Georgia nella Nato: nuove provocazioni nei confronti della Russia. Dagli esiti imprevedibili

di Dario Rivolta * –

georgia_nato_flagNon ho mai avuto particolari simpatie per Putin ne’, in generale, subisco il fascino degli uomini forti ma credo, sinceramente, che qualunque responsabile uomo di stato, al suo posto, non avrebbe potuto comportarsi diversamente da lui davanti ai rischi posti alla sicurezza nazionale del suo paese per quanto è successo in Ucraina.
Al contrario, ho sempre provato una grande ammirazione per la democrazia degli Stati Uniti e sono tra coloro che hanno guardato all’elezione di Obama come una nuova speranza di pace e di progresso per il mondo intero. Purtroppo, nonostante le speranze e i desideri riposti in un paese che “più amico non si può”, comincio a dubitare della lungimiranza e della saggezza dei nostri alleati americani.
Ogni cittadino del mondo non può che auspicare pace e benessere per sé e per i propri vicini e tutti concordiamo che la guerra sia l’ultima e la peggiore delle soluzioni possibili. Sappiamo anche che, a volte, non è evitabile e, se obbligati dalle circostanze, si “deve” ricorrervi. Ben altra cosa, però è fare atti di continua provocazione verso qualcuno, pur sapendo che ciò potrebbe “costringerlo” a rispondere.
Parlo ora della Georgia e del processo che dovrebbe portarla a far parte della Nato nonostante chiunque sappia che la Russia (e l’ha più volte dichiarato) considererebbe tale situazione come un’ulteriore forte minaccia alla sua sicurezza nazionale.
Anche se ne parliamo poco, sono anni che gli Usa e (anche e non solo) i polacchi spingono per includerla nell’Alleanza Euro – atlantica. Almeno dal 2005, ed esattamente dal febbraio di quell’anno, quando si cominciò con la firma di un trattato che riguardava la Partnership for Peace (PfP) che però entrambi i contraenti, Georgia e Nato, intesero come un’anticamera per l’ingresso più formale nella vera e propria organizzazione. Il fatto che l’articolo 10 del Trattato Nordatlantico limitasse l’adesione ai soli stati europei non fu nemmeno considerato. Nel 2006 il Parlamento georgiano votò un documento in cui chiedeva formalmente l’adesione e nel successivo 2008 fu organizzato un referendum sull’argomento che ottenne il 77% dei consensi.
Un primo tentativo di estendere sia a Kiev sia a Tbilisi lo status di membri fu stroncato dalla ferma opposizione di Francia e Germania, realisticamente preoccupate per le conseguenze negative nei rapporti con Mosca. Tuttavia la volontà di Washington e di alcuni europei non si arrestò e la Georgia fu dichiarata ufficialmente candidata all’ingresso.
Sono convinto che nessuno dei protagonisti di questi e altri fatti similari voglia veramente arrivare a un conflitto ma, come la storia ci insegna, “una ciliegia tira l’altra”, e si può scoprire che gli eventi corrono più veloci e in diversa direzione da quanto pensato inizialmente.
Ogni osservatore indipendente sa che un possibile ingresso della Georgia (e magari anche della Moldavia) nella Nato causerà una reazione iperdifensiva della Russia che aumenterà lo stanziamento di truppe ai propri confini e procederà con azioni dimostrative militari di vario genere. Lo farà per mostrare, all’interno e all’esterno, di non essere disposta a vedersi circondata da soggetti ostili e potenzialmente aggressivi e non possiamo escludere qualche reazione di “avvertimento” anche in altre parti del mondo.
Abbiamo già visto nei giorni scorsi un’escalation di atti dimostrativi quando la Nato ha mostrato i muscoli con uno spiegamento itinerante di mezzi militari nei Paesi Baltici, ai confini con la Russia, e in Polonia, arrivando poi fino in Germania. Mosca ha subito risposto allo stesso modo e ha intensificato i voli di propri aerei nello spazio aereo scandinavo. Sappiamo il valore simbolico di queste azioni ma non sappiamo mai dove e quando si fermeranno.
Perché tutto questo? Qual è veramente il nostro interesse strategico a voler che la Nato circondi il territorio russo in tutte le direzioni? Se veramente esistesse il rischio, che qualcuno paventa, di un desiderio di Mosca di invadere i territori vicini, capiremmo la necessità di prevenirlo e prepararci di conseguenza. Ma questa ipotesi sta solo nella fantasia (domandiamoci quanto sia buona o mala-fede) di analisti o politici probabilmente bisognosi di un’analisi psicologica.
La Russia non ha assolutamente queste intenzioni. E lo affermo con sicurezza non perché io pensi che a Mosca siano tutti “buoni” ma, semplicemente perché non ne ha alcun interesse e, anche se lo avesse, non avrebbe i mezzi per sostenere le sicure reazioni che ne seguirebbero.
Allora, la smettano i nostri cari alleati di continuare con provocazioni inutili e insulse. E reagiscano, finalmente, dicendo la parola “fine” tutti i governi europei ancora dotati di un minimo buon senso e desiderosi di costruire collaborazioni dove altri cercano solo contrapposizioni.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.