di Valentino de Bernardis –
Il 21 febbraio 1965 veniva ucciso presso l’Audubon Ballroom di Harlem, forse una delle voci più impotenti nella battaglia dei diritti civili dei neri d’america: Malcolm X, noto anche come El-Hajj Malik El-Shabazz.
Sedici proiettili dritti al bersaglio, tre mortali, folla terrorizzata pronta a trovare riparo sotto le sedie, grida scomposte e fuggi fuggi generale rappresentano il quadro stilizzato di una morte violenta annunciata da troppo tempo, a cui molti non credevano, o forse faceva loro comodo non credere. Negli istanti successivi all’omicidio, una persona venne sottratta al linciaggio della folla e presa in custodia dalla polizia con l’accusa di aver preso parte all’attentato; gli seguirono nei giorni successivi gli arresti di altri due individui con le medesime accuse.
Fin qui la cronaca, fin qui la storia ufficiale, fin qui le lacune di un sistema giudiziario incapace di fare luce su tutti i componenti del gruppo di fuoco, e ancor meno sui mandanti.
A cinquant’anni e due giorni dalla morte di Malcom X, quello che rimane sono le sue parole, i suoi discorsi, il suo sapere ancora influenzare la vita di molti neri a tutte le latitudini. Parole capaci di travalicare i confini statunitensi, ed abbracciare un panafricanismo di cui lui aveva intravisto l’importanza. Da qui forse il lascito più importante alle generazioni a venire, non vergognarsi di essere nati neri, non fingere di essere quello che non si è per farsi accettare, nel quadro di una nuova assertività morale con se stessi, prima che con il mondo.
Leader tra molti altri leaders per l’emancipazione dei neri d’america, l’enorme seguito di cui ha goduto in vita e in morte, sono dovuti essenzialmente al fatto di essere stato due volte negro: dalla povertà e dalla fame della prima adolescenza, tanto da voler mangiare persino il buco delle ciambelle, all’analfabetismo e alla disperazione della tarda adolescenza, fino a ritrovarsi, poco più che ventenne, all’aver commesso tutti gli errori che un uomo possa commettere in una vita. Da qui il desiderio di rinascita, come chiedeva idealmente di fare a tutti gli afroamericani.
La vita vissuta, la potenza del linguaggio, le scuole non frequentate rendono quindi impossibile un paragone con l’altro esponente cardine del movimento per i diritti civilli Martin Luther King jr.
Dalla lettura dell’autobiografia pubblicata postuma, scritta con il supporto di Alex Haley, la domanda che più di ogni altra vibra dalle pagine marchiate a sangue è: cosa fa di un uomo un uomo? Se non le idee, se non l’intelletto, se non la fame, se non le braccia stanche, se non i sogni, se non l’aspettativa di un domani migliore, cosa fa di un uomo un uomo? E’ possibile che per oltre duemila anni sia bastato il solo colore della pelle a catalogare un uomo? A privarlo di quei diritti in teoria inalienabili dalla nascita?
La grandezza del lascito di Malcolm X è inversamente proporzionale a quel cognome (Little) abbandonato durante la sua maturazione politica e sociale, imposto ai suoi avi da qualche schiavista. Rinnegando il cognome abbandonava quell’ipocrisia tutta americana, venuta in Europa a combattere per liberare i più deboli dalla tirannia e dall’oppressione, mentre a casa propria tiranneggiava ed opprimeva coloro che l’avevano contributo a renderla grande.
La svolta islamica è stato un passaggio necessario, più che per un percorso di fede vero e proprio, quanto per un rigetto di un cristianesimo incapace di annoverare tra i beneficiari del concilio di Magonza del 589 chi bianco non era (concilio in cui si concesse l’anima a tutti gli esseri umani a voto di maggioranza).
Oggi come ieri, le conquiste dai neri americani sembrano nulla in confronto a quanto ancora c’è da fare. L’elezione di un presidente nero alla presidenza degli Stati Uniti rappresenta certamente un notevole passo in avanti, ma fino a quando la popolazione nera rappresenterà la fascia più disagiata della società americana, con minori possibilità e vittima di pregiudizi (non ultimi quelli che hanno causato gli scontri del 2014), gli insegnamenti di Malcolm X saranno più che mai necessari.
@debernardisv