El Salvador. Dopo il voto di protesta in si apre un complicato periodo di transizione

di Alberto Galvi

Le elezioni presidenziali in El Salvador hanno confermato la tendenza al voto di protesta in America Latina dopo la vittoria in Brasile di Bolsonaro e in Messico di Obrador. La crisi dei partiti tradizionali ha favorito l’emergere di nuove forze politiche, come è successo anche nel paese centroamericano con la vittoria di Nayib Bukele del partito di destra Gana (Gran Alianza por la Unidad Nacional). El Salvador è uno dei paesi più violenti al mondo e la sua corruzione è endemica a tutti i livelli della società.
Con la vittoria al primo turno alle presidenziali salvadoregne Bukele sarà il primo presidente non appartenente ai partiti tradizionali ad essere eletto dalla fine della guerra civile (1980-1992). Il trionfo di Bukele ha portato ad una rottura del bipartitismo durato per decenni tra l’ARENA (Alianza Republicana Nacionalista) e il FLMN (Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale). Il neo presidente entrerà ufficialmente incarica il 1° giugno e governerà fino al 31 maggio del 2024. La critica principale all’attuale governo di Sanchez Ceren del FLMN, è stata l’attuazione del “Plan 10”, che comprende una serie di misure economiche, sociali e di sicurezza che però non hanno soddisfatto i bisogni dei cittadini salvadoregni.
L’attuale governo de El Salvador ha dovuto tagliare negli ultimi mesi i sussidi per i più poveri a causa dell’indebitamento del paese, mentre Bukele in campagna elettorale si è impegnato ad aumentare le tasse sui beni di lusso e a limitare la capacità del governo di indebitarsi, attenuando la legge sulla responsabilità fiscale. Il neo-governo eletto dovrà anche cercare risolvere una serie di problemi endemici che affliggono il paese centroamericano ormai da decenni come criminalità e corruzione. Un altro problema molto complesso che affligge il paese è quello della sicurezza. L’attuale governo non è riuscito a far diminuire la violenza scatenata dalle pandillas.
Lo stato di El Salvador ha registrato lo scorso anno 3.340 omicidi, il 15% in meno rispetto al 2017, sebbene il suo tasso sia di 51 omicidi ogni 100mila abitanti. Le autorità salvadoregne attribuiscono la maggior parte degli omicidi alle pandillas, gruppi criminali che contano circa 70mila membri, di cui 17mila sono agli arresti. Le principali pandillas sono le MS (Mara Salvatrucha) che si dividono in MS 13 e Barrio 18 per un totale di 363 gruppi criminali che esercitano il terrore nei 181 comuni e nei 14 dipartimenti del paese. Ci sono altre pandillas in El Salvador come i Mao Mao, i Crazy Look, i Máquina, i Mirada Locos e i Soyas City, che sono presenti in diverse città del paese. Per arginare il problema il neo presidente eletto Bukele ha proposto di creare un piano di protezione delle frontiere contro il traffico di droga internazionale, coordinato da diverse istituzioni preposte alla sicurezza per migliorarne l’efficienza.
Nella sua lotta alla corruzione, El Salvador ha scelto un percorso diverso rispetto agli altri paesi del “Triángulo Norte de Centroamérica” (Guatemala, Honduras), promuovendo una agenzia governativa anticorruzione come la GTIAC (Grupo de Trabajo Interistituzional Anticorrupción), che non è mai stata ingaggiata da nessuna organizzazione internazionale e dipende solo dalle istituzioni salvadoregne. Negli altri paesi del “Triángulo Norte de Centroamérica”, organismi internazionali come la CICIG (Comisión Internacional contra la Impunidad en Guatemala) e la MACCIH (Misión de Apoyo contra la Corrupción y la Impunidad en Honduras) sono stati invece incaricati la prima dall’UN (United Nations) e la seconda dall’OAS (Organization of American States), di sostenere la lotta alla corruzione e all’impunità. El Salvador invece dipende solo dalle sue stesse istituzioni.
Il problema della corruzione del paese centroamericano ha coinvolto in diverse indagini condotte negli ultimi tre anni esponenti politici di entrambi i partiti (ARENA e FMLN) che hanno governato il paese negli ultimi decenni. Queste indagini hanno portato a moltissimi processi che hanno coinvolto anche ex presidenti del paese come Mauricio Funes, Antonio Saca e l’attuale presidente Cerén. Per cercare di arginare la corruzione il neo-presidente Bukele ha proposto durante la campagna elettorale il “Plan Cuscatlán”, che mira tra i suoi vari punti a promuovere una nuova e più efficiente agenzia governativa anticorruzione che goda del sostegno di organismi internazionali.
Per traghettare il paese in questi mesi transizione, l’attuale presidente del paese Cerén, ha annunciato la nomina di due nuovi membri nella commissione governativa di transizione per garantire il trasferimento di potere al neo presidente eletto. L’ambasciatore statunitense nel paese centroamericano Jean Manes, ha detto che gli Stati Uniti sono disposti a lavorare con il suo governo e ad aiutare la transizione. Il presidente Trump ha però già minacciato di sospendere gli aiuti a El Salvador se il governo non riuscisse a impedire la fuga di migliaia di suoi migranti negli Stati Uniti, visto che il TPS (Temporary Protected Status) è stato rimosso. Il neo presidente eletto Bukele dovrà ora fornire una soluzione ai migranti che ritorneranno in El Salvador.