Emergenza climatica e incapacità dei potenti

Emergenza clima: l’impotenza dei potenti va in scena di fronte al mondo.

di Giovanni Caruselli

Il mondo aspetta risposte dai governi che esibiscono scetticismo, o incoscienza, di fronte ai cambiamenti climatici e balbettano buone intenzioni. Buone nuove sull’emergenza climatica? No. A Dubay, nel novembre del 2023 in occasione del summit Cop 28 sul clima, erano presenti 85mila partecipanti, più di 150 Capi di Stato e di governo e delegazioni di altri Paesi, organizzazioni filantropiche private, etc. La montagna ha partorito un topolino. Avendo constatato che la transizione all’economia verde è molto in ritardo, tutti hanno invitato tutti a fare di più e più velocemente. L’obiettivo primario sarebbe l’eliminazione delle fonti fossili, in primis il carbone. Peccato che nel corso del 2023 la Mongolia abbia esportato in Cina 42 milioni di tonnellate di carbone e, dopo l’inaugurazione di altre due linee ferrate nel 2025, arriverà a esportarne 60 milioni di tonnellate.

L’Europa guida il fronte dei Paesi più impegnati a contrastare le conseguenze del mutamento climatico.
Stati Uniti, Australia, Brasile e Giappone non hanno partecipato all’incontro, essendo accusati di non impegnarsi abbastanza contro l’inquinamento atmosferico. Tuttavia nella dichiarazione finale campeggiava la promessa secondo cui saremmo stati all’”inizio della fine dell’era dei combustibili fossili” (!). È doloroso constatare che solo alcuni Paesi hanno detto la verità riguardo alla lotta al riscaldamento globale. L’allora cancelliera tedesca Angela Merkel aveva dichiarato che il suo governo era pronto a stanziare 54 miliardi di euro per sostenere lo sviluppo delle energie rinnovabili. Italia, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Russia e Lussemburgo hanno confermato il loro impegno a raggiungere l’obiettivo. Solamente 23 Paesi, responsabili del 2,3% delle emissioni di Co2 nell’atmosfera, hanno dichiarato la loro disponibilità a incrementare gli investimenti statali nella direzione richiesta dall’Onu. Germania e Regno Unito si sono impegnati a stanziare 5 miliardi di dollari per le popolazioni che soffriranno le conseguenze del riscaldamento globale. Ed è abbastanza triste che si consideri già ciò come inevitabile.

Bloccare, o almeno rallentare, il degrado planetario deve divenire una priorità assoluta.
Si tratta di un risultato ampiamente deludente, commentano le Ong, secondo cui occorrerebbe molto di più per affrontare seriamente il problema. Ancor prima di parlare di riduzione dell’effetto serra infatti bisognerebbe riuscire a limitare, o meglio a bloccare, l’incremento costante di esso. Diversi studi scientifici sono concordi nel constatare che il 2018 ha fatto segnare un record assoluto di produzione di Co2 dall’inizio dell’era industriale. È stato calcolato che l’eccezionale ondata di calore del 2019 non si registrava sul pianeta dal 1880. Come se non bastasse si constata che gli effetti del riscaldamento globale progrediscono molto più velocemente di quanto gli stessi climatologi avessero previsto. La fonte di queste pessime notizie è l’ONU, più esattamente l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite (OMM), che ha reso noto il suo rapporto prima dell’inizio del summit. Il rapporto è molto dettagliato e include dati precisi sull’andamento delle emissioni e delle concentrazioni atmosferiche dei principali gas serra. Intanto le foreste del Congo, dell’Amazzonia e dell’Indonesia continuano a bruciare di fronte a un’opinione pubblica che assiste tristemente al degrado planetario.