EDITORIALE. Terrorismo: le inutili soluzioni dei neorazzisti e le possibilità dell’Italia

di Daniele Priori –

profugo sorry for pruxellesLa soluzione agli attentati islamisti è nel “cacciamoli tutti” e “chiudiamo le frontiere”. Nuove teorie e manifesti sulla razza si sprecano. Le opinioni degli esperti in nullologia che si cibano ogni giorno di pane, Salvini e Quinta Colonna diventano il Vangelo, strappano gli applausi delle piazze delle massaie impaurite, quindi sono per forza di cose veri e condivisibili.
Un bambino siriano in un campo profughi in Grecia, senza speranza e senza futuro, per il quale l’unica certezza è il sangue rappreso sul suo braccio ferito che, invece, proprio come fanno i bambini a quell’età – tra i sei e gli otto anni – ha usato tutti i suoi buoni sentimenti e la sua infantile e pura umanità per scrivere il suo pensiero di scuse o dispiacere per Bruxelles “Sorry for Brussels”, quello no, secondo i geni incattiviti, teoretici del neorazzismo non è altro che un piccolo terrorista ancora in sonno ma pronto a esplodere pure lui. Quando in realtà l’unica certezza per lui è che se ne tornerà quasi certamente, grazie ai nuovi onerosi accordi internazionali, in un campo profughi turco.
Niente Europa per lui e per tanti altri profughi veri. In Europa ci sono i Salah, europei, che – altro che fuga in Siria – da novembre, dopo gli attentati di Parigi, se n’è andato, ben protetto, a casa propria, nel suo quartiere di Bruxelles, amato e addirittura protetto dalla sua comunità.
L’Europa, le grandi città europee, hanno qualcosa che non va che da dodici anni, a cadenza purtroppo abbastanza regolare, ogni tanto esplode. Sono malate socialmente gravi. Questo lo sappiamo dal 7/7 di Londra nel 2005, città in cui vivono 2 milioni di musulmani, molti dei quali di nazionalità inglese.
Lo abbiamo capito con nettezza nelle settimane in cui le banlieu parigine, le periferie malridotte, proprio quelle dove vivono tanti altri Salah, di seconda e terza generazione, si ribellarono in maniera violenta.
Quelli non erano terroristi ma il terrorismo si ciba di malcontento e disperazione.
Tutti segnali che i governi europei hanno gravemente sottovalutato. Perché – non mi stancherò mai di dirlo – l’Italia, la nostra bistrattata Italia, a differenza di Inghilterra e Francia ha integrato davvero. Le società multiculturali – e purtroppo ancora sentite come postcoloniali – dei paesi anglosassoni e francofoni hanno solo creato una società a mosaico le cui tessere non si sono mai incastrate.
I sommovimenti (pure quelli animati tutti dall’Occidente) in Iraq e Libia, con la conseguente esplosione della miniera siriana, purtroppo ben organizzati e ora chiaramente militarizzati e da qualcuno, vedremo poi chi, finanziati, hanno fatto il resto, destando gli animi dei più irruenti e disperati, pronti a diventare famosi, pure al costo di dover morire: morire da soldati, dandosi un tono, vivendo il loro giorno da leoni, parafrasando il Mussolini caro al candidato repubblicano statunitense Donald Trump.
In tutto questo, come sempre, c’è qualcuno che ci guadagna. Che smercia armi per acchiappare danari: la lobby internazionale del commercio d’armi, dunque, e poi Stati, sovrani, in qualche caso nostri alleati o comunque da noi ultimamente idolatrati proprio grazie ai loro danari che, in alcuni frangenti, ci sembrano gentili e preziosi, in altri, come ieri a Bruxelles, decisamente meno. Quali sono questi Stati? Fuori i nomi. Sui giornali li stiamo facendo tutti, nei palazzi che contano purtroppo ancora no. Sono il Qatar, l’Arabia Saudita e – ora anche col business raddoppiato dei campi profughi – la Turchia.
Tutto ciò mentre i neorazzisti di casa nostra, politici tipo Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato italiano o l’eurodeputato segretario leghista, Matteo Salvini abbaiano contro tutti, persino contro il bambino profugo, colpevole di essere capace dell’umanità che loro non riescono a dimostrare. Che pure se fosse una posa studiata dal fotoreporter sarebbe comunque sempre meno offensiva dei selfie da sciacallo del (solo ieri) presenzialista a Bruxelles Matteo Salvini, ma tant’è…
I neorazzisti preferiscono ringhiare senza capire, pur di farsi capire da tutti con le loro bugie. E insultano chi cerca di distinguere. Chi, come noi, continua a ripetere a disco una convinzione un po’ più suffragata dai fatti anziché dalle sole teorie di comodo, ovvero che il terrorismo è l’unico, assoluto nemico, per noi Europei come per i profughi autentici. Che è il terrorismo ad essere nemico della vita e dell’umanità, della nostra libertà e di stili di vita che non possiamo comprimere, pena aver perso tutto. Un terrorismo al quale, però, dobbiamo cominciare a dare facce anche diverse da quelle dei soliti kamikaze vicini di casa nostra. Perché quelli sono i soldati. Ora occorre trovare i generali. E pure in questo senso qualche indizio lo abbiamo fornito.
Qualcuno di questi geni con la bava alla bocca, parlo sempre dei neorazzisti, ha avuto pure da ridire e contestare sulle lacrime del commissario Ue per la politica estera e la sicurezza, Federica Mogherini ieri in Giordania. Perché il duro deve essere inflessibile e insensibile. E giù a sentire i giudizi di Gasparri, Brunetta e destra trinariciuta varia a ricordarci quanto e come siamo in pericolo, grazie all’inettitudine del Governo Renzi che, tuttavia, non crediamo possa essere paragonato – per fortuna – al colabrodo belga. La nostra intelligence, infatti, fino ad oggi ha dato le carte a molti, Stati Uniti compresi.
E se il nostro premier Renzi temporeggia su un intervento in Libia, auspicando almeno una bozza di accordo tra i governi delle due regioni di Tripoli e Tobruk prima di andare a mettere becco, crediamo proprio non vada trattato come uno scemo qualsiasi.
L’Italia e l’intelligence italiana, d’altra parte, è ben più esperta di materie libiche rispetto a molti altri in Europa.
Non scordiamo, del resto, dove e cosa l’interventismo non necessario e non richiesto del cugino d’Oltralpe, Sarkoz ci ha portato da cinque anni a questa parte. Una pagina per la quale crediamo ancora la Storia non abbia assegnato la responsabilità completa di tutto quello che la caduta di Gheddafi ha provocato nell’area nordafricana e a seguire mediorientale. Le chiamarono primavere arabe, mentre da queste colonne abbiamo più volte scritto che stavamo cadendo in pieno inverno. Crediamo, purtroppo, oggi più che mai di non esserci sbagliati.
Ebbene. Lasciamo quindi pure dire ai francesi che siamo in guerra. La guerra, d’altra parte, c’è e si vede, giunta com’è fino al cuore dell’Europa.
L’Italia, però, senza cadere ovviamente nelle bieche trame di chi vuol provare a trattare con i terroristi -. cosa di per sé praticamente impossibile – ha ancora molto spazio geopolitico per trattare con i moltissimi paesi nordafricani e mediorientali che intendono lottare per una pace certa che abbassi le armi, veda al centro della scena servizi di intelligence più che efficienti, e rimetta in primo piano il dialogo tra i popoli, che è indubbiamente anche commercio, ma – senza retorica – mette al centro la vita e lo sviluppo di un’umanità che pur parlando lingue e praticando culture e religione diverse non può fare a meno di continuare a viversi vicino.
L’Italia può farcela a interpretare questo ruolo, comunque non facile. E crediamo il giovane premier, armato del suo proverbiale ottimismo e del suo simpatico inglese maccheronico, debba aver capito bene la lezione. Molto di più e molto meglio di altri tragici interventisti a tutti i costi. E, almeno per ora, va bene così.