Iraq. Trump annuncia il ritiro dei militari statunitensi

di Shorsh Surme

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è senza dubbio una delle figure più controverse della politica internazionale. Proprio oggi ha deciso di ritirare le sue truppe sia dall’Afghanistan che dell’Iraq, nonostante quest’ultimo stia vivendo una situazione molto difficile nell’affrontare le cellule dormienti di varie organizzazioni jihadiste, in primis i tagliagole dell’Isis, che continuano nei loro attacchi alle forze militari dell’Iraq.
Questa decisione del presidente Trump avviene a distanza di soli cinque giorni della visita del nuovo primo ministro dell’Iraq Mustafa al-Kadhemi negli Stati Uniti, e nell’incontro con Trump il premier iracheno aveva chiesto esplicitamente il sostegno dell’esercito degli Usa nella lotta contro il terrorismo.
È vero che durante i colloqui di al-Kadhemi con Trump, questi aveva detto che le forze statunitensi avrebbero lasciato l’Iraq, ma non aveva fornito un calendario o quantitativi di truppe specifici.
Gli Stati Uniti hanno già costantemente ridimensionato i propri livelli di truppe in Iraq negli ultimi mesi, mentre gli iracheni assumono più ruoli di combattimento e di addestramento da altre forze straniere.
“Questi ritiri fanno parte della transizione concordata del ruolo della coalizione guidata dagli Stati Uniti in Iraq”, ha detto alla Tv curda K24 un funzionario iracheno prima dell’annuncio di Trump, parlando a condizione di anonimato.
Dopo il ritiro voluto da Barak Obama alla fine del 2011, i militari statunitensi erano stati fatti rientrare dall’Iraq terminando così la loro presenza militare nel paese mediorientale, iniziata con l’invasione del 2003. Poi vi era stato un nuovo invio di truppe nel 2014 con lo scopo di coordinare un intervento mirato contro il gruppo dello Stato Islamico.
Dopo la dischiarazione della sconfitta dell’Isis alla fine del 2017, le truppe statunitensi e di altre coalizioni hanno continuato a sostenere le forze irachene con attacchi aerei, sorveglianza con droni e addestramento per prevenire un nuovo ritorno dei jihadisti.
La pianificazione era stata imostata da tempo, ma da parte Usa è stato ammesso che la tempistica del ritiro ha subito un’accelerazione sia per gli attacchi missilistici delle milizie sciite sia per l’epidemia di Covid-19.
Non dimentichiamo che le tensioni sono salite alle stelle all’inizio di quest’anno, quando un attacco di droni statunitensi vicino all’aeroporto di Baghdad ha ucciso il celeberrimo generale iraniano dei Pasdaran Qassem Soleimani, spingendo Teheran a lanciare un attacco missilistico di rappresaglia contro le truppe statunitensi nell’Iraq occidentale.
Ora il premier al-Kadhemi dovrà riuscire a difendere il territorio e la sovranità irachena non solo dei gruppi jihadisti, ma soprattutto dall’ingerenza iraniana, realtà ormai è palese.