Lula si scusa con il popolo italiano per Cesare Battisi. Ma in testa ha le elezioni

di Enrico Oliari

Intervistato per il Tg2 Post, l’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva si è scusato con “il compagno Napolitano” e con il popolo italiano per aver dato rifugio all’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo Cesare Battisti, ovvero per non averlo estradato come richiesto per anni dalle autorità italiane. Lula ha spiegato di credere che “non fosse colpevole, ma dopo la sua confessione posso solo scusarmi. Mi sono sbagliato”. Ha poi aggiunto che “Ho moltissimi amici nella politica italiana, nei sindacati, nella Chiesa. Sono amico del presidente Enrico Letta, conosco Prodi”.
Le scuse di Lula, che tra un processo di corruzione e l’altro conta di rimettersi in corsa per le presidenziali contro Jair Bolsonaro, sono fuori tempo massimo. E non basta certo lo snocciolare amicizie fra i politici a dargli credito presso quel popolo italiano che ha insultato, a cominciare dalle famiglie delle vittime del terrorismo brigatista.
Quella di Lula appare tuttavia più come una strategia per portare dalla sua, in vista delle elezioni, i molti discendenti degli italiani a suo temo immigrati nel paese latinoamericano, che come un sentimento di autentico ravvedimento: se l’ex presidente non avesse perso il potere in Brasile, Cesare Battisti sarebbe ancora là, a vendere i suoi libri e a fare conferenze, fra le comodità e la sicurezza di un vergognoso asilo politico che il suo amico Lula gli voluto garantire.
Era stato nel 2017 l’allora presidente del Brasile, Michel Temer, a revocato l’asilo politico e il permesso di soggiorno all’ex terrorista italiano Cesare Battisti, arrestato con poche migliaia di euro nella città di Corumbà, nel Mato Grosso do Sul, proprio cercava di passare la frontiera dopo aver compreso che per lui le cose si stavano mettendo male. Poi nel 2018 Bolsonaro aveva fatto sapere l’intenzione di estradare in Italia l’ex brigatista, un gesto al quale Battisti aveva risposto che “può dire quello che vuole, sono protetto dalla Corte suprema. Le sue sono solo parole. Sono fanfaronate”.
Fatto sta che nel 2019 Battisti, che era scappato in Bolivia, venne arrestato nel quadro di un’operazione di servizi segreti italiani, locali, Interpol, Digos e Dcpc: la Bolivia rigettò la richiesta di asilo politico del latitante, che al momento del fermo aveva baffi finti, per cui venne tradotto in Italia, prima nel carcere di Oristano e poi in quello di Rossano, dove metterà per iscritto l’ammissione di colpevolezza per le condanne subite.
Battisti in Italia è stato condannato a due ergastoli ed a vari anni di reclusione per quattro fra omicidi e concorsi in omicidio, nella fattispecie il 6 giugno 1978 a Udine di Antonio Santoro, maresciallo della Polizia penitenziaria, il 16 febbraio 1979 a Milano di Pierluigi Torregiani, gioielliere, il 16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala di Lino Sabbadin, macellaio, il 19 aprile 1979 a Milano di Andrea Campagna, agente della Digos. Era evaso dal carcere di Frosinone nel 1981 dopo due anni di reclusione, quindi era fuggito in Messico e poi in Francia, e poi in Brasile, dove Lula gli aveva concesso asilo politico.
I due ergastoli riguardano i delitti Santoro e Campagna, mentre la condanna per concorso morale nell’omicidio Torregiani è di 13 anni e cinque mesi, e quella per concorso nell’omicidio Sabbadin e per insurrezione armata è di 12 anni. E’ stato ritenuto colpevole e quindi condannato anche per possesso illegale di armi, banda armata, associazione sovversiva, rapina, furto, evasione e via dicendo per un totale di 34 capi di imputazione.
A seguito della confessione, nel 2020 Lula si era scusato con i famigliari delle vittime.