Le conseguenze della possibile morte di al-Shishani potrebbero arrivare fino in Russia

di Giuliano Bifolchi –

al-shishaniLa scorsa settimana il Pentagono, tramite le parole dell’addetto stampa Peter Cook, ha dichiarato che Tarkhan Batirashvili, conosciuto con il nome di battaglia Abu Omar al-Shishani, era morto durante uno dei raid aerei condotti nella zona di al-Shaddadeh (vedi Pentagono, ‘Abu Omar al-Shishani ucciso da un raid aereo’).
Non è la prima volta che si hanno notizie della morte del leader ceceno, uno dei più prominenti dal punto di vista mediatico dello Stato Islamico; spesso, infatti, le forze peshmerga e quelle irachene avevano affermato di averlo ucciso presentando foto e documentazione che si era poi rivelata falsa o inattendibile. Questa volta però ad affermarlo è stato il Pentagono, anche se lo stesso Cook ha dichiarato che sono ancora in corso le verifiche per quanto riguarda gli obiettivi colpiti ed i combattenti uccisi.
A contrastare le fonti statunitensi è stato però l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani (fonte non pienamente attendibile perché tale portale è gestito da una sola persona di base a Londra), il quale afferma che al-Shishani sarebbe ancora vivo ma gravemente ferito dopo gli attacchi aerei del 4 marzo scorso (vedi al-Shishani seriously injured and the fate of al-Baljiki is unknown).
La possibile morte di al-Shishani cambierebbe di molto le carte in tavola per quel che riguarda il supporto della componente cecena, ed in generale caucasica, allo Stato Islamico.
Tarkhan Batirashvili, aka Abu Omar al-Shishani, originario della Gola del Pankisi, sarebbe, secondo quanto dichiarato dal padre Timur Batirashvili ai giornali georgiani, un cristiano convertito all’Islam dopo aver frequentato la comunità cecena. Le tecniche di guerriglia armata e la leadership militare che ha saputo impiegare in Siria deriverebbero dalla sua esperienza nell’esercito georgiano dove prestò servizio combattendo anche nell’agosto del 2008 contro le forze armate russe nella guerra russo-georgiana che vide l’affermazione dell’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud.
Scartato prima dall’esercito e poi dalle forze di polizia per un problema fisico dovuto ad una ferita riportata durante il suo servizio militare, Tarkhan Batirashvili era stato arrestato per detenzione illegale di armi da fuoco e poi liberato nel 2012 grazie all’amnistia. A 27 anni quindi si sarebbe diretto prima in Turchia e poi in Siria per arruolarsi nel gruppo Jabhat al-Nusra affiliato ad al-Qaeda, e poi formando Jaish al-Muhajireen wa al-Ansar di cui diventò leader prendendo il nome di Abu Omar al-Shishani (il ceceno).
L’ascesa dello Stato Islamico ha portato al-Shishani a divenirne parte integrante abbandonando quindi al-Qaeda e Jabhat al-Nusra e ponendosi in contrasto con gli altri leader caucasici impegnati in Siria come Ruslan Machalikashvili (aka Feizulla al-Shishani), Murad Margoshvili (aka Muslim Abu Walid al-Shishani) e Faizulla Margoshvili (aka Amir Salahudin al-Shishani).
La morte di Abu Omar al-Shishani quindi può cambiare la situazione on the ground dei combattenti ceceni in Siria i quali, come osserva Mairbek Vatchagaev, ricercatore presso la Jamestown Foundation, potrebbero lasciare lo Stato Islamico ed unirsi ai vari gruppi di Amir Muslim al-Shishani e Amir Salahudin al-Shishani. Tale scelta potrebbe essere dettata dalla volontà da parte dei ceceni, ed in generale dei combattenti caucasici, di non venire guidati da leader arabi.
La morte di Abu Omar al-Shishani potrebbe avere anche un forte contraccolpo per quanto riguarda il reclutamento di forze dal Caucaso: in precedenza era proprio la leadership ed il carisma di Abu Omar a richiamare combattenti ed ora, invece, il suo possibile sostituto Rustam Azhiev (aka Abdulkhakim al-Shishani) sembra non avere abbastanza autorità per poter richiedere il controllo completo delle truppe.I ceceni che combattono in Siria, infatti, hanno deciso in passato di unirsi ad Abu Omar al-Shishani perché in cerca di una leadership forte ed anche perché non conoscevano l’arabo.
Secondo il Ministro degli Interni ceceno, 405 persone hanno lasciato la repubblica nord caucasica per andare in Siria nel periodo 2013 – 2015; di questi, 104 sono stati uccisi in combattimento mentre 44 hanno fatto ritorno a casa.
Se la morte di al-Shishani fosse vera, non solo potrebbero cambiare gli assetti dei gruppi jihadisti in Siria con una predilezione da parte dei combattenti caucasici per i comandati ceceni attualmente affiliati ad al-Qaeda, ma si potrebbe verificare un ritorno di combattenti nella regione caucasica realizzando la maggiore preoccupazione da parte di Mosca: il trasferimento del conflitto dal Medio Oriente al Distretto Federale del Caucaso del Nord non troppo lontano dal Cremlino.
Secondo quanto riportato dagli esperti della regione, Mosca aveva adottato una politica nel 2015 volta a favorire l’espatrio dei combattenti caucasici verso il Medio Oriente allontanando quindi la minaccia sul proprio territorio nazionale e creando maggiore instabilità nella regione mediorientale. Valery Dzutsati, anche egli ricercatore presso la Jamestown Foundation, dichiarava lo scorso agosto 2015 che nel concedere agli islamisti e combattenti di andare verso la Siria il Cremlino cercava di raggiungere diversi obiettivi: liberare la volatile regione del Caucaso del Nord dagli islamisti e ridurre la violenza nel paese, aumentare l’instabilità nella regione mediorientale in modo da poter guidare e controllare i prezzi del petrolio, causare problemi di ordine interno ai paesi confinanti dovuto al movimento di uomini. Tali ipotesi erano confermate anche da Aleksei Malashenko, uno dei più noti esperti russi sulla religione islamica, il quale dichiarava nel marzo scorso che le autorità daghestane avevano viaggiato in Siria con l’obiettivo di convincere i militanti del Dagestan a continuare la loro lotta in Medio Oriente in modo da bloccarne il ritorno a casa.
A quanto sembra, però, la probabile morte di Abu Omar al-Shishani ha la possibilità di cambiare i programmi del Cremlino e di riportare la regione del Caucaso del Nord in una situazione di caos ed insicurezza interessando la Cecenia di Ramzan Kadyrov e le repubbliche vicine come Dagestan, recentemente scosso da un attacco esplosivo nella città di Derbent (vedi L’ISIS dietro un attacco in Dagestan nel sud della Russia), Inguscezia, Kabardino-Balkaria e Karachay-Circassia.
bifolchi fuori* Giuliano Bifolchi. Analista geopolitico specializzato nel settore Sicurezza, Conflitti e Relazioni Internazionali. Laureato in Scienze Storiche presso l’Università Tor Vergata di Roma, ha conseguito un Master in Peace Building Management presso l’Università Pontificia San Bonaventura specializzandosi in Open Source Intelligence (OSINT) applicata al fenomeno terroristico della regione mediorientale e caucasica. Ha collaborato e continua a collaborare periodicamente con diverse testate giornalistiche e centri studi.