La cattiva stella del Paraguay: corruzione, oligarchie e mafie

di Paolo Menchi

Si parla sempre poco del Paraguay, una nazione un terzo più estesa dell’Italia, con una popolazione di circa sette milioni di abitanti; in effetti, non fa quasi mai notizia se non in rare occasioni come quando, qualche tempo fa, la polizia aveva arrestato il famoso ex calciatore brasiliano Ronaldinho per presunti documenti falsi.
Non è una zona dove si è sviluppato il turismo e storicamente non ha mai attirato l’attenzione delle grandi potenze mondiali per avere influenza sul suo territorio.
Come la Bolivia non ha uno sbocco sul mare ed è tagliato a metà dal fiume che gli dà il nome e che divide il territorio in due parti: quella occidentale, quasi arida e con circa il 60% del territorio, e quella orientale, dove si concentra la maggior parte della popolazione.
Altro importante fiume è il Paranà, collegato con il Rio de la Plata e fondamentale per il commercio, perché ci transitano le merci che arrivano e partono dal porto di Buenos Aires.

A livello politico il Paraguay ha il poco invidiabile record sudamericano di durata di una dittatura, infatti dal 1954 al 1989, quindi per ben 35 anni, il paese è stato guidato dal dittatore Alfredo Stroessener, originariamente eletto nella fila del Partido Colorado, fino a quando non è stato destituito dal… consuocero Rodriguez!
È stata una strana transizione verso la democrazia con il nuovo presidente che manteneva nello staff dirigenziale tutti gli uomini della dittatura, però permetteva il ritorno dei partiti ad eccezione di quelli di sinistra.
Solo dopo la revisione costituzionale del 1991 ci sono state le prime elezioni democratiche vinte da Wasmosy, un pupillo di Rodriduez, del Partido Colorado che ha continuato a governare fino alla breve svolta del 2008, quando era stato eletto Fernando Lugo, un vescovo a capo di una coalizione di sinistra, ma che, dopo il coinvolgimento in alcuni scandali, era stato allontanato nel 2012 attraverso la procedura dell’impeachment.
Questa decisione, vista dai vicini paesi sudamericani come una sorta di colpo di stato, è costato al Paraguay l’esclusione dal Mercosur (mercato comune del Sudamerica) di cui era stato uno dei membri fondatori.
Dopo Lugo il Partido Colorado è tornato a riprendersi il ruolo di comando, prima con Oracio Cartes, un ricco imprenditore (la sua famiglia controlla la più grande industria di tabacco e di frutta del Paraguay) più volte accusato, anche dalla DEA, di essere colluso con gruppi di narcotrafficanti, poi, dopo le ultime elezioni del 2018, con Mario Abdo Benitez, ex militare e figlio del segretario particolare di Strossner, ricchissimo grazie alle fortune accumulate dal padre, che nelle interviste non ha mai nascosto le simpatie per la dittatura.

Nel maggio 2019 il nuovo presidente, per evitare l’impeachment ha dovuto annullare un accordo già sottoscritto con il Brasile, che regolava la distribuzione del surplus di energia che entrambi i paesi generano dalla diga condivisa sul fiume Paranà, l’Itaipu, una delle più grandi al mondo e i cui vantaggi erano sbilanciati a favore dei brasiliani.
La situazione del Paraguay non è affatto rosea, l’economia è essenzialmente rurale grazie soprattutto alla coltivazione della soia (quinto produttore mondiale), ma l’ottantasei per cento delle terre è in mano circa il 2% della popolazione e questo spiega anche l’alto tasso di indigenza (il 35% della popolazione è sotto la linea di povertà).
L’indice di corruzione è tra i più alti al mondo e da tutto questo ne stanno traendo beneficio le mafie che usano il paese come un hub per spostare droga, alcool e tabacco di contrabbando.

Il Paraguay è diventato anche una sorta di centro di produzione e smistamento di marchi contraffatti e le zone di frontiera come Ciutad del Este sono diventate zone di rifornimento abituale di contrabbandieri o semplici venditori ambulanti che poi rivendono la merce, soprattutto in Brasile, Argentina e Uruguay.
Negli ultimi anni il Pil ha avuto andamenti altalenanti, con anche periodi di crescita grazie alla congiuntura favorevole nel settore agricolo, che contribuisce al 22% della produzione nazionale, ma i problemi del Paraguay non si inizieranno a risolvere finché non verranno attuate politiche di ridistribuzione del reddito che permettano di allargare la base produttiva ora in mano a poche grandi ricche famiglie e che prevedano un programma di sviluppo industriale, settore sempre sottovalutato anche a causa dell’opposizione dei latifondisti.