Libano. Differenze religiose e interessi: riusciranno i giovani a riscattare il paese?

di Mustafa Abdelkarim

Dopo essersi reso protagonista negli ultimi mesi con una catena di esplosioni, sembra che il Libano stia finalmente attraversando un momento di quiete. Mi domando se si tratta la quiete che precede la tempesta? Dove va il Libano? Verso, Dio non voglia, una guerra civile? Oppure le tensioni con Israele si trasformeranno in uno scontro armato? Dove si colloca Hezbollah nella scena politica libanese? Che cosa possiamo aspettarci nel futuro prossimo con tutte le instabilità economiche, politiche e della sicurezza?
Cominciando dalla prima domanda, la risposta classica è sempre stata la grande difficoltà che trova il Libano nell’andare verso una guerra civile per due motivi, cioè per l’esperienza dolorosa di una guerra civile che durò 15 lunghi anni e che si concluse con il “nulla assoluto”: il Libano ha sofferto questa guerra senza poi ottenere nessun tipo di cambiamento concreto se non alcune correzioni difficili da indicare, anche perché il sistema politico libanese costruito fondamentalmente sulle differenziazioni dottrinali e religiose è rimasto sempre lo stesso. Detto questo, la generazione politica attuale in Libano sa benissimo che la guerra non rappresenta in alcun modo una soluzione, dopo i risultati ridicoli ottenuti dalla precedente guerra civile. La seconda ragione che impedirà al Libano di entrare in guerra è il mancante equilibrio militare che c’è nel paese, vale a dire che Hezbollah detiene il vero potere militare. Una guerra civile potrebbe condurre il paese verso due scenari:
1) Hezbollah prende il potere totale del paese, cosa che costerebbe al Libano altre centinaia di vittime;
2) Interventi dall’estero con Israele e gli USA in testa, con risultati disastrosi e molto probabilmente peggiori dalla vicina Siria.

Hezbollah, del quale si possono sottolineare molti aspetti negativi, su questo punto si comporta con grande saggezza e non utilizza il suo peso militare se non quando verrebbero toccati i pilastri sui quali il partito costruisce la sua politica. Questo ci ricorda l’episodio del 2008, quando il premier Fuad Elsaniora decise di licenziare un numero considerevole di esponenti di Hezbollah che occupavano posizioni di potere: in una giornata arrivò l’esercito di Hezbollah ed occupò la metà della capitale Beirut, salvo subito ritirarsi quando il premier decise di fare dei passi indietro.
non è possibile tuttavi comprendere il delicato contesto senza accennare alla bizzarra formazione politica e militare libanese. L’esistenza di un partito politico, Hezbollah, legittimamente rappresentato in parlamento e partner essenziale del governo, gode di un potere militare totalmente indipendente e fuori dal quadro statale e, come se non bastasse, alla prima minaccia alle sue posizioni, abbastanza radicali, mette in campo il suo esercito indipendente per usarlo anche contro il governo di cui fa parte. Il presidente francese Emmanuel Macron ha da canto suo invitato i partiti della maggioranza di governo a discutere e trovare una soluzione a questo problema, ma la risposta è stata che quel partito, cioè Hezbollah, è stato votato da più del 30% della popolazione e sembra che la cosa vada bene per tutti.

Quanto sopra riportato indica quasi l’impossibilità che si concretizzi una guerra civile in Libano. E non solo: la generazione politica appare sfiancata dalla precedente guerra come pure la popolazione in generale, le contraddizioni religiose e dottrinali che appaiono sulla superficie cancellano in modo esagerato l’armonia in cui vivono tutte le categorie religiose ed ideologiche che si trovano in Libano. ciò ci indica che il problema sta nelle élites politiche e religiose e nei corrispondenti leader.
Dato che le probabilità di avere una guerra civile in Libano è bassa, la preoccupazione potrebbe volgersi verso l’estero.
Nel caso dovesse avviarsi un conflitto tra i nemici storici e riscaldati dalle tensioni del momento, Israele ed Iran, il Libano potrebbe trasformarsi nel Vietnam del Medio Oriente, con la realtà di Hezbollah, alleato principale dell’Iran, come uno dei partiti più rappresentati nel paese. Hezbollah ha anche preso posizioni sulla politica estera che non sono allineate con quelle del governo del Libano, soprattutto per quanto riguarda la Siria, in cui ha appoggiato in tutti i modi il presidente Bashar al-Assad. Quindi immaginare un conflitto armato tra Israele ed Iran non può che essere una grande preoccupazione per il Libano.

Senza Hezbollah potrebbe il Libano tornare ad essere il paese che era prima delle numerose guerre e conflitti politici che vi sono stati nel suo interno? E’ logico pensare che i problemi del Libano, nel senso generale, vanno ben oltre la presenza di Hezbollah, a cominciare dalla realtà delle molte dottrine religiose, con i loro leader quasi sempre uno contro l’altro. Soprattutto nell’anno corrente, il paese si è trovato inoltre in mezzo a diverse manifestazioni popolari con decine di richieste che non potevano essere soddisfatte in alcun modo, oltre alla pandemia Covid-19 e l’esplosione al porto di Beirut che ha riportato l’ombra dell’instabilità dal punto di vista della sicurezza, tutto questo per aggiungere altri strati alla crisi economica che sta distruggendo il paese da oltre un anno.
Tutti questi problemi dovevano spingere i leader delle dottrine religiose e politiche a mettere da parte le loro differenze ideologiche lavorare uniti per il Libano, ma ciò non è mai successo: dopo lo scioglimento del precedenteo governo è stato nominato Saad al-Hariri come premier, ma dal 22 ottobre non è riuscito a formare una maggioranza in grado di convincere tutti a causa dei leader religiosi e politici, che non vanno oltre i propri interessi.

Nonostante personalmente abbia disegnato un’immagine molto oscura del paese, sussitono speranze nel Libano e per il Libano, a partire dalle manifestazioni dell’ottobre dello scorso anno in cui i giovani libanesi hanno alzato la testa allo slogan “Killon Yaani Killon”, “Tutti Vuol Dire Tutti”. Il significato di questo slogan è che i giovani vogliono liberarsi di tutti i conflitti vecchi, che bloccano ancora oggi il paese e che non vanno oltre gli interessi di alcune famiglie dei capi delle dottrine religiose e politiche. Questi movimenti sono stati fermati dalla pandemia del Covid-19 e le instabilità nella sicurezza locale, e questo sicuramente ha impedito di concretizzare le loro idee in un corpo unico come un partito o un movimento politico rappresentato in parlamento. Il 2021 darà voce a questi giovani e il paese tornerà come era prima, oppure continueremo a vedere il Libano scivolare nell’abisso dei conflitti religiosi e politici?