Messico. La disputa tra Trump e Obrador sulla designazione dei narcos come terroristi

di Alberto Galvi

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di posticipare la designazione dei cartelli della droga messicani (Sinaloa, Jalisco Nueva Generación, Tijuana, Juárez, Los Zetas) come gruppi terroristici. Per Trump la vera minaccia terroristica è rappresentata invece dalla concorrenza militare e tecnologica della Cina e della Russia.
La necessità di questa proposta sembrava essere diventata impellente dopo l’uccisione nel mese scorso di 9 cittadini americani appartenenti alla famiglia mormone dei LeBarón con doppia nazionalità ma residenti in Messico.
Questa famiglia era composta da 3 madri con i loro figli minori, e sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco il 4 novembre scorso in un territorio il cui controllo è conteso dal cartello di Sinaloa e dalla banda di La Linea. Il numero totale di vittime di morti violente da quando López Obrador è entrato in carica nel dicembre 2018 si avvicina alle 20 mila unità.
Il mese precedente invece erano stati uccisi in Messico ad Aguililla 13 poliziotti, mentre durante uno scontro tra militari e narcos a Tepochica 15 persone erano rimaste uccise. Il Messico ormai è da 13 anni che vive il conflitto tra i cartelli della droga, che fino ad ora hanno procurato almeno 200 mila vittime.
Con la proposta di Trump si sarebbe ampliata la portata delle azioni legali e finanziarie statunitensi contro i cartelli della droga, ma il governo messicano si è però opposto al piano della Casa Bianca, dicendo che un simile passo da parte degli Stati Uniti poteva portare a delle violazioni della propria sovranità.
López Obrador ha ringraziato Trump per aver rimandato la decisione in cambio della promessa di intensificare gli sforzi per combattere i cartelli del narcotraffico.
Inoltre sotto la pressione della minaccia di Trump di imporre tariffe sulle esportazioni messicane negli Stati Uniti, Obrador ha messo in servizio migliaia di truppe della Guardia nazionale per impedire ai migranti centroamericani di viaggiare attraverso il Messico per raggiungere gli Stati Uniti.
In questo modo il governo messicano ha cercato di ridurre il flusso di armi e di denaro, i precursori chimici e di droghe che attraversano il paese verso gli Stati Uniti.
Ricordiamo che lo scorso gennaio il presidente messicano era già stato costretto ad aderire ad una iniziativa del presidente Trump che aveva coinvolto 59 mila migranti provenienti dal triangolo del norte. Queste persone per ottenere il visto verso gli Stati Uniti hanno dovuto espletare le pratiche legali in Messico.
La questione di classificare i cartelli della droga come gruppi terroristici non è soltanto un problema politico ma anche legislativo. Tutti i principali cartelli della droga messicani sono già stati sanzionati penalmente ed economicamente ai sensi del Kingpin Act del 1999.
Con la classificazione della FTO (Foreign Terrorist Organization) ai sensi della sezione 219 dell’Immigration and Nationality Act, dei cartelli della droga oltre ai gruppi terroristici potrebbero essere perseguiti anche i fiancheggiatori, con un’accusa che spesso porta a pene detentive dai 15 ai 20 anni.
In questo caso il numero di individui indagati aumenterebbe, spendendo molti più soldi pubblici per inchieste minori, senza conseguire maggiori risultati sul piano investigativo. Inoltre se la legge entrasse in vigore queste persone potrebbero essere espulse o non ammesse negli Stati Uniti e le loro attività e transazioni potrebbero essere bloccate dalle banche statunitensi. Per il Messico tutto questo porterebbe solo a minori entrate.
Inoltre per le imprese statunitensi, l’alto rischio di investimento in uno Stato dove le organizzazioni terroristiche hanno molti interessi porterebbe ad un aumento dei premi assicurativi, e quindi scarsa convenienza ad investire in quel paese. Un altro problema è legato al turismo, che sicuramente diminuirebbe con la compilazione di una black list di organizzazioni terroristiche presenti nel territorio messicano.
La politica di Obrador di ridurre di intensità la guerra contro i cartelli della droga è risultata finora un disastro in quanto anche i 60 mila poliziotti della Guardia nazionale mobilitati per la lotta ai narcos sono stati utilizzati per fermare i migranti centroamericani in rotta verso gli Stati Uniti e non per combattere il narcotraffico.
Per il presidente messicano per sconfiggere i cartelli della droga c’è bisogno di un approccio globale al problema, che includa migliori politiche sociali a favore dei più disagiati, per toglierli dal rischio di entrare nella manovalanza della criminalità organizzata.
Tra le proposte fatte c’è quella di migliorare il sistema giudiziario, che dia la certezza della pena ai criminali. Infine come suggerimento c’è quello di trovare un accordo con il governo americano per meglio affrontare il traffico internazionale di stupefacenti dal Messico agli Stati Uniti.
Per il presidente Obrador è appena finito il primo anno del suo mandato ed è già tempo di fare i primi bilanci del suo operato. Il presidente messicano ha infatti elencato le riforme da lui intraprese come quelle costituzionali a favore dei più poveri e per combattere la corruzione e che ci vorrà un altro anno per completarle, ma intanto le morti causate dai cartelli continuano inesorabilmente ad aumentare.

Andres Manuel Lopez Obrador.