Ecuador. Lenin Moreno dà la caccia ai venezuelani. Caracas lo accusa di xenofobia

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L’omicidio di una donna ad opera di un immigrato venezuelano ha scaturito un’ondata di xenofobia in Ecuador, in particolare verso la comunità venezuelana. A dar fuoco alle polveri è stato il presidente ecuadoriano Lenin Moreno, il quale ha prima twittato che “abbiamo aperto loro le porte, però non sacrifichiamo la nostra sicurezza”, poi ha predisposto brigate di controllo che ben presto si sono trasformate in squadre che hanno persino incendiato le case degli immigrati venezuelani, costringendoli alla fuga.
Con un messaggio intitolato “Siamo tutti Diana!” (il nome della vittima, ndr.), Moreno ha calcato la mano comunicando che “L’Ecuador è e sarà sempre un paese di pace. Non permetteremo ad alcun individuo antisociale di arrivare. L’integrità delle nostre madri, figlie e compagne è la mia priorità. Ho disposto la formazione di brigate per controllare la situazione legale degli immigrati venezuelani nelle strade, nei luoghi di lavoro e alla frontiera. Stiamo studiando la possibilità di creare un permesso speciale per i venezuelani”.
A stretto giro sono arrivate le reazioni del governo venezuelano, con il ministro degli Esteri Jorge Arreaza che ha twittato: “Il presidente Lenin e il suo governo hanno istigato una persecuzione fascista contro i venezuelani in Ecuador. Li riteniamo responsabili per la sicurezza e l’integrità dei nostri compatrioti. In Venezuela, centinaia di migliaia di ecuadoriani vivono tranquilli e non sono mai stati discriminati”.