La Cina alla conquista di Panama. Per mettere le mani sul canale

Progetti miliardari di Pechino spiazzano gli Usa. Ed in dicembre Xi restituirà la visita a Varela.

di Dario Rivolta *

Sembra che finalmente qualcuno negli Stati Uniti abbia cominciato a capire il rischio che la Cina rappresenta per l’egemonia americana nel mondo. Purtroppo, innamorati della nostalgia della Guerra Fredda con Mosca, non sembra che a Washington si siano resi conto del danno già fatto nello spingere la Russia (che l’ha fatto malvolentieri) nelle braccia soffocanti di Pechino. Oggi potrebbe anche essere troppo tardi, perché l’espansione cinese si è oramai estesa a tutto il globo e si avvicina sempre di più ai luoghi considerati strategici da Washington.
Nel settembre del 2012 il governo del Nicaragua aveva firmato con la Hong Kong Nicaragua Canal Development Group (HKND), una società cinese ufficialmente privata, un memorandum d’intesa che prevedeva il finanziamento e la costruzione di un nuovo canale per mettere in comunicazione gli oceani Atlantico e Pacifico. Si sarebbe trattato di una palese concorrenza al Canale di Panama su cui il locale governo aveva acquisito la completa titolarità il 1 dicembre 1999, a seguito di un trattato del 1977 tra i presidenti Torriyos e Carter. Nonostante il passaggio di consegne, il controllo americano sul Canale (e sull’intero governo) continuava informalmente a sussistere, anche grazie ai numerosi investimenti di aziende americane nel territorio. Il mantenere una “manina” su quel Paese era parte della strategia statunitense per garantirsi l’egemonia su tutte le grandi vie di comunicazione e sui nodi politici mondiali.
Era per questa ragione che Pechino aveva pensato di costruirsi una propria alternativa. Tuttavia, per vari motivi, al febbraio del 2018 i lavori non erano ancora iniziati e tutti gli analisti giudicano il progetto oramai defunto. Nonostante HKND sia ancora in possesso delle necessarie concessioni, i finanziamenti cinesi previsti non danno alcun segno di voler cominciare.
La vera ragione di questo cambiamento di programmi si è capita quando Panama ha deciso di abbandonare le relazioni diplomatiche con Taiwan per allacciarle con la Repubblica Popolare Cinese. E’ interessante notare che le negoziazioni che hanno portato a questo voltafaccia panamense si sono tenute in gran segreto e all’insaputa degli stessi americani che ne sono stati informati dall’attuale presidente panamense, Juan Carlos Varela, poco meno di un’ora prima dell’annuncio ufficiale. La cosa sarebbe del tutto normale per un Paese sovrano, ma diventa piuttosto insolita se si pensa allo “speciale” rapporto che esisteva con Washington e soprattutto alla crescente e ormai visibile conflittualità tra gli Stati Uniti e la Cina.
Dopo quell’intesa Varela si è recato a Pechino e Xi ricambierà arrivando a Panama il prossimo dicembre. Gli osservatori attribuiscono il merito di questo risultato all’ambasciatore cinese a Panama, Wei Qiang, che parla perfettamente spagnolo ed è riuscito a creare rapporti personali molto stretti in tutti i ministeri e con lo stesso presidente Varela.
Contemporaneamente all’apertura dei rapporti diplomatici, non a caso sono stati firmati contratti con numerose aziende cinesi ma i dettagli di tali operazioni non sono stati resi noti. Di ciò che si è potuto sapere salta all’occhio il fatto che riguardano diversi settori: linee ferroviarie, opere portuali, impianti di energia elettrica e stoccaggio petrolifero.
Un primo esempio è una nuova ferrovia del valore di 5,5 miliardi di dollari. Apparentemente la sua realizzazione sarà pagata dal governo panamense e realizzata da società cinesi. Un altro esempio riguarda un nuovo porto per navi da crociera, da realizzarsi sulla costa pacifica del Canale da parte della società China Harbour. Non è chiaro il perché di un porto dichiarato per navi da crociera (quindi a grande pescaggio) in una zona senza alcun interesse turistico e nasce il sospetto sul vero utilizzo di quell’infrastruttura una volta operativa.
La stessa China Harbour aveva partecipato a una gara per la costruzione di un quarto ponte sopra il Canale ma ne era stata esclusa in un primo tempo per carenze progettuali. Per motivi non conosciuti, il vincitore della gara si è poi ritirato e i lavori sono stati assegnati alla società cinese. Una situazione simile si è verificata in un’altra gara. Questa volta si trattava della costruzione di una linea di trasmissione di energia elettrica attraverso tutto il Paese. Anche in questo caso i cinesi erano stati dapprima squalificati e poi riammessi con l’attribuzione a loro dei lavori. E’ possibile che la revisione sia stata dovuta al fatto che la Banca di Cina si è offerta di finanziare l’operazione.
Nel settore petrolifero uno degli accordi firmati da Varela a Pechino prevede che una compagnia petrolifera cinese, in stretta collaborazione con la Chinese Shipping Company realizzi una facility off-shore per lo stoccaggio di petrolio sulla costa Pacifica del Canale.
Sull’oceano Atlantico ma sempre in prossimità dello sbocco del Canale, il gruppo Shangai Gorgeous investirà 900 milioni di dollari per la costruzione di una centrale elettrica alimentata a gas con vicino un sito di stoccaggio dello stesso di gas. Chi li costruirà sarà la compagnia di stato Shangai Electric.
Anche altre operazioni sono già in corso tra i due Paesi e riguardano sempre progetti da realizzarsi sul territorio panamense. La Huawei s’installerà in una Free Trade Zone per la distribuzione dei suoi sistemi elettronici e potrà utilizzare tutti i benefici associati alla zona extra doganale; la concorrente ZTE è già presente mentre un’altra compagnia cinese acquisterà il provider di telecomunicazioni Digicell. Oltre alla presenza della Bank of China, anche la Chine Construction Bank e l’Industrial Commercial Bank of China hanno annunciato di voler esercitare nel Paese finanziando imprese cinesi e locali. Nel settore agricolo sono ben venti i gruppi di investitori cinesi che stanno viaggiando per il Paese per comprare migliaia di ettari di terra.
Mentre in tutti i precedenti casi in cui si era manifestato l’interesse di società straniere per investimenti a Panama i sindacati locali avevano inscenato proteste o preteso di essere coinvolti, nel caso degli accordi con la Cina i due principali sindacati, la Suntracs e la CTRP, non hanno avanzato alcuna obiezione al fatto che nei lavori previsti siano impiegati centinaia di lavoratori cinesi. Il loro silenzio ha coperto anche la presenza di operai “gialli” nella costruzione del porto container Panama-Colon. Forse, qualcosa c’entra con il fatto che i leader di entrambi i sindacati siano stati invitati in Cina e abbiano firmato accordi “di amicizia” con le loro locali controparti.
Se a quanto sta succedendo in Centro America aggiungiamo tutte le altre operazioni di acquisizione o presenza nell’azionariato di società logistiche in importanti porti asiatici, atlantici e mediterranei condotte da società cinesi, si comprende l’ampiezza della strategia di Pechino. Va ricordato che anche le società ufficialmente private rimangono comunque sotto il controllo dello Stato che le autorizza o nega loro la possibilità d’investimenti all’estero. Poiché le banche in Cina sono tutte controllate dal governo, va da sé che niente si può muovere se Pechino non è interessata.
Il fatto che perfino Panama sempre considerata seppur informalmente una “colonia”americana vicino a casa diventi terra di espansionismo cinese fa pensare che i nostri amici americani si siano davvero svegliati troppo tardi.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.