La Difesa europea senza la Gran Bretagna

di Giovanni Caprara

Il processo di unificazione europea era teso ad interpretare un ruolo di protagonista nelle dinamiche globali, con la prospettiva di assolvere a tutti i requisiti necessari al decorso di trasformazione da grande potenza a superpotenza, status riconosciuto solo agli Stati Uniti.
Il consolidamento dell’Ue implica però il superamento del concetto di Stato così come è concepito, variabile che è mancata alla Gran Bretagna, e tutti i membri devono sostenere il viatico di unificazione sino all’ottenimento della sinergia e cooperazione come sola ed inscindibile unità. Dunque una politica estera ed economica comune e la difesa integrata, così da estendere i poteri sino a rafforzare la statualità del sistema Europa. In questo contesto mancheranno le Forze Armate britanniche, probabilmente le più efficienti del Vecchio continente, ma sostituibili con uno sforzo comunitario congiunto. In un eventuale intervento armato dell’Unione Europea, l’assenza di alcuni assetti militari inglesi porterà la Francia ad assumere un ruolo centrale nello scenario della Difesa europea post Brexit.
La centralità delle forze armate nei confini nazionali è assunta a basilare da quando i governi ne agevolano la prontezza operativa in situazioni di crisi quali il supporto alle autorità civili in caso di calamità naturali ed alla funzione strategica di conoscenza ed anticipazione delle minacce, una sorta di allerta rapida in grado di monitorare lo sviluppo dei dissesti interni. Una condizione già in atto sia in Gran Bretagna quanto in Italia ed in Francia.
La capacità di proiezione esterna è tradizionalmente una prerogativa delle forze armate statunitensi, ma anche l’Inghilterra l’ha posta come una priorità nel proprio modello di difesa. Infatti la Strategic Defence Review britannica ha voluto una crescente politica di adattabilità e flessione ai propri militari, concentrando l’attività nella Joint Rapid Reaction Force, una forza integrata in grado di intervenire con un breve preavviso in azioni estere anti terrorismo, la cui finalità è la negazione e la prevenzione di attacchi sul proprio territorio.
La Germania, con la Bundeswehr, ha un modello di corpo di spedizione impiegabile in teatri di crisi di interesse per la nazione, in aree geografiche lontane, le cui peculiarità sono nella rapidità di dispiegamento, nell’interconnessione integrata per velocizzare l’intelligence al fine di favorire la conoscenza dell’ambiente in cui opererà ed una più rapida catena di comando.
Il quadro strategico europeo è imperniato nell’agevolare la sicurezza del confinante, sia con azioni autonome che in cooperazione con altri, creando un’organizzazione bilaterale e regionale, un concetto definibile come multilateralismo delle forze armate, estendibile anche nello spazio virtuale con azioni mirate di cibernetica, un dominio in espansione fondamentale per la sicurezza e l’economia europea.
Questo vuole essere la definizione di obiettivi strategici per porre in relazione i valori base dell’Unione nei suoi interessi vitali, implementando gli strumenti atti a garantirne le capacità in materia di sicurezza e difesa. Risorse come i Battle Groups però, benché formalmente istituite da tempo, non sono mai state utilizzate e ciò limita la rapidità di intervento in teatri dove l’interesse europeo è primario, in particolare nel Mediterraneo.
Nell’Europa post Brexit, i modelli di difesa e sicurezza sono comunque tra loro sovrapponibili: due nazioni ne differivano in quanto dotate di un arsenale nucleare, ma l’Unione non esercita alcuna autorità sulle capacità atomiche dei paesi membri.
Pertanto l’uscita dell’Inghilterra non ha un peso specifico sull’offesa nucleare della Ue. La forza di dissuasione della Gran Bretagna, in stretta collaborazione e dotazione con gli Stati Uniti, dalla quale dipende sia per l’approvvigionamento che per la tecnologia, è imperniata sui sommergibili strategici lanciamissili, di cui uno di questi è sempre in navigazione. La seconda linea è affidata agli aeromobili, ed ai missili trasportabili la cui gittata è inferiore a quelli imbarcati.
La Francia ha una strategia di piena autosufficienza, una condizione a garanzia dell’indipendenza atomica, dunque una prerogativa sulla produzione di tutti i componenti per la deterrenza nucleare nazionale. L’obiettivo francese è quello di una limitata ristrutturazione della capacità atomica, in particolare il decremento dei missili da crociera trasportati da velivoli e l’aumento del numero dei sommergibili strategici. La sfida francese è nel creare entro il 2020, in concerto con l’industria Europea, un sistema di allerta rapido in grado di rilevare un attacco nucleare con i missili balistici. La Brexit dunque pone la Francia nella posizione di essere l’unico paese con la deterrenza nucleare.
Il rapporto con l’Alleanza Atlantica rimane la principale variabile per la crescita della politica europea di sicurezza e difesa, dove un’equilibrata collaborazione potrebbe migliorare i modelli dell’Ue, sia in materia di soppressione e prevenzione del terrorismo, quanto in quello della proliferazione delle armi di distruzione di massa.
La collaborazione in campo militare tra Uk ed i paesi Ue non subirebbe di fatto alcuna flessione perché continuerebbe a svilupparsi in ambito Nato. L’Unione Europea è affermata a livello regionale, ma può assurgere ad attore globale con una politica tesa alla stabilizzazione delle aree limitrofe ed alla risoluzione dei conflitti mondiali. I modelli di difesa continentali dovranno definire i rischi dei processi di globalizzazione e della crisi finanziaria, perseguendo sia gli interessi nazionali che comunitari, avallando strategie sinergiche nell’elaborazione di schemi interpretativi sulle trasformazioni strutturali sociali, economiche e politiche internazionali, aumentando la capacità di definizione degli scenari geopolitici globali, dove i futuri equilibri potrebbero dipendere proprio dalle capacità militari. Anche in questa occasione la Brexit non cambierebbe gli attuali equilibri, perché nel caso di comune interesse non sarebbe preclusa la partecipazione della Gran Bretagna ad un’operazione a guida Ue, dove porranno essere identificate soluzioni di comando e controllo che salvaguardino il nuovo assetto politico sia del Regno Unito quanto dell’Ue.
Francia, Germania, Gran Bretagna ed Italia sottolineano la crescente importanza strategica della funzione intelligence, non solo per la prevenzione ma per la condotta stessa delle operazioni. L’analisi e l’interpretazione dei dati sulle dinamiche delle organizzazioni terroristiche o più in generale degli antagonisti, costituiranno il vantaggio sul quale potrebbe reggersi il sistema Europa. Pertanto la necessità di sviluppare un sistema di controllo comune coinvolgerà comunque i servizi inglesi. Nella dimensione europea, di fatto i modelli di difesa e sicurezza sono tra loro connessi ed equipollenti anche nel comparto dell’intelligence e potranno rimanere tali solo se saranno supportati dalla consapevolezza e dalla cooperazione politica comunitaria alla quale dovrà aderire l’Inghilterra, pena una diminuzione dei loro livelli di sicurezza interna.
La defezione britannica avrà come diretta conseguenza l’assurgere a ruolo militare centrale della Francia, ma a livello industriale potrebbe creare interessanti opportunità per l’Italia, ponendola inoltre ad essere la terza potenza militare dopo la Germania. È molto probabile che la Brexit non cambierà la posizione del governo di Londra in materia di antiterrorismo, e le unità inglesi continueranno a far parte del sistema di sicurezza europeo soprattutto nel contrasto al Daesh.
Per quanto riguarda le missioni umanitarie, gli inglesi hanno sempre assunto una posizione critica sulla pianificazione di Frontex ed Eurosur, pertanto è probabile che possano non sostenerle più.
La Brexit, nell’ambito della sicurezza e della difesa ha un impatto apparente piuttosto che pratico, ma rafforzerà il legame tra l’Europa e la Nato.