Gerorgia. Elezioni: fine dell’era dell’atlantista Saak’ashvili?

di Giacomo Dolzani –

È stata annunciata ufficialmente la data in cui si terranno le elezioni parlamentari in Georgia: il primo ottobre la popolazione della piccola repubblica caucasica si recherà alle urne per decidere la composizione dell’Assemblea, prima di scegliere finalmente il successore del presidente uscente Mikheil Saak’ashvili, al suo ultimo mandato.
Mikheil Saak’ashvili, alla guida della Georgia dal 2004, ha sempre dimostrato simpatie filo atlantiche, conducendo una politica di avvicinamento del suo paese alle potenze occidentali a scapito dei rapporti con la vicina Russia.
La sua ascesa è infatti cominciata con la cosiddetta Rivoluzione delle rose con la quale, a furor di popolo, sono stati deposti i leader ereditati dall’epoca sovietica, ma è anche stato spesso criticato dall’opposizione per presunti brogli elettorali a cui avrebbe fatto ricorso nelle elezioni tenutesi nel 2008.
Una politica la sua che sarà sicuramente ricordata in futuro per la fortunatamente breve guerra che ha visto la sua repubblica attaccare postazioni russe nell’Ossezia del Sud, rivendicata da Tbilisi ma di fatto indipendente e protetta da Mosca, atto che ha scatenato l’immediata e decisa reazione del governo russo, passato al contrattacco dopo aver sconfitto l’esercito georgiano con ben poche difficoltà, riducendo a più miti consigli Saak’ashvili.
Le elezioni che si terranno fra pochi mesi vedranno quindi l’attuale partito di governo, il Movimento nazionale unito, contrapporsi a quello guidato dallo sfidante (Sogno Georgiano-Georgia Democratica), il miliardario Bidzina Ivanishvili, anche lui accusato di aver avviato una campagna per l’acquisto di voti.
Nonostante ne sia il fondatore però lo sfidante già, a quanto sembra, si trova in disaccordo con il suo movimento, soprattutto per quanto riguarda la sua volontà di far parte della Nato, fortemente avversata dal partito.
Le vicine elezioni quindi, benché non siano decisive per la scelta del presidente, saranno un test importante per la tenuta del partito di governo filo occidentale, ma anche per valutare il grado di democrazia presente in un paese che, dopo l’emancipazione dall’Urss, si trova in una zona del mondo stritolata tra gli interessi politici ed economici di Oriente ed Occidente e mondo arabo.