Il nucleare: la scusa per attaccare uno Stato sovrano

di C.Alessandro Mauceri

Il mondo è ad un passo dalla Terza guerra mondiale, ammesso che non sia già iniziata. E come per le due precedenti guerre, e per tutte le altre, si fa di tutto per nascondere con pretesti o regole inesistenti le vere motivazioni di questi conflitti.
Israele ha dichiarato di avere il “diritto” di fare strage di civili per colpire terroristi. Ora afferma di avere il “diritto” di bombardare l’Iran per evitare che questo paese possa realizzare e poi utilizzare un ordigno nucleare.
L’Iran ha avviato il proprio programma nucleare negli anni Sessanta. Sotto lo scià Reza Pahlavi, furono proprio gli Stati Uniti d’America ad assisterli nella costruzione del primo reattore “di ricerca” a Teheran. Un impianto ancora oggi utilizzato per produrre isotopi medicinali. Nel 1975, venne costituita l’Atomic Energy Organization of Iran (Aeoi) che avviò la costruzione della prima centrale ad uso civile. Anche questa grazie all’aiuto di un paese occidentale (l’allora Germania Ovest). Con la rivoluzione islamica, il programma nucleare venne sospeso. Venne ripreso negli anni Novanta con l’aiuto questa volta della Russia e della Cina. Oggi pare che l’Iran stia sviluppando un programma nucleare militare in due siti operativi (Fordow, Natanz) e quattro reattori di ricerca (a Teheran, Bonab, Ramsar e Isfahan). Ma ad oggi pare che l’Iran abbia raggiunto un grado di arricchimento di uranio pari al 60%: finora sarebbero stati prodotti 408 chilogrammi di uranio arricchito, pochi per realizzare una bomba (sebbene, si tratti di un segnale che indica la volontà di Teheran di entrare nel novero delle potenze nucleari).
Il punto è: ammesso che l’Iran voglia costruire un ordigno nucleare, questo dà a Israele il diritto di attaccare uno Stato sovrano? Secondo il diritto internazionale, no. Innanzitutto anche Israele produce armi nucleari e non esiste alcun trattato internazionale che dica se e quali Stati possono disporre di queste armi di distruzione di massa.
Esistono poi diversi trattati che dicono che non si dovrebbe continuare a produrne o possedere queste armi. Il primo è Non-Proliferation Treaty – NPT: prevede la “non proliferazione” degli ordigni nucleari. Entrato in vigore nel 1970, ad oggi è stato ratificato da 93 paesi. Ma Israele non è tra questi. Così come non ne fanno parte paesi che dispongono già di un arsenale nucleare, come il Pakistan o l’India. Tra quelli che l’hanno firmato ma che non lo rispettano ci sono Cina, Russia e Stati Uniti d’America. Paesi che spesso hanno prodotto negli ultimi anni ordigni nucleari con la scusa di volere “ammodernare” l’arsenale di cui disponevano. Secondo il rapporto pubblicato dalla Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN), solo nel 2024, i nove Stati con il maggiore arsenale nucleare avrebbero speso più di 100 miliardi di dollari per armi nucleari, un aumento di circa l’11% rispetto all’anno precedente. Il rapporto Hidden Costs: Nuclear Weapons Spending in 2024 riporta che la spesa combinata degli Stati dotati di armi nucleari, cioè Cina, Francia, India, Israele, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, è aumentata di quasi 10 miliardi di dollari rispetto alla spesa del 2023. E il paese che ha speso più di tutti gli altri Stati dotati di armi nucleari messi insieme sono gli Stati Uniti d’America: 56,8 miliardi di dollari. Eppure, stranamente, sono proprio loro a pretendere che alcuni Stati non debbano possedere queste armi. Al secondo posto per spese in armi nucleari ci sarebbe la Cina (con 12,5 miliardi di dollari). Al terzo posto, con 10,4 miliardi di dollari, pari al 10% della cifra totale, il Regno Unito (e poi Pakistan e altri). Ma nessuno, né Israele né i paesi UE, hanno detto una parola al riguardo.
Altri trattati internazionali importanti sono il Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty (CTBT) e il Comprehensive Test Ban Treaty (CTT). Questi accordi internazionali prevedono non solo la “non proliferazione” degli ordigni nucleari, ma la messa al bando totale di ogni esperimento che possa portare alla produzione di queste armi di distruzione di massa. Questo trattato è stato firmato anche da Israele (nel 1996), ma inutile dirlo, la maggior parte dei paesi che hanno un arsenale nucleare non lo hanno fatto. E quelli che lo hanno fatto non lo hanno rispettato.
Ma non basta. Nel 2017, con la risoluzione 71/258, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW): prevede l’impegno a non sviluppare, testare, produrre, acquisire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare armi nucleari. Il TPNW vieta non solo il dispiegamento di armi nucleari sul territorio nazionale ma anche la fornitura di assistenza a qualsiasi Stato nello svolgimento di attività vietate. Gli Stati firmatari sono obbligati a prevenire e sopprimere qualsiasi attività vietata ai sensi del TPNW intrapresa da persone o sul territorio sotto la sua giurisdizione o controllo. Adottato con voto favorevole di 122 Stati, un solo voto contrario e un’astenuto, il TPNW è entrato in vigore il 22 gennaio 2021. A marzo 2025, si sono svolti i lavori della terza conferenza degli Stati Parte del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari. A partecipare sono stati 55 Stati firmatari, 31 Stati osservatori, 163 organizzazioni della società civile e 10 organizzazioni internazionali. Ad oggi, il TPNW è stato ratificato da 73 Paesi. Altri 98 Stati lo hanno approvato o firmato, ma non ancora ratificato. Israele, USA e tutti i paesi che hanno o ospitano armi nucleari non lo hanno mai firmato (e l’Italia è tra questi). Eppure Israele non ha mai pensato di attaccare “preventivamente” nessuno di questi paesi.
A proposito del concetto di “attacco preventivo”, anche qui è bene fare chiarezza. L’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite riconosce l’uso della forza SOLO per legittima difesa. La legittima difesa è la reazione a un attacco armato già sferrato da parte di uno Stato nei confronti di un altro Stato. Quindi, in nessun caso il diritto internazionale prevede di attaccare un altro Stato PRIMA di essere stati attaccati. A spiegare il concetto di aggressione è la risoluzione 3314-XXIX del 14 dicembre 1974 dell’Assemblea generale dell’ONU con la quale è stata adottata la Dichiarazione di principi sulla definizione di aggressione. Per parlare di “aggressione” si deve verificare l’attacco armato con forze militari regolari o con forze irregolari o mercenarie, l’invasione e l’occupazione militare, il bombardamento con forze aree, navali e terrestri al blocco dei porti e delle coste. In pratica quello che ha fatto Israele nei confronti del Libano, della Siria, dello Yemen e, ora, dell’Iran. Ma non basta. É considerato “atto di aggressione” anche la messa a disposizione del proprio territorio per consentire ad uno Stato attaccare un territorio altrui. Solo in questi casi, gli accordi internazionali che sono la base delle Nazioni Unite legittimano l’uso della forza. Solo in questi casi, l’uso della forza da parte di uno Stato non è considerato “minaccia” o “violazione della pace” e non scattano le misure coercitive previste dalla Carta delle Nazioni Unite agli articoli 39 e seguenti in caso di aggressione. L’uso della forza a scopo “preventivo” non è previsto dalla Carta delle Nazioni Unite o dalle norme consuetudinarie. Anzi, l’attacco preventivo è espressamente vietato dalla Carta dell’ONU: l’articolo 2, paragrafo 4, prevede che non sono tollerate eccezioni al divieto di usare la forza oltre quella richiamata nell’articolo 51.
Invece negli ultimi decenni, l’attacco “preventivo” è ormai di moda. Anche tra paesi paladini dei diritti umani come gli USA, che però hanno ratificato solo 5 dei 18 trattati sui diritti umani dell’OHCHR: si pensi alla Libia o all’Iraq guerre “preventive” basate su false accuse; Powell che, solo in punto di morte ammise che la famosa ampolla che aveva mostrato per giustificare la presenza di armi non convenzionali al Congresso in realtà era una messa in scena e che non esistevano prove concrete. È innegabile che spesso questo concetto è stato una scusa per giustificare mediaticamente un attacco volontario in violazione dei diritto internazionale: la scusa per attaccare uno Stato sovrano.
Recentemente anche l’ammiraglio Rob Bauer, presidente del Comitato Militare della NATO, ha dichiarato che l’Alleanza sta considerando l’implementazione di attacchi “preventivi” sul territorio russo: “Sarebbe più competente non aspettare, ma colpire i lanciatori di missili in Russia nel caso in cui la Russia ci attacchi”. Ancora una volta si tratta di una forzatura: la NATO non ha alcun titolo per compiere attacchi “preventivi”. Tanto meno per difendere un paese che non è membro dell’Alleanza atlantica, come nel caso dell’Ucraina.
La verità è che Israele non aveva alcun diritto di attaccare il Libano, l’Iran, la Siria e lo Yemen. Farlo ha dato a questi Stati il diritto di difendersi. E di creare i presupposti per una nuova guerra mondiale.