risultati ottenuti nell’ultima tornata elettorale. Attualmente il partito punta sulle poche figure politiche rimaste nelle loro file, Ximena Peña e Patricio Barriga, e su una lista di candidati dell’Assemblea nazionale guidata dal suo attuale presidente César Litardo.
In queste elezioni il correismo rimane una forza da non sottovalutare ed è molto probabile che arrivi al primo posto nel primo turno delle elezioni di febbraio. La nomina di Andrés Arauz, avvenuta lo scorso 18 agosto, come suo candidato alla presidenza per il CD ha dato infatti un nuovo slancio ai lealisti dell’ex presidente.