Miliardi di dollari in Africa: la corsa per non perdere l’influenza

di Giuseppe Gagliano –

Uno degli strumenti attraverso i quali gli Stati Uniti da un lato consolidano la loro proiezione di potenza in Africa e dall’altro lato cercano di contenere quella cinese è certamente l’Opic (Overseas Private Investment Corp), gestito da David Bohigianon con il quale gli Usa intendevano finanziare una prestigiosa università in Ghana anche con il contributo di W. P. Carey, fondatore dell’omonimo fondo di investimento immobiliare di New York e proprietario del New York Times. Questo progetto era stato ufficialmente varato nel 2015 e consisteva sia nel fornire alloggio a 984 studenti e sia nella costruzione di strutture didattiche adatte ad insegnare diverse discipline.
Un progetto destinato a fallire per il mancato coordinamento tra gli obiettivi degli investitori privati e quelli dell’amministrazione Trump. D’altra parte, nella logica della competizione e delle sfere di influenza in Africa, il presidente Trump e il Congresso l’anno scorso hanno raddoppiato la capacità di finanziamento dell’OPIC portandola a 60 miliardi di dollari allo scopo di contrastare il programma Belt and Road finanziato con un 1 trilione di dollari in Cina per costruire infrastrutture tra cui università, ferrovie e centrali elettriche in tutto il mondo.
Per quanto riguarda l’Africa, la Cina ha deciso di raddoppiare il contributo portandolo a 43,3 miliardi di dollari, mentre gli investimenti statunitensi in Africa sono diminuiti del 12%, a 57 miliardi.
D’altronde la presenza della Cina all’interno delle organizzazioni internazionali ha non solo come scopo quello di conseguire una credibilità di carattere globale ma anche quello di contrastare l’influenza americana.
La creazione della Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali (Aiib) nel 2015 ha permesso alla Cina di implementare la sua sfera di influenza anche a Gibuti, in Ruanda e Benin, e le consente di fare da contraltare alla Banca mondiale e alla Banca asiatica per lo sviluppo mentre l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, fondata nel 2001 e di cui fa parte anche la Russia, le consente di legittimare la sua volontà espansionistica in termini economici in Eurasia alleandosi strumentalmente con la Russia in funzione anti-americana.