Gli Usa e Cuba riaprono le relazioni. Ma non è tutto oro quel che luccica

di C. Alessandro Mauceri –

cuba usaPrime pagine su tutti i giornali e titoli a quattro colonne: “Da oggi cambiano i rapporti tra il popolo americano e quello cubano. Si apre un capitolo nuovo nella storia delle Americhe”. Questo lo “storico”annuncio del presidente degli USA, Barack Obama.
La fine di un embargo durato oltre mezzo secolo e concluso dopo incontri e trattative segretissime che hanno avuto luogo in Canada e in Vaticano. Ruolo di primo piano quello del Papa, come ha sottolineato in un’intervista a Radio Vaticana il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin: “Certamente il ruolo di Papa Francesco è stato determinante, proprio perché lui ha preso anche questa iniziativa di scrivere ai due presidenti per invitarli, appunto, a superare le difficoltà esistenti fra i due Paesi e trovare un punto di accordo, un punto di incontro”. Un esempio di diplomazia sorprendente (specie dopo il rifiuto del pontefice di incontrare in Vaticano il Dalai Lama e per cui non è stata data alcuna giustificazione).
In realtà, non sono pochi gli storici e gli esperti che pensano che di “storico” nell’annuncio di Obama ci sia ben poco. Quella di Obama, infatti, non è la comunicazione di un risultato, ma solo una “promessa” e per di più difficile da mantenere. “Chiederò al Congresso che l’embargo venga tolto” ha detto il presidente americano. Il Congresso, però, ha fatto sapere che di rimuovere l’embargo, almeno per il momento, non se ne parla proprio. A dichiararlo è stato il senatore repubblicano Marco Rubio, possibile candidato per le elezioni del 2016 che ha affermato che il Congresso non sosterrà il presidente nella sua richiesta sulle relazioni con Cuba. E considerando che i Repubblicani alle ultime elezioni di Novembre hanno schiacciato Obama e ottenuto la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento, non si sa a chi sia meglio credere.
Obama, intanto, ha annunciato la ripresa dei rapporti diplomatici con Cuba: “Ho istruito il segretario di Stato John Kerry per riavviare il dialogo fermo dal 1961”. Sarà aperta un’ambasciata Usa a l’Avana e saranno ristabilite le relazioni diplomatiche.
Come ha recentemente detto analizzando la vicenda Gianni Minà, grande esperto dei rapporti Usa-Cuba: “Ci vorranno anni”.
Intanto il Washington Post ha parlato di un “nuovo terreno di scontro politico”. Non a caso proprio il 16 dicembre, Jeb Bush, erede della famiglia che ha già dato due presidenti agli Usa ed ex governatore della Florida, patria degli anticastristi, ha confermato la propria candidatura per le presidenziali.
La dimostrazione che l’annuncio di Obama sarebbe principalmente una manovra preelettorale deriverebbe anche da due dichiarazioni, tra loro discordanti, che hanno accompagnato la “storica” notizia.
Da una lato, quasi a sancire la nascita di un nuovo rapporto di amicizia tra i due Paesi, ci sarebbe lo scambio di prigionieri: il governo di Cuba ha rilasciato Alan Gross, contractor, e un ex agente dell’intelligence, in carcere a Cuba da 20 anni; in cambio gli Usa hanno fatto rientrare a Cuba tre agenti segreti cubani detenuti negli Stati Uniti.
Per contro, immediatamente dopo la “storica” dichiarazione di Obama, i giornali hanno pubblicato la notizia che, in barba al disgelo ufficiale tra Cuba e Stati Uniti, la tristemente famosa base americana nella baia cubana di Guantanamo continuerà ad essere operativa (nonostante le dichiarazioni di Obama che, durante la campagna elettorale per le presidenziali, aveva promesso di chiuderla). “I cambiamenti annunciati – ha detto Bernadette Meehan, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca – non avranno alcun effetto su Guantanamo”. I militari americani hanno ribadito il proprio diritto ad una “presenza permanente” sull’isola. Diritto che sarebbe sancito da un trattato firmato dal presidente Roosevelt nel lontano 1934. E che sarebbe stato confermato, non più tardi di un mese fa, dal presidente Obama. A novembre infatti gli Usa sono stati convocati alle Nazioni Unite a causa della procedura in corso nei loro confronti per l’uso di torture e per i metodi di detenzione disumani utilizzati nei confronti di prigionieri rinchiusi in diversi carceri in giro per il mondo. Come Guantanamo, appunto, dove, in barba alle dichiarazioni di pace e di riapertura del dialogo, continuano ad essere detenuti 136 “presunti terroristi”.
Lo stesso scambio di prigionieri è stato criticato da esponenti del Congresso: proprio Rubio, ha detto che il rilascio di Gross “è un pericoloso precedente” nelle relazioni con Cuba, perché è come se “si mettesse un prezzo sugli americani che sono all’estero”. A fargli eco anche John Boehner, anche lui repubblicano e presidente della Camera dei Rappresentanti, il quale ha dichiarato che “finché i cubani non sono liberi, le relazioni con Cuba non dovrebbero essere rivisitate né normalizzate”.
Forse la sola motivazione, a parte il tentativo di conquistare quanti più consensi possibile in vista delle prossime presidenziali, che potrebbe giustificare lo “storico” avviso di Obama, sarebbe da ricercare nel desiderio del presidente di erodere l’influenza di Mosca e di isolare sempre più la Russia. Proprio il Los Angeles Times ha posto l’attenzione su questo aspetto. E, in effetti, non si può non credergli specie dopo gli accordi per il nucleare sottoscritti da Putin con India e Sud Africa e le dichiarazioni del Brasile di non volere più effettuare scambi internazionali in dollari. Un attacco, quindi, all’immagine della Russia e di Putin che, però, avviene proprio nel giorno in cui i sondaggi hanno reso noto che l’indice di gradimento del presidente russo ha superato l’82%, mentre quello del presidente americano sarebbe in caduta libera (secondo gli ultimi sondaggi sarebbe intorno al 40%).