Guaidó: le ragioni di un odio anti-chavista

Da dove viene l’autoproclamato presidente venezuelano.

di Gianluca Vivacqua

Classe 1983 come Kim Jong-un (almeno secondo la Treccani, perché Wikipedia fa il dittatore coreano più giovane di un anno), Juan Guaidó non è certo un oppositore anti-chavista dell’ultima ora. Anzi, già due anni prima di dar vita al suo partito di lotta, Volontà Popolare, prese parte alle proteste – parliamo del 2007 – contro il referendum costituzionale promosso dal presidente bolivariano. Come si ricorderà, con quel referendum Chávez chiedeva al popolo la rieleggibilità fino al 2031, quindi la possibilità di rimanere al potere praticamente a vita. Sempre Wikipedia mette in collegamento la vocazione anti-chavista di Guaidó ad un tragico evento della sua adolescenza. Si tratta del disastro di Vargas, la terribile alluvione che nel dicembre del 1999 distrusse quasi del tutto lo stato costiero, di cui Guaidó è originario. Si contarono tra i 10mila e i 30mila morti. Inoltre borghi come Cerro Grande e Carmen de Uria furono letteralmente cancellati dalla faccia della Terra. Spregevole fu la gestione dei soccorsi da parte del governo di Chávez, mentre fondamentale per la ricostruzione della martoriata regione sarebbe stato l’aiuto tecnico e umanitario da parte degli Stati Uniti.
In un primo tempo il presidente si mostrò favorevole a che anche gli Usa dessero il loro contributo. Ma proprio quando una squadra di 450 marines, a bordo della USS Tortuga, si preparava a sbarcare in Venezuela per portare aiuti determinanti (con loro c’erano anche degli ingegneri) Chávez, forse temendo l’intensificarsi della presenza militare americana nel territorio, all’ultimo momento negò loro il permesso di toccare terra. E da quel momento, anche in contrasto col resto del suo governo, pensò bene di non accettare altra solidarietà da Washington.
Alcuni pensano che, in questo frangente, il suo cattivo genio sia stato Fidel Castro, da sempre consigliere ascoltartissimo dell’ex colonnello. Il risultato fu che la ricostruzione dello stato di Vargas, con le sole politiche sociali chaviste, fu molto più lenta e dolorosa, e in alcune zone venne addirittura lasciata a metà: a rallentarla, oltretutto, ci si misero anche le distrazioni in serie operate sui fondi di emergenza, furti che il governo non seppe o non volle controllare. E fosse stato solo questo: forse per compensare le pecche nella sorveglianza dei soldi destinati alla ricostruzione, il presidente pensò bene di schierare l’esercito contro gli sciacalli che si aggiravano tra le macerie per depredare i sinistrati di quel poco che era loro rimasto. E per preservare almeno una parvenza di draconiana legalità, lasciò nel terrore per più di un anno una popolazione già psicologicamente prostrata. All’epoca di questi fatti Guaidó non aveva che sedici anni; per sua fortuna si trovava a vivere la tragedia da un osservatorio privilegiato, La Guaira, la capitale della regione che, dal disastro, uscì relativamente bene. Tuttavia il trauma di quei giorni apocalittici, unito allo sdegno per gli sviluppi del dopo-alluvione, non fu meno vivo in lui che in chi fece esperienza della catastrofe in prima linea. Di quel trauma e di quello sdegno egli fece anzi la base della sua passione politica, e li portò con sé in Parlamento, quando venne eletto nel 2010. Furono proprio quel trauma e quello sdegno le armi con cui lottò, nell’Assemblea Nazionale, contro il populismo tirannico di Chávez prima e poi, alla sua morte, contro la tirannide corrotta del diadoco Maduro. Grazie ad esse divenne l’oppositore più tenace e più pericoloso del regime, tant’è che dopo le elezioni presidenziali del 2018. conclusesi tra mille irregolarità con il re-insediamento di Maduro, il Parlamento che dal 2017 si trova di fatto esautorato dall’inquilino di Palazzo di Miraflores, per rilanciarsi si è affidato proprio a Guaidó come presidente. Che come primo atto ha a sua volta esautorato Maduro. Di fronte poi al prevedibile rifiuto di quest’ultimo di lasciare il potere e dare spazio a nuove libere elezioni, Guaidó si è autoproclamato nuovo capo dello Stato. Il resto è storia che si sta scrivendo.