Italiani sotto attacco a Mosul: evoluzione di uno scenario strategico primario nella guerra al Daesh

di Marco Pugliese

mosul digaNei giorni scorsi l’intelligence italiana ha messo in guarda i nostri militari presso la diga di Mosul circa i piani dell’operazione “Conquista della morte” dei jihadisti, specificando perfino l’etnia dei 200 miliziani coinvolti, cioè tunisini (attualmente tra i più numerosi arruolati del Califfato), caucasici, europei di seconda o terza generazione e qualche canadese.
I miliziani hanno lanciato quattro razzi da 107 o 122 millimetri verso l’area della diga, da una distanza di circa 15 chilometri. Il più vicino è finito a circa 300 metri dall’invaso. Uno dei quattro sarebbe finito in acqua, gli altri due invece si sarebbero schiantati rispettivamente in un campo di calcio ed in un parco di un quartiere residenziale.
Il contingente italiano è schierato ad una ventina di chilometri dal campo trincerato Isis attorno a Mosul, “capitale” dello Stato Islamico in Iraq. I nostri soldati fanno parte dell’operazione alleata Inherent Resolve, a comando Usa e che non è un impegno di pace. Il portavoce della missione ha sottolinea il compito italiano a presidio della diga ma ha ricorda l’obiettivo primario, cioè sconfiggere militarmente il Daesh.
Sono 18 i comandanti militari islamisti eliminati con attacchi aerei e di forze speciali nell’ultimo mese. In tali operazioni sono stati schierati gli elicotteri da guerra “Mangusta” ed i fanti del 66 esimo aeromobile Trieste, in aggiunta i cacciabombardieri della Raf ed i droni Predator americani. Nella fase di ricognizione sono stati utilizzati anche Tornado italiani. Il lancio dei razzi potrebbe essere solo un’anteprima strategica per testare le difese del perimetro di competenza dei curdi. Il bersaglio infatti non sembrava essere l’avamposto italiano, di fatto corazzato e dotato di copertura strategica aerea. I nostri comandi infatti non hanno esitato nel far intervenire i bombardieri Raf e gli elicotteri, azione che ha portato alla completa distruzione delle postazioni di lancio. Il premier iracheno Haider al-Abadi ha rassicurato in conferenza stampa che “la diga di Mosul è sicura, ben protetta da italiani ed alleati. Nonostante l’attacco, i lavori di manutenzione straordinaria apportati dalla compagnia italiana Trevi continueranno”.
Fronte peshmerga isis ng grandeParole viste come atto dovuto. In realtà è aumentata la pressione nella zona di Mosul. Il comando alleato in cooperazione con i comandi iracheni infatti ha stabilito una mappa strategica che disegni la grande offensiva in atto. Mosul va liberata al più presto, una è città da un milione d’abitanti, ancora in mano ad Isis.
L’avanzata è già iniziata, le avanguardie irachene (con supporto aereo alleato) sono ormai nei pressi da Mosul. Nei prossimi mesi si scatenerà la battaglia decisiva e la diga appare l’obiettivo strategico più vicino alle prime linee delle bandiere nere. La nostra TFP (Taskforce Praesidium) si ritrova ad avere un ruolo strategicamente importantissimo, proteggere i lavori fondamentali per il funzionamento della diga ed evitare che le truppe dei miliziani s’avvicinino troppo al perimetro di sicurezza. Sul tavolo del presidente Renzi potrebbero arrivare richieste specifiche da parte degli alleati. La Raf infatti vorrebbe concentrarsi su altro e lascerebbe volentieri i compiti d’attacco alla nostra aeronautica militare che dovrebbe schierare gli Eurofighter, oltre ad aumentare i Mangusta in loco. A questo però si andrebbero ad aggiungere truppe corazzate e meccanizzate a difesa della diga. A questo si aggiungono le ormai consuete operazioni speciali, in questo caso però a comando alleato. In teatri come questi infatti i comandi delle truppe speciali sono tutte a trazione Nato, americana od inglese. Lo scenario di Mosul è in continuo mutamento e l’evoluzione dei prossimi mesi sarà decisiva per le sorti della porzione d’Iraq controllata dal Califfato Islamico.

Nella prima foto, la diga di Mosul. Nella seconda foto prima linea dei peshmerga curdi, a 18 chilometri da Mosul.